Di Capua, (o De Capua) Pietro Antonio (o Pietrantonio o Piero Antonio), arcivescovo di Otranto (m.1579)

Introduzione

Pietro Antonio Di Capua fu un'esponente di una delle più illustri famiglie feudali del regno di Napoli, i Di (o De) Capua appunto, che in cinquecento anni di vita hanno dato alla storia 2 cardinali, 4 arcivescovi, diversi magistrati, un viceré, e numerosi e valenti uomini d'armi.

D. valdesiano

Nominato nel 1536, ancora giovane, arcivescovo d'Otranto, D. si accostò ai circoli evangelici, che gravitavano a Napoli intorno alla figura di Juan de Valdés, di cui egli condivise le dottrine e di cui fu a lungo discepolo. Dopo la morte del maestro spagnolo, assistito negli ultimi istanti proprio da D., quest'ultimo entrò a far parte del gruppo degli spirituali legati al cardinale inglese Reginald Pole e fu in contatto con alti prelati progressisti come Vittore Soranzo e Giovanni Morone e famosi personaggi come Pietro Carnesecchi. Inoltre introdusse negli ambienti valdesiani l'umanista Michele Bruto e protesse il predicatore ortodosso Fra Angelo da Messina (Ludovico Manna), raccomandatogli da Carnesecchi, e che fu da lui impiegato come lettore della Sacra Scrittura nel duomo di Otranto, tuttavia, in seguito, dovette licenziarlo per aver espresso idee un po' troppo radicali. Infatti col passare degli anni i componenti del gruppo evangelico di Valdés e Pole vennero sempre più stretti nella morsa dell'Inquisizione e neanche il giovane arcivescovo d'Otranto, nonostante l'appoggio di influenti famiglie aristocratiche, poté sfuggire a questa persecuzione.

All'inizio degli anni '50, a causa delle sue idee religiose, la nomina a D. a cardinale fu più volte rinviata da parte del papa Giulio III (1550-1555), pressato dagli alti vertici del Sant'Uffizio che ne chiedevano la messa in stato d'accusa e l'abiura, e, sebbene nel 1554 lo stesso Giulio III dichiarasse che D. era caduto nell'eresia "per piacerli troppo l'ingegno suo, per confidarsi troppo nella sua prudentia, per la conversione del Valdesio et altri eretici et per credersi di acquistare nome di dotto con interpretare al riverscio le Scritture", solo grazie le potenti protezioni da parte degli Asburgo e dei Gonzaga, con i quali D. era imparentato (era cognato di don Ferrante Gonzaga), il papa impose comunque all'Inquisizione di astenersi da ogni ulteriore procedimento contro l'arcivescovo di Otranto. Ma D. rimase sempre al centro di indagini dell'Inquisizione ed in seguito all'elezione di Papa Paolo IV (1555-1559), fu arrestato a Roma nel 1558, e l'unica cosa che lo salvò da un successivo processo per eresia fu la fuga nel regno di Napoli.

Ritorno al cattolicesimo

Solo durante il papato di Pio V (1566-1572), si concluse, in tutta segretezza, la partita con un benevolo procedimento extragiudiziale, che favorì il ritorno dell'arcivescovo d'Otranto nel grembo della Chiesa Cattolica. Nel settembre 1567, a conferma di questa sua ormai completa adesione all'ortodossia, egli si fece notare per aver inserito alcune norme di riforma [scaturite dal Concilio di Trento (1545-1563)] a proposito dei sacramenti del battesimo, della cresima e della estrema unzione, negli ordinamenti del suo sinodo provinciale con la precisa intenzione di ridurre all'obbedienza i sacerdoti delle minoranze greche del Salento, che adottavano riti ortodossi, prevedendo la loro possibile estromissione dal corpo capitolare delle proprie rispettive parrocchie, nel caso che avessero perseverato ne "l'antica consuetudine conservata presso di loro" di perpetuare "l'antico errore della Chiesa Costantinopolitana". D. morì nel 1579.