Gerardo di Monforte (XI secolo)

Gerardo era il capo di una comunità di eretici, che, nei primi anni del XI secolo operava dal castello di Monforte (nelle Langhe, in provincia di Cuneo), sotto la protezione della stessa Contessa di Monforte.

Nel 1026 ca., Ariberto d'Intimiano (ca. 967-1045), arcivescovo di Milano e Alrico, vescovo d'Asti, furono informati su questa setta, che, secondo la tesi di qualche autore, rappresentava una minaccia in una zona militarmente controllata dal sistema di alleanze del potente arcivescovo di Milano, a sua volta fautore del partito filo-imperiale. Ad ogni buon conto, fossero motivi politici o religiosi, Ariberto fece assediare, espugnare e distruggere il castello di Monforte e trascinare gli eretici a Milano per essere giudicati.

G. fu interrogato e diede ampi particolari sugli usi della setta, la quale pare fosse guidata da un gruppo di maggiorenti con funzione di sacerdoti e dedita all'interpretazione spirituale ed allegorica della Bibbia ed ad una vita spartana, caratterizzata dal rifiuto della proprietà, del matrimonio e della sessualità e dalla dieta vegetariana. Essi, inoltre, rigettavano i sacramenti cattolici e bramavano, secondo G., il martirium, una morte tra le sofferenze, unica maniera per evitare gli eterni tormenti. Quest'odio della vita ricordava la filosofia dei catari con due secoli d'anticipo. G. e i suoi discepoli accettarono quindi la condanna al rogo, dove furono bruciati nel 1028 a Milano. Secondo alcuni autori, l'episodio fece vivissima impressione sui milanesi, che chiamarono Monforte il luogo dell'esecuzione, nome con il quale è tuttora conosciuta questa zona di Milano.

Nuovamente, come nell'episodio di Leutard di Châlons-sur-Marne, in quest'eresia si potevano notare delle infiltrazioni di dottrine bogomile.