Paracelso (Bombast von Hohenheim), Theophrastus Philipp Aureolus (1493-1541)

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Jan Van Scorel: Ritratto di Paracelso

(Museo del Louvre, Parigi)

La vita

Il celebre medico e riformatore della terapia medica (soprannominato il Lutero della medicina) Theophrastus Philipp Aureolus Bombast von Hohenheim nacque ad Einsiedeln, nel cantone svizzero di Schwyz, in una data non meglio precisata compresa tra il 1490 ed il 1494: la maggior parte degli autori propende per il 10 (o forse 11) novembre 1493, ma non c'è comunque certezza sull'esatta data.

Il padre, Wilhelm Bombast von Hohenheim de Riett (m. 1534), era figlio naturale di Georg Bombast von Hohenheim, Gran Maestro dell'ordine dei cavalieri di Malta e discendente di un'antica e nobile famiglia sveva. Tuttavia la sua nascita illegittima lo aveva costretto ad una vita di povertà e a lavorare per mantenere la famiglia: fece il medico dapprima per il monastero di Einsedeln, quindi, dal 1502, si trasferì con il figlio a Villach, nella regione austriaca della Carinzia, dopo la morte della moglie, ex sovrintendente dell'ospedale di Einsedeln. Il piccolo P. ebbe quindi i primi rudimenti di cultura dal padre ed in seguito studiò con due alti prelati: Eberhard Paumgartner, vescovo di Lavant (1487-1508) e Matthaeus Schacht, vescovo di Freising, ma il tutore che esercitò la maggiore influenza sulla sua formazione fu certamente Johannes Trithemius (Heidenberg) (1462-1516), abate di Sponheim, eccellente esempio rinascimentale di studioso eclettico di Cristianesimo, filosofia ermetica e scienze occulte (magia, astrologia, alchimia e cabala) e mentore di un altro famoso occultista dell'epoca: Agrippa di Nettesheim.

In seguito P. s'iscrisse alla Bergschule, la scuola mineraria di Hutenberg, vicino a Villach, fondata dai famosi banchieri Fugger, dove i giovani venivano istruiti a diventare esperti minerari in oro, stagno, mercurio, ferro e rame. P. fece anche un apprendistato specifico presso la miniera di Siegfried Fugger a Schwaz e poté impratichirsi sui primi rudimenti di alchimia. Ma, nel 1507, P. abbandonò Villach per viaggiare per cinque anni da un'università all'altra in cerca di conoscenza e sapere: si dice abbia frequentato gli atenei di Basilea, Tübingen, Vienna, Wittenberg, Lipsia, Heidelberg e Colonia, ma che non fosse stato particolarmente impressionato dalla preparazione dei professori, soprattutto considerando che, in seguito, si era domandato come "i più nobili collegi riuscissero a sfornare così tanti nobili asini!" In ogni caso all'università di Vienna egli ottenne il baccalaureato in medicina nel 1510.

Tra il 1513 ed il 1516 P. viaggiò per motivi di studio in Italia, in particolare a Ferrara, dove s'iscrisse ai corsi di medicina, abbastanza fuori degli schemi tradizionalmente galenici e aristotelici, degli umanisti Nicolò Leoniceno (1428-1524) e Giovanni Manardo (1462-1536) e dove si laureò in medicina nel 1516, ma di questo fatto non ci sono testimonianze scritte (purtroppo mancano gli annali universitari di quell'anno), eccetto la sua parola. Alcuni autori ipotizzano, durante il suo soggiorno in Italia, anche un incontro tra P. e Agrippa di Nettesheim, all'epoca docente di scienze occulte a Pavia. Fu comunque in questo periodo che Theophrastus Bombast adottò il nome di Paracelso, poiché, probabilmente, intendeva significare che il suo obiettivo era di superare il pensiero del famoso medico dell'antichità, Aulo Cornelio Celso (I secolo d.C.).

In seguito P. lavorò come chirurgo militare durante varie guerre svolte in Olanda, in Russia (fu catturato dai tartari, ma riuscì a fuggire in Lituania), in Ungheria ed infine, dal 1521, al servizio della Repubblica di Venezia, per conto della quale viaggiò nei vari possedimenti della Serenissima, ma anche in Egitto, Arabia e Costantinopoli. Finalmente, nel 1524, egli tornò a Villach, ma in seguito si recò, nel 1526, a Strasburgo, dove entrò nella gilda dei chirurghi, ma non in quella, più prestigiosa, dei medici (il che fa ipotizzare ad alcuni autori che P. non si fosse mai laureato a Ferrara).

Nel 1527, P. fu chiamato a Basilea per curare, con successo, la gamba del famoso editore di testi umanisti Johannes Frobenius (1460-1527). Il risultato positivo delle sue cure gli procurò potenti appoggi da parte di Erasmo da Rotterdam, dello stesso Frobenius e di Johannes Ecolampadio, pastore della Chiesa di San Martino e principale riformatore della città, che lo fece nominare medico cittadino e docente universitario. Tuttavia la sua presenza in città provocò malumori, invidie e perfino odio tra i medici e i farmacisti, specialmente quando il 24 giugno 1527, quasi imitando una simile azione dimostrativa di Martin Lutero del 1520, P. bruciò in pubblico i testi di Abu Ali Al-Hussain Ibn Abdallah Ibn Sina (Avicenna) (981-1037) e di Galeno (129-199) davanti all'università locale.

