Giovanni di Lugio (o Luzio o di Bergamo) (vescovo cataro) (XIII secolo)

Vescovo cataro di Desenzano tra il 1250 ed il 1260, "figlio maggiore" di Belesnianza, e capo della fazione più innovatrice degli Albanenses (dualisti assoluti). Il suo nome originario era Giovanni di Bergamo, ma fu chiamato così dal nome del torrente Lugio (o Lujo), affluente del Serio, fiume che scorre nel Bergamasco.

G. fu unanimamente considerato il teologo cataro più di rilievo, l'unico probabilmente in grado di sostenere una discussione ad alto livello con i teologi cattolici più preparati.

Scrisse nel 1240 il Liber de duobus principiis, (riscoperto solo 60 anni fa), basato su testi biblici e caposaldo della dottrina catara, in cui G. teorizzò che l'origine del peccato fosse dovuto ad un principio maligno. Infatti, il Vangelo di Giovanni (1,31) diceva: "Sine ipso factum est nihil" e G. lo interpretò, a suo uso, come "Senza di Lui è stato fatto il nulla", in altre parole il mondo terreno e visibile e le cose malvagie erano stati fatti in assenza del Dio buono, e quindi per forza da un Dio malvagio.

Ciò poteva spiegare la caduta degli angeli, altrimenti totalmente immersi nella bontà divina e difficilmente inclini a peccare. Il male da loro commesso, quindi, non veniva da Dio, ma dal principio maligno. Tuttavia a loro discolpa c'è che l'onnisciente Dio non poteva non conoscere fin dall'inizio il destino dei suoi angeli caduti, i quali quindi non erano liberi di peccare o di non peccare. Ciò suffragava la tesi di G. di rifiuto del libero arbitrio. Infine gli angeli caduti, imprigionati nei corpi, per raggiungere la salvezza, dovevano reincarnarsi attraverso varie esistenze (metempsicosi), perché Dio continuava a provare amore per le sue creature "incarcerate" (cioè le anime), che, prima o poi, sarebbero ritornate da Lui.