Oscar Arnulfo Romero nacque il 15 agosto 1917 a Ciudad Barrios (nella provincia salvadoregna di San Miguel), uno dei sette figli del falegname Santos Romero e della moglie Guadalupe de Jésus Galdamez, una famiglia di umili origini. Dopo aver studiato nel seminario di San Miguel tra il 1930 ed il 1937, egli fu mandato a Roma per frequentare la Pontificia Università Gregoriana, dove, nonostante la guerra in corso, si diplomò in teologia nel 1941. L’anno successivo, il 4 aprile, R. fu ordinato sacerdote, mentre proseguiva i suoi studi per potersi laureare in teologia, ma nel 1943 gli fu ordinato di rientrare in patria dal proprio vescovo. Il viaggio di ritorno fu particolarmente avventuroso: provenendo, con il confratello Rafael Valladares y Argumedo (1913-1961, dal 1956 al 1961 vescovo di Curubis, in El Salvador), da un paese fascista (l’Italia), fu arrestato a Cuba e internato in un campo di concentramento, per essere liberato solo diversi mesi dopo, a causa di problemi di salute.
Giunto finalmente in El Salvador, R. fu impiegato per un certo numero di anni come parroco di Anamoròs (nella parte orientale del paese), poi come segretario di monsignor Miguel Angel Machado y Escobar (1897-1983), vescovo di San Miguel (sempre nell’est del paese): qui egli organizzò gruppi apostolici, collaborò nella costruzione della cattedrale di San Miguel, e fu nominato rettore del seminario inter-diocesi in San Salvador.
Nel 1966 fu scelto come segretario della conferenza episcopale per El Salvador, e il 25 aprile 1970 divenne vescovo ausiliario dell’arcivescovo Luis Chavez y Gonzàlez (1901-1987), uno dei protagonisti della seconda assemblea del CELAM (Conselho Episcopal Latino-Americano = Consiglio episcopale latino-americano), tenutasi a Medellin, in Colombia, nell’agosto 1968, ma rispetto a Chavez, R. si allineava, a quel tempo, su posizioni sicuramente più conservatrici e ben lontane dalla spinta rinnovatrice, che proveniva dalla cosiddetta teologia della liberazione.
Nel dicembre 1975 R. fu nominato vescovo di Santiago de Maria (nel sud-est), e il 23 febbraio 1977, a sorpresa, ottenne la nomina ad arcivescovo di San Salvador, una decisione inizialmente gradita al governo militare del colonnello Arturo Armando Molina (n. 1927), che lo considerava erroneamente un prelato “amico”. Invece, la gestione della diocesi di Santiago de Maria, una delle più povere della nazione, gli aveva man mano aperto gli occhi su una situazione d’estrema indigenza e sfruttamento della popolazione locale. Fu soprattutto l’omicidio dell’amico e gesuita Rutilio Grande (1928-1977), avvenuto solo un mese dopo la nomina di R. ad arcivescovo, a colpire profondamente quest’ultimo ed a far sì che egli si schierasse con decisione a favore di deboli e poveri, denunciando le ingiustizie sociali, gli assassini ed il regime di terrore instaurato nel paese. La reazione della giunta militare non si fece attendere con una pesante repressione, culminata nell’uccisione di sei sacerdoti e nel massacro negli anni seguenti di più di 200 catechisti della zona di Aguilares (la parrocchia di Rutilio Grande).
All’estero, l’azione di R. fu comunque vista con grande favore e iniziarono a giungere dei riconoscimenti: fu, infatti, candidato al Nobel per la pace nel 1979 (ma il premio fu assegnato per quell’anno a Madre Teresa di Calcutta) e ricevette la laurea honoris causa a Lovanio (in Belgio) il 2 febbraio 1980, tuttavia permase una certa incomprensione con la gerarchia del Vaticano, che non si rendeva totalmente conto dell’esplosiva situazione del paese centro-americano, e il Papa Giovanni Paolo II (1978-2005) gli raccomandò perfino di non opporsi al governo di El Salvador.
Un mese e mezzo dopo il viaggio a Lovanio, il 24 marzo 1980, mentre celebrava una messa nella cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza, vicino alla sua cattedrale, R. fu ucciso da sicari aderenti ai famigerati Squadroni della Morte, su ordine del maggiore Roberto D’Aubuisson (1944-1992). Il fatto avvenne poco dopo l’omelia dell’arcivescovo, in cui aveva esortato i soldati alla disobbedienza ad ordini che violassero i diritti umani. Sei giorni dopo, in un’atmosfera di fortissima tensione, si tenne il suo funerale con la partecipazione di 250.000 persone, ma forze di sicurezza governative, durante la cerimonia, lanciarono bombe a mano tra la folla, mentre cecchini militari, travestiti da civili, sparavano nel mucchio, provocando 42 morti e centinaia di feriti. Nei dodici anni seguenti, si ebbe nel martoriato paese una vera e propria guerra civile, che registrò circa 80.000 vittime. Fece notizia, in particolare, nel novembre 1989, il massacro di sei gesuiti [tra cui il teologo della liberazione Ignacio Ellacurìa (1930-1989)] e di due donne.
Nel 1990 l’allora arcivescovo di San Salvador, monsignor Arturo Rivera Damas (1923-1994) (successore di R.) fece aprire una causa di beatificazione e canonizzazione per R., cui nel 1997 fu attribuito il titolo di “Servo di Dio”. Tuttavia il processo di beatificazione, a più di 25 anni dalla sua morte, non sta procedendo con la dovuta solerzia (pareva che fosse una questione di pochi mesi nel 2005), probabilmente anche per la nota opposizione (accusa smentita da fonti ufficiali del Vaticano) di Papa Benedetto XVI (2005-) alla teologia della liberazione sudamericana, della quale R. era considerato simpatizzante, sebbene non ne fosse mai stato un esponente attivo.