Blondel, Maurice (1861-1949)

Fare clic per visualizzare la foto

Maurice Blondel

 

I primi anni

Nato il 2 novembre 1861 a Dijon da una famiglia di nobili origini della Borgogna, il filosofo francese Maurice Blondel compì i suoi studi liceali a Dijon, manifestando un precoce interesse per la filosofia di Gottfried Leibniz (1649-1716), che seguì sotto l’insegnamento del filosofo Alexis Bertrand (1850-1922). B. poté poi approfondire lo studio del suo autore favorito all’università di Dijon fino al 1881, quando fu accettato all’École Normale Supérieure di Parigi, dove rimase fino al 1885 come allievo del filosofo cattolico Léon Ollé-Laprune (1839-1898). Per i successivi quattro anni, B. insegnò nei Licei di Chaumont, Montauban e Aix-en-Provence, ma nel 1889 egli prese un periodo sabbatico per preparare la sua tesi (e che diventò il suo scritto più famoso): L’Action (L’azione), discussa nel 1893 alla Sorbona, e che suscitò vivici polemiche.

L’Action

La tesi di B., dal titolo L’Action: essai d’une critique de la vie et d’une science de la pratique (L’Azione: saggio d’una critica della vita e d’una scienza della pratica), rappresenta la sintesi del pensiero filosofico di B. Il testo, complesso e ostico da leggere, è il più famoso dei suoi scritti e tratta, in cinque sezioni, del rapporto tra religione e filosofia. In realtà, il suo autore lo concepì solamente come un’introduzione al proprio sistema filosofico, che integrò e completò con i suoi scritti della maturità, vale a dire La Pensée (Il pensiero) del 1934, L’Être et les êtres (L’essere e gli esseri) del 1935, il rifacimento, in forma ampliata, della stessa L’Action nel 1936-37, ed infine La philosophie et l’Esprit Chrétien (La filosofia e lo spirito cristiano) del 1944-46.
L’Action ebbe comunque l’indesiderato effetto di subire violenti attacchi sia da parte dell’establishment cattolico, che lo accusò di ridurre il Cristianesimo ad una filosofia, sia dall’ambiente accademico, che, al contrario, gli contestò il tentativo di rendere religiosa la filosofia!

La carriera universitaria e gli ultimi scritti

Per due anni l’ostracismo nei suoi confronti fu totale, finché nell’aprile 1895 gli fu offerto un posto nell’università di Lille, e nel dicembre 1896 in quella di Aix-en-Provence, dove insegnò per oltre trent’anni, fino al 1927. Nei primi anni della sua carriera universitaria, B. fece diversi interventi scritti (con lo pseudonimo di Bernard de Sailly) sulla rivista Annales de philosophie chrétienne (Annali di filosofia cristiana), diretta dall’amico, il sacerdote oratoriano Lucien Laberthonnière, soprattutto, nel 1896, uno destinato a rintuzzare le polemiche: Lettre sur les exigences de la pensée moderne en matière d’apologétique et sur la méthode de la philosophie dans l’étude du problème religieux (Lettera sulle esigenze del pensiero moderno in materia di apologetica e sul metodo della filosofia nello studio del problema religioso), mentre su un’altra rivista, La Quinzaine, pubblicò nel 1904 lo scritto Histoire et dogme (Storia e dogma). Lui stesso diresse, dal 1905 al 1913, gli Annales de philosophie chrétienne, ma la condanna papale inflitta, nel 1907, al movimento del modernismo, dal quale peraltro B. si era sempre dissociato (prese anche le distanze dal fraterno amico Lucien Laberthonniére e questo portò alla rottura di un’amicizia quasi trentennale), e la messa all’Indice degli stessi Annales, consigliò al filosofo, che nel frattempo si era sposato con Rose Royer (da cui ebbe tre figli), un “profilo basso”, come si dice oggigiorno.
Solo dopo la morte della moglie nel 1919, ed una grave malattia alla vista, che lo rese quasi cieco nel 1927 e che lo costrinse al ritiro dall’attività accademica, B., oramai settantenne, ritornò alla pubblicazione negli anni ’30 dei suoi scritti filosofici (sopra descritti), che continuò con costanza fino alla sua morte, sopraggiunta il 4 giugno 1949 ad Aix-en-Provence.

Il pensiero

Per il filosofo francese, il principio essenziale dell’uomo è la volontà, che consta di due aspetti: la volontà volente (le aspirazioni dell’uomo, quello che egli vuole realizzare con le sue forze spirituali), contrapposta alla volontà voluta (il risultato ottenuto, precario e insoddisfacente, delle realizzazioni umane). Questa inadeguatezza tra le aspirazioni e le realizzazioni porta, secondo B., alla dialettica dell’azione (da cui il titolo L’Action della sua tesi), nella quale la volontà volente tende a trascendere continuamente la volontà voluta, in altre parole, l’uomo cerca permanentemente di migliorarsi, ma le determinazioni oggettive del mondo che lo circonda (il corpo, il mondo naturale, la famiglia, la patria, l’umanità) testimoniano dell’incapacità dell’uomo di giungere alla propria totale realizzazione con solo le sue forze spirituali. Egli necessita, a questo punto, dell’azione di Dio, perché possa “voler volere”, ma ciò avviene solo quando l’uomo trascende il modo finito per arrivare a Dio e all’infinito.
L’esigenza di Dio e la dimostrazione della sua esistenza si generano quindi proprio dalla limitatezza umana: questo metodo è denominato Sistema dell’immanenza, ed ha avuto un notevole influsso sui modernisti (come Laberthonniére), i quali credevano che i dogmi non avevano valore se non scaturivano dall’interno della coscienza umana.
Nelle sue opere più tarde, B. cambiò leggermente la propria teoria sulla realtà, affiancando all’azione anche l’essere infinito di Dio ed il pensiero come i tre aspetti della realtà complessiva naturale e soprannaturale.