Simoni, Simone (1532-1602)

Simone Simoni, filosofo e medico, nacque a Lucca nel 1532 e si laureò a Padova, città da cui si allontanò nel 1565, per motivi religiosi, emigrando a Ginevra, dove peraltro egli aveva già soggiornato nel periodo 1559-1561. Qui diventò professore ordinario alla cattedra di filosofia (e più tardi di medicina), ma mostrò anche tutta la spigolosità del suo carattere, lo spirito polemico contro tutto e tutti, e qui, in seguito ad una diatriba con il filosofo di Tübingen, Jakob Schegk (o Jacobus Schegkius, 1511-1587), si chiarì il suo credo religioso, di stampo riformatore illuministico. Precedentemente, l'unico contatto con gli eretici fu la visita in prigione a Berna di Giovanni Valentino Gentile, incarcerato per le sue idee antitrinitariane nel 1566.

A Ginevra si delineò quindi il pensiero religioso del S. intriso di valori morali laici e terreni: la negazione dell'onnipresenza del Cristo, il valore puramente simbolico dell'Eucaristia e la negazione della sopravvivenza della natura umana di Gesù. Inoltre, si aggiungeva una sua fiducia incrollabile nella scienza, come contributo allo sviluppo dell'uomo. La natura e le sue risorse avevano maggiore rilievo rispetto alla Grazia di Dio, ed in questo il pensiero di S. assomigliò molto a quello di Giordano Bruno, senza però arrivare agli eccessi del filosofo nolano.

Tutti questi erano argomenti più che sufficienti  per mettere il S. sotto il controllo delle preoccupate autorità ginevrine ed il pretesto per la sua espulsione fu l'attacco spropositato contro Niccolò Balbani, reo, secondo S., di essersi adeguato allo stile conformista di Ginevra. Le autorità della città pretesero le scuse pubbliche da parte del S. e successivamente lo espulsero.

Il S. si trasferì a Parigi, e poi, per mezzo dei buoni uffici di Theodore de Béze, ad Heidelberg, da dove però fu cacciato nel 1579, dopo aver già subito un'accusa di arianesimo nel 1575 a Lipsia, alla corte di Augusto I di Sassonia (1526-1586). Nuova emigrazione a Praga, nel 1581, dove diventò il medico di corte di Rodolfo II d'Asburgo (1576-1611): qui circolò la voce, mai confermata, che si fosse riconvertito al cattolicesimo.

Comunque, il suo spirito inquieto lo portò in Polonia, dove diventò medico di corte del re Stefano Bàthory (1575-1586) assieme a Niccolò Buccella. Qui, dopo aver litigato con Marcello Squarcialupi, alla morte del re polacco nel 1586, il S. non esitò a formulare la gravissima accusa della responsabilità del Buccella per il decesso. La polemica tra i due investì anche la sfera religiosa, con reciproche accuse, ma il nuovo re Sigismondo III Vasa (1587-1632) prosciolse il Buccella dalle accuse e lo nominò suo medico personale, elevandolo successivamente ad un titolo nobiliare. Al S., sconfitto su tutta la linea, non rimase altro che riparare in Moravia, dove finì i suoi giorni presso il Vescovo di Olomouc: morì a Cracovia nel 1602.