Setta di Skhariya (Zechariah) l’Ebreo (dalla seconda metà del XV secolo)

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Lo zar Ivan III, dapprima protettore poi persecutore dei giudaizzatori

La storia

Nella seconda metà del XV secolo, apparve nella Russia nord-occidentale, a Novgorod e Mosca, un gruppo eretico, denominata Setta di Skhariya l’Ebreo dal nome del suo fondatore. Questi era un ebreo lituano, di nome Zechariah (Skhariya ne è la versione russa) ben Aaron Ha-Kohen, che si era recato da Kiev a Novgorod l’8 novembre 1470, fondandovi in seguito una setta che mischiava elementi ortodossi, razionali ed ebrei (per esempio, gli adepti si facevano circoncidere).

Da quest’ultimo elemento il nome alternativo di setta dei giudaizzatori, anche se la maggioranza dei seguaci era di fede ortodossa, con le seguenti dottrine: essi negavano la Trinità e la natura divina di Gesù Cristo, la gerarchia ecclesiastica, l’immortalità dell’anima; si opponevano al monasticismo e alle complesse cerimonie religiose; praticavano l’iconoclastia e credevano in un’autodeterminazione della propria fede e salvezza. In realtà, oggigiorno si tende a credere che la setta sia stata influenzata da quella degli strigolniki, un’eresia sviluppata a Pskov e Novgorod nel XIV secolo.

La diffusione delle idee di Skhariya a Mosca ebbe un’iniziale protezione benevola del Gran Principe (poi zar) Ivan III di Russia (1462-1505), che nel 1480 invitò alcuni adepti della setta a Mosca, pensando di impiegarli in funzione anti-clericale. Essi incontrarono i favori della nuora di Ivan, Yelena Stefanovna, e del diplomatico Feodor Kuritsyn, ma, poco dopo, lo zar cambiò politica, decidendo per una più stretta alleanza con gli alti vertici della chiesa ortodossa, che ebbero quindi mano libera nel perseguitare.

Il più accanito nemico dei giudaizzatori fu l’arcivescovo di Novgorod, Gennadii (arcivescovo: 1485-1504), che nel 1487 ordinò al suo clero di organizzare concilii con lo scopo “non di discutere con loro, ma di bruciarli” e convinse i partecipanti al concilio di Mosca del 1488 di dichiarare i seguaci di Skhariya come eretici. Il successivo periodo di persecuzione vide molti eretici bruciati sul rogo (lo stesso Skhariya fu ucciso nel 1491) o mandati in esilio, e perfino chi era stato trovato colpevole di connivenza veniva condannato alla pena capitale, come l’archimandrita Kassian del monastero di Iuriev (che aveva dato rifugio ad alcuni settari).

Tra l’altro i giudaizzatori pagarono per essersi schierati nella polemica del 1503 contro i stjažateli (in russo: avidi), guidati da Gennadii e dall’abate Iosif Volynsky (o Volotskii) (1439-1515), prelati della Chiesa ortodossa che ritenevano necessaria la proprietà di terre da parte dei monasteri, a cui si contrapponevano i nestjažateli (in russo: non avidi), con a capo il monaco San Nil Sorsky (ca. 1433-1508), i quali rimarcavano la spiritualità ascetica e la povertà: le analogie con la discussione sorta tra francescani conventuali e spirituali, dopo la morte di San Francesco nel 1226, sono notevoli.

Un ulteriore evento sfortunato per i giudaizzatori fu, dopo la morte nel 1490 dell’erede al trono russo, e primogenito di Ivan III, Ivan il Giovane (1458-1490), la caduta in disgrazia della protettrice della setta, la vedova di Ivan il Giovane, Yelena Stefanovna, madre del potenziale futuro zar Dmitry Ivanovich: lo zar favoriva, infatti, sempre più l’altro erede, il principe Vasili, figlio avuto dalla sua seconda moglie Sofia Paleologo (1455-1503) e futuro zar Vasili (o Basilio) III Ivanovich (1505-1533). Nel 1502 Ivan III decise di togliere il diritto di successione al nipote Dmitry e, poco dopo, lo fece imprigionare assieme a Yelena, che morì in carcere nel gennaio 1505 (nove mesi prima del suocero), mentre Dmitry rimase in prigione fino alla sua morte nel 1509.

Imprigionati, quindi, o morti i loro potenti protettori (Feodor Kuritsyn era già morto nel 1498), i settari di Skhariya furono sterminati, esiliati, imprigionati o dovettero fuggire in Lituania. Si pensa che i lontani discendenti dei pochi sopravvissuti siano confluiti, nel XVIII secolo, nella setta dei Subbotniki, che mantenevano alcune usanze ebraiche come la circoncisione e la santificazione del Sabato come giorno santo di riposo, un’usanza che avevano anche i gruppi sabbatariani inglesi del XVII secolo.

Curiosità

È stata ormai accertata l’infondatezza dell’ipotesi, avanzata da alcuni autori, che il fondatore della setta sia stato l’ebreo genovese (contemporaneo degli eventi descritti) Zaccaria de Ghisolfi (att. 1480-1500), principe di Matrega (sulla penisola di Taman, vicino alla Crimea).

Appartenente alla famiglia genovese, di religione ebrea, De Ghisolfi (dai scrivani russi storpiato in Guizolfi, Giexulfis o Guigursis), Zaccaria era discendente di Simeone, console e poi principe di questo protettorato facente parte della Gazaria (le colonie in Crimea della Repubblica di Genova), e di una principessa circassa di nome Bikhakhanim.

Dovendosi barcamenare in una situazione difficilissima contro l’invasione ottomana della regione, Zaccaria nel 1482 si rifugiò con i suoi sudditi (un miscuglio di ebrei, italiani, greci, circassi, tartari e slavi) sulla vicina isola di Matrice per continuare la resistenza contro le incursioni turche, e chiese aiuto allo zar Ivan III, che gli inviò una lettera indirizzata a “Skhariya l’Ebreo” (da qui l’equivoco), offrendogli ospitalità. Ma le enormi distanze ed i lunghissimi tempi (14 anni!) per organizzare una spedizione fecero sì che, alla fine, Zaccaria fu forzato ad accettare la protezione di Menli I Giray (1466, 1469-1475 e 1478-1515), khan del canato tartaro di Crimea, e alleato dei turchi.