Carranza de Miranda, Bartolomè (1503-1576)

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Bartolomè Carranza de Miranda

 

Nato a Miranda de Arga, in Spagna, nel 1503 da una nobile famiglia, Bartolomè Carranza de Miranda studiò a Alcalà ed entrò nell'ordine domenicano nel 1520. Dal suo convento a Benalaque, vicino a Guadalajara, C. frequentò i corsi di filosofia e teologia all'università di Salamanca, dove divenne maestro in arti liberali nel 1528.

Dal 1534 C. iniziò ad insegnare teologia a Valladolid e, grazie alla sua crescente popolarità, gli furono offerti diversi incarichi ufficiali, in particolare, nei periodi 1545-47 e 1550-51, al Concilio di Trento, e nel 1554 come parte della delegazione spagnola recatasi in Inghilterra in occasione del matrimonio del principe Filippo di Spagna [il futuro Filippo II (1556-1598)] con la regina Maria Tudor d'Inghilterra (1553-1558).

C. rimase in Inghilterra fino al 1557 al servizio del cardinale Reginald Pole (1500-1558), colui che per poco non era diventato papa nel 1549 (sarebbe bastato che avesse accettato l'elezione per adorationem), ed in seguito fu perfino sospettato di eresia da parte del Papa Paolo IV (1555-1559) per le sue idee moderatamente riformiste.

Per tutta la sua vita C. ebbe una forte ritrosia ad occupare posti d'alto prestigio, ma egli fu infine costretto ad accettare nel 1557 la nomina ad Arcivescovo di Toledo, e conseguentemente Primate di Spagna.

Tuttavia nell'anno successivo, 1558, ebbero inizio i suoi guai con la pubblicazione dei Commentarios sobre el catechismo cristiano (commentari sul catechismo cristiano), nei quali la sempre vigile e temuta inquisizione spagnola trovò una serie di punti di vista potenzialmente eretici. Un'ulteriore perquisizione nei suoi effetti personali scoprì, tra l'altro, una lettera dell'umanista dissidente Juan de Valdés e manoscritti, che, analizzati dai teologi domenicani Melchior Cano (1509-1560) e Dominic Soto (1494-1560), evidenziarono sufficienti elementi per convincere il Grande Inquisitore Fernando de Valdés y Salas (1483-1568), arcivescovo di Siviglia, a chiedere al re Filippo II il permesso (poi accordato) di far arrestare per sospetta eresia C., che fu incarcerato a Valladolid nel giugno 1558.

Ma la giustizia cattolica spagnola, molto ansiosa di arrestare C., non fu altrettanto sollecita nell'imbastire un processo e, fra un cavillo burocratico e l'altro, C. rimase agli arresti fino al 1567, quando, non riuscendo i giudici mandati nel 1565 dal Papa Pio IV (1559-1565) a trovare un accordo con gli inquisitori spagnoli, il nuovo papa, Pio V (1566-1572), fece portare l'infelice arcivescovo di Toledo a Roma.

Eppure neanche qui C. ebbe un giudizio rapido e fu tenuto agli arresti nell'appartamento papale di Castel Sant'Angelo fino al 1576, quando, sotto il papato di Gregorio XIII (1572-1585), fu finalmente celebrato il processo e pronunciato il verdetto finale il 14 aprile dello stesso anno. Il povero C., dopo 18 anni di imprigionamento, fu dichiarato non colpevole di eresia, ma dovette abiurare 16 sue proposizioni di sapore luterano, e gli fu ordinato di vivere per cinque anni nel monastero dell'ordine vicino alla basilica di Santa Maria sopra Minerva a Roma.

C. morì il 2 maggio 1576, 18 giorni dopo la sentenza, e poté finalmente riposare in pace proprio in Santa Maria sopra Minerva, dove, sotto la spinta della venerazione popolare, Gregorio XIII fece erigere un monumento sulla sua tomba.