Bruto, Giovanni Michele (1517-1592)

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La copertina della Florentinae Historiae di Giovanni Michele Bruto

(Biblioteca comunale di Empoli)

La gioventù

Il celebrato umanista e storico Giovanni Michele Bruto nacque a Venezia nel 1517 da un'antica famiglia veneziana. Dopo aver compiuto gli studi giovanili a Venezia, B. s'iscrisse all'Università di Padova, nel 1539-40 circa, diventando allievo del famoso grecista e latinista Lazzaro Buonamici (1471-1552), discepolo, a sua volta, di Pietro Pomponazzi. Rientrato a Venezia, B. entrò nel convento dell'ordine dei canonici regolari di S. Agostino [chiamati anche Canonici Lateranensi dal loro breve soggiorno presso la basilica del Laterano durante il pontificato di Eugenio IV (1431-1447)].

Tuttavia, poco dopo, egli poté lasciare il convento grazie ad una dispensa: conobbe allora Pietro Antonio di Capua, arcivescovo d'Otranto, che lo introdusse ai circoli valdesiani e nel 1551 soggiornò presso il convento benedettino di Maguzzano sul Lago di Garda, dove fece la conoscenza del cardinale inglese Reginald Pole e dell'ecclesiastico italo-ungherese Andrea Dudith Sbardellati, del quale divenne un buon amico.

Gli anni di peregrinazione attraverso l'Europa

Dopo la partenza del cardinale Pole, B. iniziò una vita errante attraverso l'Europa: nel 1555 era ad Anversa, dove diventò amico del facoltoso mercante genovese Silvestro Cattaneo, al quale B. dedicò un suo breve trattato pedagogico La Institutione di una fanciulla nata nobilmente. Nello stesso anno B. compose un'apprezzabile orazione in onore dell'imperatore Carlo V (1516-1556) per richiamarlo alla difesa dell'autonomia delle città italiane, strette tra le ambizioni espansionistiche della Francia e del Papato.

Nel 1556 B. si recò a Madrid come segretario della delegazione veneziana, tuttavia qui fu colpito da una malattia, che lo debilitò per quasi tutto l'anno. Non appena ristabilitosi, si recò in Inghilterra, poi a Lione, ritornando infine in Italia, dapprima a Genova, poi a Massa e quindi a Venezia nel 1558, dove scoprì che il suo editore Paolo Manuzio (1512-1574), divenuto nel frattempo stampatore ufficiale del Papa e editore dei decreti del Concilio di Trento (1545-1563), aveva censurato i nomi di autori sospettati di eresia, fra i quali figurava lo stesso B.

Egli decise allora di recarsi a Lione per poter proseguire nella sua attività letteraria, e qui curò la pubblicazione nel 1560 del De rebus gestis dell'umanista spezzino Bartolomeo Fazio (1400-1457), di cui egli possedeva un manoscritto, e dei Commentarii di Giulio Cesare, di cui era riuscito ad ottenere un codice durante la sua breve permanenza a Massa, in Toscana.

A Lione, nel 1562, egli si legò al circolo dei fuoriusciti toscani, frequentati anche dopo il suo rientro a Venezia, dove concepì e pubblicò le sue Florentinae Historiae , intrise di una forte ostilità anti-medicea e che gli alienò i favori della potente famiglia fiorentina, la quale cercò di boicottare la diffusione del suo libro, acquistando e distruggendo molte copie del trattato. Inoltre i Medici non si fecero scrupoli di scatenare gli strali dell'Inquisizione contro lo storico veneziano, che fu ufficialmente invitato a presentarsi davanti al Tribunale del Sant'Uffizio entro il 26 marzo 1562, ma da questo primo procedimento egli riuscì a discolparsi, nonostante i suoi trascorsi evangelisti e valdesiani. Tuttavia, quando la Santa Inquisizione tornò nuovamente ad occuparsi di lui il 10 marzo 1565, B. preferì la fuga a Lione e fu quindi condannato in contumacia come eretico e gli fu posta una taglia sulla testa.

