Felice di Urgel (m. 818)

Felice era, alla fine del VIII secolo, il vescovo di Urgel, città nella Marca Spagnola, quella stretta fascia di confine della Catalogna settentrionale, rimasta sotto il regno franco di Carlomagno, anche dopo l'invasione della penisola iberica da parte degli arabi nel 711.

Nel 785, F. fu coinvolto nella polemica adozionista, scatenata l'anno precedente dal vescovo di Toledo, Elipando, il quale aveva accusato Migezio, un prete al seguito del legato pontificio, il vescovo Egila, di predicare che Dio si fosse rivelato in successione come il Padre in Davide, come il Figlio in Gesù e come Spirito Santo in San Paolo e quindi che Cristo non esistesse prima dell'incarnazione. Elipando, per reazione, aveva scritto una confessione di fede nel 784 a Siviglia tracciando una precisa linea di demarcazione tra Cristo come Dio e Cristo come uomo. Il primo era Figlio di Dio a tutti gli effetti per generazione e natura, ma il Cristo uomo era Figlio di Dio per adozione. Per dare maggiore spessore alla sua dottrina, Elipando pensò bene di assicurarsi l'appoggio di F., ai tempi un apprezzato teologo, al quale scrisse nel 785 per chiedere il suo parere. F. appoggiò l'idea adozionista di Elipando e trovò nella lettura dei Padri della Chiesa e nella liturgia mozarabica (il rito in vigore in Spagna fino alla liberazione del 1492) terminologie come homo adoptivus o adoptatus, applicato all'incarnazione di Cristo. L'apporto di F. fu talmente decisivo che questa eresia venne anche chiamata feliciana. Per questo Elipando e F. furono accusati di nestorianesimo da parte di Beato, abate di Libana e Eterio, vescovo di Osma, i quali furono, a loro volta, accusati dai loro avversari di monofisismo.

Il fatto che Elipando operasse dalla Spagna islamica e che l'unico re cristiano in grado di intervenire su F. fosse Carlomagno (771-814), momentaneamente disinteressato alla diatriba (stava ancora leccandosi le ferite dopo la disfatta di Roncisvalle del 778), fece sì che questa eresia potesse svilupparsi senza particolari ostacoli per qualche anno.

Tuttavia nel concilio di Ratisbona (Regensburg) del 792 F. fu condannato e conseguentemente abiurò, ma, ritornato in Spagna e rifugiatosi da Elipando, a Toledo, ritrattò tutto. Fu quindi convocato da Carlomagno nel 794 il sinodo di Francoforte, dove furono condannate le idee dei due eresiarchi. Carlomagno in persona scrisse ai due vescovi, esortandoli a rinunciare al loro errore: non soltanto F. non ritrattò, ma rincarò la dose, chiamando Gesù Cristo Deus nuncipativus (Dio per denominazione).

Carlomagno, informato della posizione di F., coinvolse il teologo di corte, l'anglosassone Alcuino di York, abate di Tours e consigliere spirituale di Carlomagno stesso. A sua volta Alcuino informò tre autorità come i vescovi Paolino di Aquileia, Richibodo di Treviri e Teodulfo di Orléans, i quali indussero il neo-eletto Papa Leone III (795-816) a condannare l'adozionismo in un sinodo a Cividale del Friuli nel 795.

Anche questo tentativo non servì comunque ad arginare l'adozionismo spagnolo, che fu invece debellato da due fatti quasi contemporanei avvenuti nel 800: una missione, organizzata da San Benedetto d'Aniane (750-821) nella neonata Marca Spagnola, la quale riportò molti spagnoli all'ortodossia, e il concilio di Aquisgrana (Aix-la-Chapelle o Aachen), dove F. e Alcuino si fronteggiarono in una disputa teologica. Anche questa volta F. ritrattò, ma, non fidandosi più, Carlomagno lo fece affidare alla sorveglianza di Leidrado di Lione, presso il quale F. morì nel 818, apparentemente pentito. Apparentemente perché, dopo la sua morte, il successore di Leidrado, il vescovo Agobaro, trovò fra le sue carte, degli scritti in cui F. ricusava pienamente la sua precedente ritrattazione e confermava la sua idea adozionista.

L'adozionismo, nella forma proposta dai due eresiarchi, sopravvisse nella Spagna islamica fino al IX secolo.