Mazzi, don Enzo (n. 1927) e la Comunitą dell'Isolotto

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Don Enzo Mazzi

L’Isolotto

L’Isolotto è un quartiere popolare di Firenze, fatto costruire dal 1954 dal sindaco Giorgio La Pira (1904-1977) sulla sponda sinistra dell’Arno, di fronte al parco delle Cascine. Il quartiere venne man mano completato entro il 1961 e la sua chiesa fu inaugurata nel 1957.

Don Enzo Mazzi e la comunità dell’Isolotto

Enzo Mazzi (nato nel 1927) fu nominato parroco dell’Isolotto nel novembre del ’54 all’età di 27 anni. Aveva maturato una breve esperienza come coadiutore presso la parrocchia di S. Gervasio Protasio, in seguito del quale aveva espresso al suo arcivescovo Elia Dalla Costa (1872-1961) il desiderio di fare il missionario in Africa, ma fu destinato dal suo superiore alla parrocchia Beata Maria Vergine Madre delle Grazie in piazza dell’Isolotto. Tre anni dopo, nel 1957, a M. fu affiancato come vicario coadiutore, don Sergio Gomiti, e nello stesso anno fu inaugurato la chiesa, presso la quale egli trasferì il Centro sociale. Infatti, prima di quella data, M. aveva dovuto organizzare le attività religiose e sociali in alcuni locali in affitto in via Palazzo dei Diavoli: qui era stato costituito un Centro sociale, dove furono organizzati un doposcuola e una piccola biblioteca, ed una parte usata come locale di ritrovo.
Nella nuova chiesa, prese avvio l’esperienza della “Comunità”, un gruppo formato da sacerdoti e laici, che risentiva del clima delle grandi trasformazioni sociali, del Concilio Vaticano II, e delle esperienze di rinnovamento religioso portate avanti da La Pira, padre Ernesto Balducci e don Lorenzo Milani. La Comunità sin da subito si propose di abolire le separazioni fra ricchi e poveri, fra clero e laicato, fra sacro e profano, e iniziò a sostenere le lotte del quartiere.
Lo stesso spazio della Chiesa fu aperto ai cittadini: in canonica furono alloggiati tre nuclei familiari che si erano costituiti con l’obiettivo di accogliere in affidamento bambini orfani o in difficoltà, per dare una casa ad ex-carcerati e disabili. Altri locali o ambienti furono affittati e destinati all’asilo infantile, ad una piccola fabbrica, ad un laboratorio per invalidi, e alla sede di un gruppo scout cattolico.
Recependo immediatamente alcune novità liturgiche e religiose, nella chiesa della Comunità l’altare era staccato dal muro e collocato nel mezzo del presbiterio, rivolto verso i fedeli. La catechesi era fatta da piccoli gruppi con catechisti laici, ed erano state abolite tutte le forme di compenso legate al ministero sacerdotale: i sacerdoti si sostentavano solamente con le offerte che erano raccolte la domenica durante la messa. Dal 1958 le preghiere liturgiche erano tradotte in italiano e lette da alcuni laici contemporaneamente al sacerdote che invece sottovoce le recitava in latino. Nella chiesa si svolgevano anche delle assemblee per dibattere di tematiche non necessariamente religiose, come i problemi della pace e del disarmo, le vicende degli oppressi, i problemi del Terzo Mondo.