B. in Transilvania e Polonia

B. rimase a Lione fino al 1572, e qui pubblicò svariati lavori di Cicerone, ricuperati da antichi codici, ma, visto il clima di violenza e d'intolleranza religiosa che aleggiava in Francia in quel momento (il 23 agosto avvenne il sanguinoso massacro degli ugonotti durante la tristemente famosa notte di San Bartolomeo), dopo essersi momentaneamente trasferito a Basilea, egli si decise di accettare, nel giugno 1573, l'incarico, offerto dal voivoda di Transilvania Istvàn (Stefano) Bàthory (poi re di Polonia: 1576-1586), di storiografo ufficiale di corte, posto che comunque gli era già stato offerto in precedenza (nel 1563) dal vescovo di Varadino, Ferenc Forgach (ca. 1530-1577).

Dopo una tappa a Vienna, B. arrivò nel 1574 in Transilvania, e qui si dedicò a raccogliere materiale per una Storia dell'Ungheria (Magyar historiàja), concepita in chiave fortemente anti-asburgico e che suffragava la tesi della legittimità di Giovanni I Zapolya (1526-1540), di rivendicare il trono di re d'Ungheria per sé. Questo sposava le idee di Bàthory, che a Zapolya doveva tutta la sua fortuna.

Nel 1576 B. si trasferì a Cracovia, in seguito all'elezione di Bàthory a re di Polonia. Qui riprese i contatti con il vecchio amico Dudith Sbardellati e per lui scrisse la prefazione del suo trattato sulle comete (De Cometis), pubblicato nel 1579. Entrò inoltre in rapporti con diversi dissidenti italiani in esilio, come Giorgio Biandrata, Niccolò Buccella e Prospero Provana. Tuttavia, con l'avvento di Bàthory sul trono di Polonia, la controffensiva cattolica si fece sempre più pressante e gli stessi riformati tendevano a distinguersi, isolando le frange più estreme. Infatti, già dopo la dieta di Piotrków della Chiesa Riformata Polacca del 1564 che decretò l'esclusione degli antitrinitari, ci fu una separazione tra un'ecclesia major calvinista ed un'ecclesia minor di fede antitrinitaria.

Benché B. fosse tacciato di essere un eretico e frequentasse così "pericolose" compagnie come i sopramenzionati dissidenti, il nunzio apostolico in Polonia monsignor Giovanni Andrea Caligari, ex vescovo di Bertinoro, non disperava, nel 1578, di poterlo riconvertire al Cattolicesimo. Egli tentò di blandirlo, facendogli aumentare il suo stipendio di storiografo di corte, chiedendo una dispensa a Roma per fargli portare il vestito da chierico senza obbligarlo a rientrare nell'ordine, proponendogli perfino un'abiura segreta.

La situazione s'impantanò con il successore di Caligari, il cardinale Alberto Bolognetti (nunzio: 1581-1585), anzi B., per qualche tempo, dichiarò la sua fedeltà agli ideali evangelici. Tuttavia, nell'aprile 1585, egli finalmente capitolò e abiurò davanti a Bolognetti.

Gli ultimi anni come cattolico e filo-asburgico

Dopo la sua riconversione, nell'ultimo periodo della sua vita, B. cambiò rotta di 180 gradi rispetto alle sue precedenti idee religiose e politiche: a parte la riconversione al Cattolicesimo, egli diventò filo-asburgico, appoggiando nel 1586 la candidatura del principe Ernesto, figlio dell'imperatore Massimiliano II (1564-1576) al trono di Polonia, e diventando poi lo storiografo addirittura dell'imperatore Rodolfo II (1576-1612).

Cercò inoltre di emendare la vena polemica delle sue opere, come le Historiae Florentinae, dandogli un sapore un po' meno anti-mediceo, e la Magyar historiàja (Storia d'Ungheria), del quale venne a sapere che il nipote di Bàthory e nuovo voivoda della Transilvania, Sigismondo Bàthory (1572-1602) stava per far pubblicare una copia. Preoccupato per il tono anti-asburgico del testo originale, cercò in tutta fretta di recarsi a Gyulafehérvár (Alba Julia), in Transilvania per apportare le correzioni del caso, ma, arrivato sul luogo, morì nel 1592, a 75 anni.