Iconoclastia (VIII-IX secolo)

L'iconoclastia (dal greco eikonoklasmos, distruzione di immagini) fu un'eresia dal 725 al 842, che scavò un profondo solco tra Roma e le Chiese Cristiane d'Oriente e preparò il terreno allo scisma di Fozio del 867.

Origini

L'iconoclastia cristiana, nel VIII secolo, prese spunto indubbiamente dall'influenza esercitata dai Mussulmani, i quali condannavano (e condannano) qualsiasi rappresentazione della divinità in forma umana. Oltre a questo, un certo peso l'aveva probabilmente avuto l'atteggiamento dei pauliciani, contrari alle immagini sacre, che nel VII secolo avevano avuto la possibilità di influenzare, in tal senso, alcuni alti prelati delle Chiese Orientali, come, ad esempio, Costantino, vescovo di Nacolia, in Frigia.

Questi prelati, comunque, avevano già espresso critiche sull'abuso di immagini sacre soprattutto da parte dei monaci, i quali attribuivano spesso poteri taumaturgici a quadri sacri, alcuni dei quali erano perfino spacciati come dipinti mediante intervento divino.

Prima persecuzione iconoclasta

Le perplessità furono raccolte dall'imperatore Leone III (717-741), fondatore della dinastia isaurica, che lanciò una campagna di riforma moralizzatrice della Chiesa, pubblicando nel 726 un editto in cui dichiarò il culto delle immagini sacre alla stregua di quello di idoli e ordinò la distruzione di queste immagini nelle chiese. Seguirono disordini di piazza e persecuzioni nei confronti dei monaci recalcitranti nei confronti dell'editto imperiale.

Scese in campo anche Papa (San) Gregorio II (715-731), il quale, convinto dell'efficacia educativa delle immagini, si impegnò in una lunga, ma alquanto inconcludente, prova di forza epistolare con Leone: ognuno rimase sulle proprie posizioni. Tuttavia, l'azione energica di Gregorio mise in crisi l'autorità imperiale in Italia: fu scomunicato l'esarca Paolo, che cercò inutilmente di arrestare il Papa e da questo periodo i Papi iniziarono a considerarsi i "sovrani" del Ducato romano, la regione sotto il loro controllo. Si schierò contro questa furia distruttrice anche San Giovanni Damasceno, che, per la verità, era ben al riparo dall'eventuale reazione dell'imperatore, poiché abitava vicino a Gerusalemme, nel Califfato arabo. La furia iconoclasta, nel frattempo, si allargò con la distruzione delle reliquie dei santi e si sviluppò perfino in un rifiuto dell'intercessione dei santi.

La polemica non si calmò né con la morte di Gregorio II nel 731, poiché il successore San Gregorio III (731-741) continuò la battaglia con uguale vigore, né con la morte di Leone III nel 741: il figlio Costantino V Copronimo (741-775) fu un persecutore di immagini anche più accanito del padre.

Nel 754, Costantino convocò un concilio a Costantinopoli, al quale si rifiutarono di partecipare il Papa e i patriarchi di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, e che ovviamente si concluse con la conferma della condanna delle immagini sacre e diede luogo ad una persecuzione nei confronti dei monaci senza precedenti.

L'iconoclastia scese di tono durante il regno di Leone IV (775-780), figlio di Costantino, soprattutto grazie all'imperatrice Irene, segretamente favorevole alla venerazione delle immagini. Come reggente del figlio minorenne Costantino VI (780-797), Irene fece riaprire i monasteri e riammettere le immagini sacre nelle chiese. Inoltre Irene convocò nel 787 il secondo Concilio di Nicea, dove fu dichiarata l'adesione alla dottrina della venerazione delle immagini, esposta in una lettera inviata all'imperatrice da Papa Adriano I (772-795), dove si precisava che le immagini erano venerate (proskynesis) non con la stessa adorazione (latreia) dovuta a Dio e che l'onore a loro dovuto era comunque trasposto verso il santo venerato.

Seconda persecuzione iconoclasta

Tuttavia, 27 anni dopo Nicea, la campagna iconoclasta riprese con nuovo vigore, sotto l'imperatore Leone V, detto l'Armeno (813-820), il quale fece rimuovere le immagini sacre da chiese e edifici pubblici, poiché egli era convinto che le sfortune dell'impero erano da attribuire ad un giudizio negativo di Dio sulla venerazione delle immagini. Fu esiliato anche San Teodoro Studita, ideatore del concetto dell'equivalenza tra iconoclastia e monofisismo, poiché ambedue negavano, a loro modo, la natura umana di Cristo.

Leone V fu assassinato in una congiura di palazzo nel 820, ma i successori Michele II il Balbuziente (820-829) e Teofilo (829-842) perseguitarono accanitamente i cattolici, oramai identificati come adoratori di immagini. Ancora una volta fu un'imperatrice a mettere fine alle persecuzioni, la moglie di Teofilo, Teodora, che, come Irene, fu la reggente per il figlio minorenne, Michele III detto l'Ubriaco (842-867, di cui fino al 856 con la reggenza della madre) e, come Irene, reinstallò le immagini e liberò i monaci imprigionati, uno dei quali, Metodio, divenne patriarca di Costantinopoli. Fu convocato nel 842 un concilio a Costantinopoli, che rinnovò le decisioni di Nicea e la scomunica dell'iconoclastia.

Venticinque anni dopo iniziò il Grande Scisma d'Oriente con il patriarca Fozio.

Iconoclastia in Occidente

Anche in Occidente, nel regno dei Franchi di Carlomagno, alcuni vescovi reagirono negativamente alle conclusioni di Nicea ed emanarono nel 790 delle controdeduzioni, elaborate dal monaco Angilberto, in cui si accettavano le immagini sacre nelle chiese, ma veniva ribadito che solo Dio poteva essere adorato, Queste conclusioni vennero respinte da Papa Adriano I (772-795).

Durante la seconda persecuzione iconoclasta, nuovamente i vescovi franchi, riuniti a Parigi nel 825, cercarono di proporre una formula di compromesso, sponsorizzata dall'imperatore franco Ludovico I il Pio (814-840), da presentare a Papa Eugenio II (824-827).

Comunque le conclusioni del II Concilio di Nicea furono gradualmente accettate in Occidente. Ci furono solo alcuni casi isolati, il più famoso dei quali fu il vescovo di Torino, Claudio, che nel 824 distrusse tutte le immagini e croci nella sua diocesi, ma fu successivamente condannato dal Concilio di Parigi.