Pascal, Blaise (1623-1662)

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Blaise Pascal

 

La vita

Il famoso filosofo, teologo, matematico ed erudito francese Blaise Pascal nacque a Clermont-Ferrrand il 19 giugno 1623. Orfano a tre anni della madre, Antoinette Bégon, fu educato dal padre, Etienne Pascal, presidente della corte di giustizia e scienziato, che gli insegnò personalmente grammatica, latino, spagnolo e matematica e lo introdusse, dopo il trasloco della famiglia (Etienne, Blaise e due sorelle: Gilberte e Jacqueline) a Parigi nel 1631, ai circoli culturali e filosofici del teologo e scienziato Marin Mersenne (1588-1648).

La frequentazione di così stimolanti compagnie fece sviluppare precocemente le geniali doti del giovane P., che, a soli dodici anni compose un trattato sui suoni, a sedici pubblicò il suo primo Saggio sulle sezioni coniche, e poco dopo inventò la macchina per calcoli matematici, che da allora porta il suo nome, la pascalina.

Per anni P. fu allevato nel disinteresse verso le cose di fede, bollate come avvenimenti di là della ragione e quindi fuori del suo campo d'interesse. Perciò il suo primo contatto con il giansenismo avvenne solo nel 1646, in seguito alla visita di alcuni gentiluomini giansenisti a suo padre malato, sebbene P. non si sentisse ancora pronto per accettare la severa moralità insita in questa dottrina, il cui centro di riferimento era il convento cistercense femminile di Port-Royal, gestito dalle badesse Jacqueline Arnauld (detta Madre Angélique) e successivamente dalla sorella Agnès Arnauld.

Per P. seguirono nove anni di esperimenti scientifici sul vuoto, sull'equilibrio dei fluidi (il principio di P.) con la conseguente invenzione di un torchio idraulico, pubblicazioni matematiche sul calcolo infinitesimale, sul triangolo aritmetico (il teorema di P.), e sulle leggi della probabilità, ma anche di frivola attività mondana, con la frequentazione del salotto di Madame de la Sablé, dove conobbe e diventò, dal 1652, amico dello scrittore libertino Antoine Gombaud, cavaliere di Méré (1607-1684).

Nel gennaio 1655 la definitiva conversione al giansenismo, accelerata da un incidente accaduto il 23 novembre 1654, che per poco non gli costò la vita: i cavalli della sua carrozza si imbizzarrirono e solo per miracolo non lo trascinarono nel vicino fiume. P. chiese quindi di poter essere accolto come "solitario" (uno studioso o un filosofo contemplativo che viveva presso il convento) a Port-Royal, dove già era diventata suora, dal 1650, sua sorella Jacqueline. Qui si P. distinse per la prima delle sue opere maggiori: le sue Lettres écrites par Louis De Montalte à un provincial [Lettere scritte da Louis De Montalte (lo pseudonimo adottato da P.) ad un provinciale, o, più semplicemente, Lettere provinciali], diciotto lettere (+ una diciannovesima incompiuta) composte, in forma satirica, tra il 1656 ed il 1657, come reazione alla condanna nel 1656, pronunciata dall'università della Sorbona (e voluta dai gesuiti), delle idee gianseniste di Antoine Arnauld, fratello delle sopraccitate badesse ed il più famoso teologo del movimento. Quest'ultimo era intervenuto, con due lettere, nel caso del Duca di Liancourt, un frequentatore di Port-Royal, al quale era stata negata l'assoluzione da parte del curato di Saint Sulpice per aver rifiutato la condanna dell'Augustinus di Cornelius Jansen. Per questa sua presa di posizione, Arnauld era stato espulso dall'università parigina.

Nel 1658 P. scrisse il suo ultimo lavoro scientifico, sulla curva cicloide (la lumaca di P.), e da quel momento si dedicò a tempo pieno alla stesura del suo altro capolavoro: la monumentale Pensées (pensieri), un'opera apologetica rimasta incompiuta per la sua precoce morte.

P. visse gli ultimi anni con atti di carità e d'ascetismo estremo, con frequenti mortificazioni della carne (aveva una cintura di chiodi che non esitava di usare su se stesso al minimo accenno di vanità).

Nel 1661 P. fece un ulteriore intervento a difesa delle idee gianseniste, quando il clero di Parigi ordinò agli aderenti al movimento (suore, sacerdoti, studiosi) di firmare un documento di condanna delle idee di Cornelius Jansen. Tuttavia fu proprio P. a mostrare la maggiore fermezza, convincendo i più dubbiosi, come Arnauld e Pierre Nicole, a non sottoscrivere il documento. La presa di posizione portò nel 1665 alla chiusura del convento. Con un fisico sempre più minato, a causa di gravi lesioni allo stomaco e al cervello, P. morì a Parigi a soli 39 anni, il 19 agosto 1662.

Finalmente, nel 1670 i suoi Pensieri, con il titolo di Pensées de M. Pascal sur la religion et sur quelques autres sujets (Pensieri del Signor Pascal sulla religione e su alcuni altri argomenti) furono pubblicati postumi.

Il pensiero

Dal punto di vista dottrinale, P. si allineò con il credo giansenista e, soprattutto nelle Lettere provinciali, ebbe l'occasione di chiarire il suo pensiero. Egli attaccò infatti a fondo la dottrina lassista gesuita che, da una parte, subordinava la grazia alla volontà umana e sottovalutava nel contempo gli effetti negativi del peccato originale sulla natura umana, mentre, dall'altra, assolveva il peccato sulla base di tutta una serie di attenuanti e di casi di coscienza.

Un altro bersaglio degli scritti di P. fu il famoso scienziato-filosofo René Descartes, detto Cartesio (1596-1650): P. non perdonava, infatti, a Cartesio, nel suo mondo razionale, di aver ridurre la funzione di Dio a quello di un semplice creatore di funzioni matematiche o di un ordinatore degli elementi. Per P. l'organo fondamentale era l'intuizione, o cuore (coeur), cui la ragione, o mente (raison), doveva sottoporsi. I grandi misteri della religione non erano infatti risolvibili con i modelli matematici-razionali, ma solo usando il sentimento, l'esperienza, la storia e le contraddizioni umane.

Infine curioso è il ragionamento di P. sulla cosiddetta scommessa sull'esistenza di Dio:

  • Se io scommetto a favore dell'esistenza di Dio e Dio c'è, ne ho un guadagno eterno

  • Se io scommetto a favore dell'esistenza di Dio e Dio non c'è, non ci perdo

  • Se io scommetto contro l'esistenza di Dio e Dio c'è, ne ho una perdita eterna

  • Se io scommetto contro l'esistenza di Dio e Dio non c'è, non ci perdo nè ci guadagno

Nel caso di scommessa contro, c'è un'ipotesi di perdita eterna, quindi la saggezza, secondo P., consiglia di scommettere a favore, perché c'è un'ipotesi di vincita, o, nel peggiore dei casi, non si perde nulla.