Manna, Ludovico (Fra Angelo da Messina o Ludovico Messina) (attivo 1530-1555)

Tra i più noti riformati della Sicilia si ricorda il messinese Ludovico Manna, entrato a far parte dell'ordine dei domenicani con il nome di Fra Angelo da Messina, ma che in seguito, influenzato da colloqui avuti, nel periodo 1537-1540, con Benedetto Fontanini da Mantova, l'autore del famoso Beneficio di Cristo, aveva abbandonato la tonaca per trasferirsi a Napoli, in casa di un amico anabattista, il mercante Tobia Citarella.

Poco dopo lo troviamo frequentatore dei circoli culturali di Juan de Valdés, intorno al 1540, assieme a Pier Martire Vermigli, Marcantonio Flaminio, Giovanni Bernardino Bonifacio e a Pietro Carnesecchi, di cui divenne grande amico. Infatti, nel 1543 visse a Venezia, presso la casa dell'amico Carnesecchi e in seguito, raccomandato proprio dal protonotario apostolico fiorentino, divenne collaboratore dell'arcivescovo di Otranto, Pietro Antonio Di Capua, ma venne da questi licenziato per opinioni eretiche.

A questo punto M. si trasferì in Toscana, a Pisa, vivendo in casa del mercante Bernardo Ricasoli e approfittando del trasporto di mercanzie verso Firenze, riuscì a farvi introdurre le Prediche di Bernardino Ochino e le Cento e dieci divine considerationi di Valdés. Ma, di lì a poco, cambiò nuovamente credo religioso: abbandonò infatti il valdesismo, per allinearsi al calvinismo, di cui fu un membro molto attivo per la sua diffusione in Toscana: infatti fece anche tradurre da Ludovico Domenichi in italiano (con il titolo di Nicomediana) il libello satirico Excuse à messieurs les Nicodémites di Calvino. Entro il 1550 M. era oramai perfettamente inserito nell'ambiente protestante di Firenze, insieme al letterato Pier Vettori (1499-1585), Bartolomeo Panciatichi, Aonio Paleario, Pier Francesco Riccio, il sempre presente amico Pietro Carnesecchi e Marcantonio Flaminio.

Nel 1551 scoppiò la bomba delle rivelazioni del pentito Pietro Manelfi e M., uno dei principali accusati, per sfuggire all'arresto, dovette espatriare rapidamente nel 1552 a Ginevra come esule. Qui egli divenne catechista della Chiesa degli Italiani gestita dal pastore Celso Martinengo e nel 1555 fu raggiunto in esilio dal poeta siciliano Giulio Cesare Pascali (1527-ca. 1601).

Dopo questa data non si hanno più tracce di lui, ma si suppone che fosse emigrato da un'altra parte, perché in un censimento dell'epoca, non risultò tra gli abitanti di Ginevra.