Associazione Cattolica Patriottica Cinese (CPCA) e Cattolicesimo clandestino in Cina (dal 1957)

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Padre Giuseppe Guo Jincai, nominato vescovo nel 2010, senza l'approvazione del Papa

Premessa

Per la storia del Cristianesimo in Cina fino al 1949, si prega di riferirsi alla voce Chiese cristiane indipendenti cinesi.

La storia del Cattolicesimo in Cina dopo il 1949

In Cina, dal 1949, dopo la salita al potere del governo comunista, iniziò la persecuzione della Repubblica popolare contro la Chiesa Cattolica: furono espulsi molti religiosi e missionari, compreso il nunzio apostolico vescovo (poi cardinale) Antonio Riberi (1897-1967, nunzio in Cina dal 1946 al 1951), atto approvato dal vicario generale dell’Arcidiocesi di Nanchino, Li Wei-kuang, che per questa presa di posizione fu scomunicato nel febbraio 1952 da Papa Pio XII (1939-1958).

Poco dopo, furono imprigionati diversi preti e vescovi cinesi, tra cui il vescovo di Shanghai, monsignor Ignazio Kung Pin-Mei (m. 2005) (che verrà scarcerato solo nel 1985, dopo 30 anni di prigione), mentre altri si diedero alla macchia: entro il 1958 ben 120 delle 144 diocesi cinesi non avevano più una guida spirituale. Nello stesso tempo, la Chiesa Cattolica Apostolica Romana fu ufficialmente bandita dalla Cina, e nonostante recenti segnali di disgelo, è tuttora considerata illegale, anche se le è stato permesso di operare liberamente a Macao e Hong Kong.

Nel 1957 la Repubblica popolare di Cina decise di stabilire una divisione del Bureau degli Affari Religiosi per controllare le attività dei cattolici cinesi. Questa divisione, denominata Associazione Cattolica Patriottica Cinese (in cinese: Zhōngguó Tiānzhǔjiào Àiguó Huìè) (CPCA), di fatto, pur non essendo una chiesa ufficiale, tuttora controlla quella cattolica cinese, intervenendo sulle nomine dei sacerdoti, e perfino dei vescovi. Fu eletto primo presidente del CPCA l’arcivescovo di Mukden (in Manciuria), Ignazio P’i Shu-shih, mentre i primi vescovi “indipendenti” cinesi, nominati nell’aprile 1958 senza l’approvazione del Vaticano, sono stati Bernardino Tong Kuang-ch’ing e Marco Yuan Wen-hua. Entro la fine del XX secolo, essi sarebbero diventati 133.

A fronte di questa situazione, di fatto scismatica, si sono creati quindi due organismi separati: la Chiesa Cattolica cinese fedele a Roma, ma clandestina perché illegale secondo il governo di Pechino, e che riunisce circa 40 milioni di cattolici cinesi e, pare, una cinquantina di vescovi; e la Chiesa Cattolica cinese aderente alla CPCA, che riunisce circa 20 milioni di fedeli.
Per quanto concerne la nomina dei vescovi “indipendenti” o “ufficiali”, essi non vengono riconosciuti dal Vaticano, sebbene negli ultimi anni, la consacrazione di due terzi di questi prelati è stata considerata valida, poiché molti di essi hanno cercato, dall’inizio degli anni ’80, l’approvazione ufficiale della Santa Sede.

Alcuni segnali di disgelo si sono avuti con l’accordo del giugno 2005, tra il governo cinese ed il Vaticano, per la nomina di un vescovo ausiliario a Shanghai, e con la recente nomina con il gradimento del Vaticano (settembre 2007) del vescovo di Pechino Li Shan, e del vescovo coadiutore per la diocesi di Guiyang, Paolo Xiao Zejiang.
Ma i rapporti sono recentemente ritornati critici, quando il Vaticano ha condannato l'ordinazione di padre Giuseppe Guo Jincai, nominato vescovo di Chengde (Hebei) il 20 novembre 2010 senza il consenso del Papa.

La dottrina dei cattolici ufficiali cinesi

La CPCA respinge l’autorità papale e non accetta tutti quegli insegnamenti e dogmi, che sono stati emanati dopo il 1949, quindi l’Assunzione della Vergine Maria (1950), molte canonizzazioni (soprattutto di alcuni martiri missionari europei, che, a detta del governo cinese, avevano perpetrato abusi e crimini contro il popolo cinese), ma soprattutto le conclusioni e le successive decisioni, scaturite dal Concilio Vaticano Secondo (1962-1965), come la nuova messa, voluta da Papa Paolo VI (1963-1978).

In effetti, in Cina si è celebrato la messa in latino secondo il rito tridentino per diversi anni: ora gradualmente anche la Chiesa Cattolica “ufficiale” si è adeguata al nuovo rito, a conferma, come si è detto, che si tratta di un fenomeno scismatico (sebbene il Vaticano non si è mai pronunciata ufficialmente in tal senso), e non eretico.