Dudith Sbardellati, Andrea (1533-1589)

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Il De cometis di Dudith, Erastus, Squarcialupi e Grynaeus

(© ELTE, Hungary)

La vita

Il diplomatico ed ecclesiastico italo-ungherese Andrea Dudith Sbardellati nacque a Buda, in Ungheria, nel 1533 da una nobile famiglia, di origini croate (la grafia originale del cognome era Dudich), ma fu sempre orgoglioso delle proprie ascendenze italiane da parte di madre, originaria di un ramo degli Sbardellati di Rovereto (Trento), emigrato in Ungheria con il nonno di Andrea.

D. rimase ben presto orfano di padre, caduto combattendo contro i turchi sotto le mura di Buda nel 1542 e venne quindi affidato alla tutela dello zio materno Agostino Sbardellati, personaggio molto in vista all'epoca: consigliere dell'imperatore Carlo V (1516-1556), vescovo di Vác, amministratore dei beni dell'arcivescovado di Esztergom (durante la sede vacante), purtroppo anch'egli destinato a morire combattendo contro i turchi nel 1552.

D. fu educato a Breslavia e nel 1550 compì un viaggio in Italia, con una tappa a Vienna. In Italia abitò a Verona e qui conobbe il cardinale Reginald Pole, che ai tempi viveva a Maguzzano sul Lago di Garda e lo storico Giovanni Michele Bruto, il quale divenne un suo buon amico. La figura del cardinale inglese lo colpì molto e, dopo un ciclo di studi a Venezia e Padova [in quest'ultima città fu collega di studi del futuro voivoda di Transilvania e re di Polonia, Istvàn (Stefano) Bàthory (re di Polonia: 1576-1586)], entrò, come segretario personale, al seguito di Pole in un viaggio a Bruxelles nel 1554 per incontrare Carlo V, il quale non mancò di raccomandare il giovane D. al fratello Ferdinando I, arciduca d'Austria, re di Boemia e d'Ungheria (arciduca: 1521-1564, re dal 1527).

Nei tre anni successivi (1555-1557), D. fece la spola tra Parigi, per studiare filologia al College Royal con l'umanista Adrian Turnebus (1512-1565), e Londra, dove fu testimone del sanguinario tentativo della regina inglese Maria Tudor (1553-1558) di reintrodurre la religione cattolica nel paese. Tornò brevemente in patria per prendere gli ordini come canonico di Esztergom, ma, ritornato in Inghilterra, si trovò senza protettore per la morte del Pole il 17 novembre 1558, lo stesso giorno della morte della regina Maria Tudor.

Decise quindi di seguire un regolare corso di giurisprudenza a Padova, completato il quale, fu nominato, nel 1560 da Ferdinando I (diventato, nel frattempo, imperatore nel 1556), vescovo di Knin (o Tinina, in Dalmazia) ed in questa veste partecipò al Concilio di Trento (1545-1563), oltre che come oratore del clero ungherese, portando avanti la politica conciliatoria di Ferdinando I, favorevole all'unità del Cristianesimo a tutti i costi, evitando lo strappo con i protestanti. D. fece diversi interventi, come per esempio a favore della concessione del calice ai laici e della comunione sotto ambedue le specie, ed il cardinale Giovanni Morone, probabilmente per allontanare questo scomodo protetto dell'imperatore, lo incaricò di presentare le proposte della curia all'imperatore stesso per poter affrettare la conclusione del concilio.

Conclusa l'ambasciata, D. non tornò più a Trento, e, nonostante i rapporti certo non ottimali con Roma, egli non perse comunque il favore imperiale: Ferdinando I lo nominò vescovo nel 1562 di Csanàd, nel settembre 1563 di Pécs, successivamente di Sziget, tutte e tre città ungheresi sotto il dominio turco, mentre il successore Massimiliano II (1564-1576) lo inviò come ambasciatore imperiale in Polonia nel 1565. Tuttavia a Cracovia, nel 1567, egli rinunciò clamorosamente a tutti i suoi benefici ecclesiastici e si sposò con una dama di compagnia della regina Caterina di Polonia, sorella dell'imperatore Massimiliano II. Quest'ultimo lo rimproverò aspramente per la decisione, pur non negandogli il sostegno economico e accettando ancora i suoi servigi come diplomatico, e D. si difese, scrivendo un trattato contro il celibato degli ecclesiastici, dal titolo Demonstratio omni hominum ordini, sine exeptione, divina lege matrimonium permissum esse.