Nelle sue lezioni, tenute in tedesco, e non in latino, contro ogni usanza universitaria, egli tuonò contro i metodi empirici di curare le ferite con muschio o, peggio, letame secco, intuendo, primo fra tutti, che, una volta scongiurato il pericolo di infezioni, fosse la stessa Natura a cicatrizzare le ferite.

Similmente P. attaccò le assurde pratiche dei medici dell'epoca, basate su salassi, infusi, suffumigi, prescritti senza una minima conoscenza, ma questi suoi attacchi lo convinsero a fuggire da Basilea nottetempo, nella primavera del 1528, soprattutto dopo due episodi: la morte del suo protettore Frobenius e l'episodio della causa legale che aveva perso contro il canonico Cornelius von Lichtenfels, che si era rifiutato di pagargli una parcella: P. aggravò la sua situazione, insultando pesantemente i giudici favorevoli al prelato. P. si rifugiò ad Esslingen, poi a Colmar, in Alsazia, presso alcuni amici. Da qui, P. riprese il suo eterno pellegrinare fra la Germania, Svizzera e Austria, dove, nel 1538, si recò a Villach per trovare suo padre, salvo scoprire che l'anziano genitore era già morto quattro anni prima.

Lo stesso P., chiamato nel 1541 dal vescovo vicario di Salisburgo, Ernst di Wittelsbach (o di Baviera) (vescovo: 1540-1554), morì improvvisamente, a soli 48 anni, nella città austriaca il 24 settembre dello stesso anno. Sulle cause della sua morte le notizie sono purtroppo scarse e le ipotesi tante: morte naturale, collasso dopo una libagione esagerata, gravemente ferito dopo una colluttazione con sicari inviati dai suoi nemici.

Dal 1725 le sue ossa sono state riesumate e sepolte nel porticato della chiesa di San Sebastiano a Salisburgo.

Il pensiero medico filosofico

Il giudizio dei posteri delle capacità di P. come medico è variabile a causa del suo approccio molto singolare verso la medicina, di cui egli rifiutò il pensiero ufficiale aristotelico e galenico del tempo, rivolgendosi di più verso un concetto neo-platonico, ispirato da Marsilio Ficino (1433-1499). Infatti il complesso mondo medico-filosofico di P. non poteva non tenere conto che l'uomo era parte dell'universo e che le sue malattie erano solo una parte della sua vita. Per poter conoscere quindi questo mondo, P. si dedicò allo studio della Cabala cristiana, leggendo le opere di Johannes Reuchlin, e allo studio dell'alchimia, ma fece anche tesoro delle sue esperienze pratiche di medicina e di chimica farmaceutica.

Da tutto ciò, egli sviluppò una complessa cosmogonia, il cui principio era l'yliaster o hyaster, [da hýle (materia) e astrum (astro)], una forma di materia cosmica, popolata di entità, come ens astrorum (influenze cosmiche), ens veneni (sostanze tossiche), ens naturale et spirituale (difetti fisici o mentali) ed ens deale (malattie inviate dalla Provvidenza).

Eppure le sue intuizioni mediche rimasero insuperate per secoli, come l'uso rivoluzionario dei composti di mercurio, al posto del guaiaco, per combattere la sifilide (per questo, il suo studio in otto volumi sull'argomento fu messo all'Indice per anni), l'impiego di minerali contro la gotta, la descrizione ed eziologia esatta della silicosi, il valore curativo delle acque minerali, l'uso di tinture di erboristeria e di metodi omeopatici ante litteram.

Il pensiero religioso

Benché P. si mantenesse, almeno ufficialmente, cattolico per tutta la sua vita, egli tese verso un concetto d'illuminazione interna, cara ai mistici di tutte le correnti cristiane. I misteri di Dio nella creazione del mondo potevano, secondo P., essere utilizzati dal mago veramente pio. Era inoltre un millenarista e credeva inoltre nel miglioramento dell'uomo e nell'incremento della conoscenza, attraverso l'aiuto divino e la riscoperta della pietra filosofale, cosicché il mondo avrebbe potuto prepararsi per il Regno dei Santi dei Mille Anni (la cosiddetta quarta monarchia). Simili convinzioni le espresse il suo seguace Heinrich Khunrath.

Le opere

La maggior parte delle sue opere fu da lui dettata al pupillo preferito Johannes Oporinus (1507-1568) e pubblicata dopo la sua morte. Esse comprendono:

  • Archidoxae medicinae libri (1524), sull'alchimia.

  • Drei bücher von den Franzosen [Tre (diventati poi otto) libri sulla malattia francese (sifilide)] (1528).

  • Practica Theophrasti Paracelsi (1529), il primo libro pubblicato.

  • Das buch Paragranum (1529), sulla scienza magica.

  • Opus paramirum (1531), sull'uso magico e per scopi medici di erbe medicinali e farmaci.

  • Der grossen Wundartznei (Il grande libro della chirurgia)(1536), la sua opera più famosa.

  • Prognosticatio eximii doctoris Theophrasti Paracelsi (1536), contenente una serie di 32 profezie.