Nato nel 200 ca. e di umili origini, Paolo di Samosata divenne vescovo di Antiochia nel 260.
S'interessò alle dottrine adozioniste, sviluppate da Teodato di Bisanzio durante il papato di Vittore I (189-198) e rielaborate da Artemone alla metà del III secolo. Fu accusato, quindi, di adozionismo in tre sinodi tenuti tra il 264 ed il 268: i primi due finirono con un nulla di fatto, ma nel terzo, tenuto ad Antiochia nel 268, egli fu accusato di eresia dagli origenisti, con a capo Malchione, rettore della scuola di letteratura greca di Antiochia, il quale scrisse una lettera a papa Dionisio (259-268) e a principali vescovi del mondo cristiano. Di questa missiva ci sono pervenuti alcuni brani non precisamente lusinghieri per P., accusato di essersi arricchito illecitamente e di circondarsi di donne.
Il sinodo d'Antiochia condannò P. e lo depose dalla carica di vescovo e al suo posto fu nominato Domno, figlio del vescovo Demetriano, predecessore di P. Nonostante la condanna, tuttavia, P. rimase al suo posto, godendo della protezione di Zenobia, regina (267-272) di Palmira, regno di cui Antiochia faceva parte. P. svolgeva, infatti, la funzione di tesoriere della regina.
Nel 272, l'imperatore Aureliano mosse guerra al regno di Palmira e, avendo conquistato Antiochia, accolse la supplica dei cristiani della città di assegnare la sede vescovile al legittimo titolare. Alcuni autori suppongono che Aureliano, solitamente non particolarmente tenero con i cristiani, avesse applicato alla lettera l'editto di tolleranza di Gallieno e avesse deciso di assegnare la sede a coloro che erano in sintonia con Roma e i vescovi italiani.
P. scomparve dalla scena e morì pochi anni dopo, probabilmente nel 275.
I suoi seguaci, denominato paoliani o paulianisti, rimasero attivi fino al IV secolo, quando furono condannati dal Concilio di Nicea e riassorbiti in seguito dal Cristianesimo ufficiale. E', invece, priva di fondamento l'ipotesi che a Paolo di Samosata possono essersi ispirati i pauliciani, setta dualista del VII secolo, il cui nome derivava probabilmente da uno dei fondatori, Paolo l'Armeno, oppure dalla particolare importanza data da questa setta alle lettere di San Paolo.
Secondo P., il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo erano una sola persona (prosopon), ma il Figlio e lo Spirito Santo, essendo rispettivamente il Verbo (Logos) e la Saggezza (Sophia), erano senza ipostasi (stato): in pratica l'unica persona era il Padre, mentre le altre figure erano degli attributi o appellativi impersonali del Padre.
Gesù Cristo, a sua volta, era sostanzialmente un uomo con una sua personalità, nato senza peccato dalla nascita. In egli dimorava il Logos, che lo ispirava, essendosi unito a lui non in sostanza, ma solo in qualità.
P. quindi teneva rigorosamente separate le due nature di Cristo, sebbene questo concetto rischiasse di concepire due persone, l'una divina e l'altra umana, diverse tra loro e unite tra loro solo per volontà del Cristo stesso. Ma P. preferiva correre questo rischio, piuttosto che ammettere la presenza di due Dei, eresia denominata diteismo.