San Melezio d'Antiochia (m. ca. 381) e meleziani

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Icona di San Melezio d'Antiochia

Melezio nacque a Melitene, in Armenia minore, diventò vescovo di Antiochia nel 360, e svolse un ruolo di primaria importanza durante le profonde scissioni nella Chiesa di Antiochia del IV secolo. M. fu dunque chiamato a ricoprire questa carica, benché fosse già stato nominato vescovo di Sebaste in Armenia. Ad Antiochia trovò una situazione molto tribolata da anni di lotta tra ortodossi e ariani, contraddistinti, nell'ultimo periodo, 358-360, dal vescovato di Eudossio, in seguito vescovo di Costantinopoli.

L'elezione di M. alla carica di vescovo fu un accordo di compromesso raggiunto con i voti congiunti di ariani e ortodossi, ciò nonostante egli trovò una notevole opposizione da parte degli eustaziani, i sostenitori del precedente vescovo (tra il 324 ed il 330) Eustazio. Chiamato dunque ad occupare una sede scottante, M. cercò di barcamenarsi tra le due opposte fazioni, rimediando comunque, all'inizio del 361, pochi mesi dopo il suo insediamento, una condanna all'esilio da parte dell'imperatore Costanzo II (337-361), di fede ariana. Quest'esilio complicò ulteriormente la situazione di Antiochia: la città si divise in eustaziani, guidati dal diacono Paolino, e meleziani, guidati da Flavio e Diodoro di Tarso.

Alla fine del 361, Costanzo morì e gli successe Giuliano l'Apostata (361-363): M. rientrò ad Antiochia in una situazione sempre più caotica. A nulla valse il concilio d'Alessandria del 362 per sedare gli animi, anzi il focoso e radicale vescovo Lucifero di Cagliari riuscì perfino a far eleggere vescovo d'Antiochia, Paolino, favorendo lo scisma. L'imperatore Giuliano, che risedette spesso ad Antiochia, contribuì, a sua volta, alla confusione perseguitando ora l'una ora l'altra delle parti in conflitto.

La situazione rimase altalenante sotto gli imperatori Gioviano (363-364) (ortodosso) e Valente (364-378) (ariano), mentre il prestigio di M., nonostante tutto, crebbe: egli lavorò per l'unità dei cristiani dell'Asia minore e della Siria, ma nel 365 fu esiliato per la seconda volta dagli ariani in Armenia.

A questo punto entrò in campo uno dei grandi Padri cappadociani: San Basilio, vescovo di Cesarea, e grande ammiratore di M. Basilio cercò alacremente di restaurare la pace in condizioni difficilissime: nel 376 si staccò un ennesimo gruppo scismatico, con a capo Vitale, che si collegava al cattolicesimo di Roma. Nonostante i buoni uffici di Basilio, le speranze andarono deluse quando Papa Damaso I (366-384), senza avere un'idea molto chiara sulla complicata situazione antiochena, riconobbe Paolino come vescovo legittimo d'Antiochia.

Basilio morì nel 379, senza aver potuto risolvere l'annosa questione, ma fu il nuovo imperatore, di fede ortodossa, Graziano (375-383) a volere la pace nella Chiesa, richiamando i vescovi esiliati, tra cui M., che, ritornato ai suoi compiti, lavorò sia per ricomporre lo scisma interno che per pubblicare l'atto di fede, il cosiddetto credo niceno-costantinopolitano, proposto al I concilio di Costantinopoli del 381, convocato dall'imperatore d'Oriente Teodosio (379-395).

M. morì, durante i lavori del concilio, nel 381.

Il movimento scismatico dei meleziani sopravvisse alla morte del loro ispiratore per estinguersi nel VI secolo.