Inizio delle ostilità da parte della Curia fiorentina

Nel 1961 morì il cardinale Dalla Costa e il successore, il cardinale Ermenegildo Florit (1901-1985), senz’altro meno tollerante del predecessore, si mise d’impegno per isolare i sacerdoti dissidenti come i già citati Milani e Balducci, il primo prete-operaio Bruno Borghi (1922-2006), David Maria Turoldo, Giovanni Vannucci (1913-1984), Luigi Rosadoni (m. 1972) e naturalmente M. Quello che creava disagio nella Chiesa di allora erano i molti valori che questi sacerdoti avevano in comune con il mondo socialista e comunista, e ciò portò anche all’esclusione dalla scena politica di una consistente parte della cosiddetta sinistra cattolica: nelle elezioni amministrative del 1966, La Pira, con tutta la sinistra interna, fu escluso dalla lista democristiana. La decisione provocò un documento dei democristiani fiorentini, in cui essi dichiararono di “sentire in coscienza il dovere di non votare più la DC” e rivendicarono l’autonomia dei laici, ma fece scaturire un primo scontro fra Florit e M., al quale il cardinale chiese (come anche a Rosadoni) di dissociarsi ufficialmente dal documento in questione: il parroco dell’Isolotto rispose solo ad elezioni avvenute, ribadendo, pure lui, l’autonomia dei laici.
Altri momenti di dissenso con la curia fiorentina si ebbero nel 1967 e nel 1968: la lettera al Papa per sollecitare un intervento contro i bombardamenti americani in Vietnam, una veglia di 24 ore per sensibilizzare l’opinione pubblica sullo stesso problema, la critica al Vaticano e alla Diocesi fiorentina di immobilismo teologico [sollecitata dalla lettura di una relazione del biblista gesuita Luis Alonso Schoekel (1920-1998)], un’assemblea di solidarietà con la popolazione nera d’America, un incontro per dibattere su l’invasione della Cecoslovacchia con l’intervento del pastore evangelico Milan Opocensky (n. 1931).

Il caso Isolotto

Il 14 settembre 1968 alcuni studenti dell’Università Cattolica di Milano, occuparono il Duomo di Parma denunciando l’autoritarismo della Chiesa e la sua collusione col potere. L’occupazione fu condannata dal Papa e l’arcivescovo di Parma, Evasio Colli (1883-1971), chiese lo sgombero della Cattedrale da parte della polizia. L’occupazione provocò l’invio di una lettera di solidarietà (mandata anche al vescovo di Parma e al Papa), sottoscritta dalla Comunità dell’Isolotto e da alcuni sacerdoti, tra cui M., ma la reazione di Florit non si fece attendere: l’arcivescovo intimò a M. di ritrattare o di dimettersi. Il parroco dell’Isolotto non rispose, ma convocò un’assemblea della Comunità, purtroppo la lettera di convocazione comparve sul quotidiano di Firenze, La Nazione, e divenne un caso nazionale ed internazionale. L’assemblea, forte di quasi 10.000 persone, si tenne ugualmente, ma l’invito al dialogo e ad un incontro, rivolto a Florit, cadde nel vuoto: il 4 dicembre 1968 l’arcivescovo fece notificare a M. il decreto di rimozione, “ritenendo la (sua) permanenza a parroco dell’Isolotto motivo di grave e pubblico turbamento”. Tuttavia, l’allontanamento di M. e, poco dopo, l’invio di un nuovo parroco, monsignore Ernesto Alba, non portò affatto alla normalizzazione, bensì ad un periodo di estrema tensione, e all’intervento della magistratura fiorentina, che incriminò cinque sacerdoti e tre laici per “istigazione a delinquere e turbativa di funzione religiosa del culto cattolico”. Nonostante che l’intera Comunità dell’Isolotto si auto-accusasse del fatto, solamente otto persone, al termine delle indagini, furono processati, anche se poi furono assolti nel luglio 1971 per non aver commesso il fatto.

La chiusura della chiesa e la fondazione della comunità di base

Dopo la rimozione di M., la Curia fece chiudere la chiesa e sfrattare le famiglie che abitavano nella canonica, ma la Comunità iniziò a fare le assemblee di preghiera nella piazza dell’Isolotto e a celebrare all’aperto la messa, dal luglio 1969, nonostante la Curia si fosse rivolta al Prefetto, al Questore ed al Commissario prefettizio per impedirlo. Il 31 dello stesso mese, Florit fece riaprire la chiesa dell’Isolotto, con nuovi sacerdoti di Vicenza, i quali non riconobbero la Comunità, come del resto fece l’arcivescovo, che rigettò la qualifica di comunità cristiana.
Fu così fondata la Comunità di base, che proseguì l’esperienza della messa in piazza, all’inizio celebrata non da M. o da don Sergio Gomiti, ma da alcuni sacerdoti della Diocesi fiorentina e soprattutto da preti provenienti da ogni parte del mondo. Oggigiorno la messa continua ad essere celebrata da M. e Gomiti ogni domenica mattina. 
Solo alla fine degli anni ‘80, si è riaperto il processo di normalizzazione dei rapporti con la curia, grazie al cardinale, e arcivescovo di Firenze, Silvano Piovanelli (n.1924, arcivescovo: 1983-2001).