Da questo periodo D. iniziò a simpatizzare per l'entourage antitrinitario in Polonia, la cosiddetta Ecclesia Minor, sebbene si guardò bene dallo schierarsi ufficialmente a favore degli unitariani.

Nel periodo 1573-1575, D. fece una violenta campagna contro l'elezione di Stefano Bathory a re di Polonia, per preparare la strada alla nomina del principe Ernesto, figlio dell'imperatore Massimiliano II.

Dal punto di vista religioso, D. si accostò sempre più agli antitrinitariani, ma nel settembre 1574 egli sposò, in seconde nozze, Elzbieta Zborowski, di un'influente famiglia polacca calvinista, vedova dell'atamano Jan Tarnowski, ma furono proprio i potenti parenti della moglie ad offrire la corona di Polonia a Stefano Bathory. L'elezione di quest'ultimo il 15 dicembre 1575 scatenò la vendetta dei suoi seguaci contro l'ambasciatore imperiale, che dovette darsi ad una precipitosa fuga da Cracovia, abbandonando i suoi beni.

D. allora si trasferì a Breslavia, diventando luterano, e qui si dedicò ai suoi studi scientifici, pubblicando nel 1577-78 opere sulla peste e il suo metodo di contagio, e nel 1579 il De Cometis, uno confronto, con prefazione di Bruto, tra le idee sulle comete di Marcello Squarcialupi, di Thomas Erastus, dell'umanista ed astronomo riformato Symon Grynaeus (1493-1541) e dello stesso D.

Nel 1578 egli si rifugiò nei suoi possedimenti in Moravia, a Paskov, dove trattò sempre con rispetto i suoi contadini aderenti al movimento dei Fratelli Boemi, ma già nel 1579 ritornò a Breslavia, per proseguire i suoi studi scientifici e continuare la sua fitta corrispondenza con i principali dissidenti italiani dell'epoca, come Giorgio Biandrata, Giacomo Paleologo, Marcello Squarcialupi, Simone Simoni, Fausto Sozzini, Francesco Stancaro e Prospero Provana, oltre che con il medico imperiale, cripto-calvinista, Johannes Crato von Crafftheim (1519-1585).

Nel 1583 arrivò il disgelo con Bathory, che gli permise di esercitare alcune attività commerciali con la Polonia. D. morì a Breslavia sei anni dopo - il 23 febbraio 1589 - e fu sepolto nella chiesa luterana di Santa Elisabetta a Cracovia.

Il pensiero religioso

Come già detto, D. manifestò sempre una notevole, sebbene cauta, simpatia per il movimento antitrinitario, ben presente in Polonia nella seconda metà del `500. Il dibattito rimane comunque aperto fra gli studiosi contemporanei per accertare se egli avesse mai aderito alle idee di Biandrata e Fausto Sozzini. E' vero che dopo essersi trasferito a Breslavia D. diventò luterano, ma questo era stato fatto più che altro per uniformarsi al noto principio cuius regio, eius religio.

Egli era un insofferente dell'intolleranza, cattolica o protestante che fosse, tant'è che nel 1584 egli scrisse una lettera accompagnatoria alla seconda edizione del De Haereticis capitali supplicio non afficiendis [del teologo della tolleranza senese Mino Celsi (1514-ca.1575)], in cui D. entrò nella polemica sulla persecuzione degli eretici. La lettera fu immediata contestata e condannata da Théodore de Bèze.

Secondo lo storico Delio Cantimori, D. fu soprattutto un elaboratore di motivi erasminiani, e anelava una Chiesa unica e santa, basata sul simbolo apostolico e sulla morale evangelica.