Carnesecchi, Pietro (1508-1567)

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Domenico Ubaldini, detto Puligo: Pietro Carnesecchi

(Uffizi - Firenze)

I primi anni

Pietro Carnesecchi nacque a Firenze nel 1508 da un agiato mercante e grazie alla protezione della famiglia dei Medici, divenne segretario pontificio e protonotario apostolico sotto il papato del concittadino Clemente VII (Giulio de' Medici) (1523-1534), mantenendo relazioni con un gruppo di cardinali e vescovi, che avrebbero caratterizzato le posizioni riformiste italiane, cioè Giovanni Morone, Reginald Pole, Pier Paolo Vergerio e Vittore Soranzo.

Alla morte del Papa, suo gran protettore, C. si accostò alle posizioni riformiste di Bernardino Ochino, frequentando, intorno al 1540, i circoli evangelici napoletani, fondati da Juan de Valdès, assieme a Pier Martire Vermigli, Marcantonio Flaminio, Benedetto Fontanini da Mantova, Giovanni Bernardino Bonifacio e Ludovico Manna. In seguito alla morte di Valdès nel 1541, si costituì il Circolo di Viterbo, attorno alla figura del cardinale Reginald Pole, colui che, per un solo voto, non sarebbe diventato papa nel 1549. C. e Flaminio furono tra i membri più attivi del Circolo, che predicava un ritorno alla fonte dei Vangeli e la libera interpretazione dei propri rapporti con Dio di tutti i fedeli.

Le prime inchieste e il periodo francese

Nel 1543 il protonotario si stabilì a Venezia, dove promosse attivamente gli scritti di Valdès. Per questo C. fu inquisito nel 1546 per ordine di Papa Paolo III (1534-1549), che però gli concesse l'assoluzione extragiudiziale.

Nel 1547 egli si trasferì in Francia, in qualità, fra l'altro, di diplomatico al servizio del duca Cosimo I de' Medici (duca di Firenze: 1537-1569 e granduca di Toscana: 1569-1574) e vi risedette per cinque anni, fino al 1552, sotto la protezione della regina Caterina de' Medici (1519-1589, regina di Francia dal 1547), cugina di Cosimo.

Qui mantenne rapporti epistolari con l'amico Flaminio, con la contessa Giulia Gonzaga, e con Pier Paolo Vergerio, anche dopo la fuga di quest'ultimo in Svizzera nel 1549, ed allacciò inoltre stretti contatti con gli ugonotti francesi e con la principessa Margherita di Valois [figlia del re Enrico II (1547-1559) e di Caterina de' Medici], le cui nozze con il protestante Enrico di Borbone e Navarra scatenò la famosa notte di San Bartolomeo (23 agosto 1572), l'atroce massacro dei protestanti a Parigi e in Francia.

Nel 1550 morì Flaminio, lasciando in eredità a C. i suoi ultimi scritti evangelici, dal titolo De rebus divinis carmina, fatti pubblicare, con dedica a Margherita di Valois, da C. in Francia nello stesso anno. Nell'autunno 1552 C. partì per rientrare in Italia, ma svernò a Lione, dove fu raggiunto dal senese Lattanzio Ragnoni, poi diventato pastore della Chiesa Riformata Italiana a Ginevra, il quale cercò inutilmente di convincere C. a trasferirsi a Ginevra.

C. nicodemita

Rientrato in Italia, a Venezia, egli, mantenendo un rigoroso nicodemismo, promosse nella città lagunare una comunità clandestina (conventicola) di calvinisti, che non fu scoperta se non nel 1565: ne faceva parte Andrea del Ponte, fratello del futuro doge di Venezia, Niccolò del Ponte (1578-1585).

Facendo così C. visse relativamente indisturbato durante il papato di Giulio III (1550-1555), ma i guai iniziarono sotto Paolo IV (1555-1559), il famigerato ex inquisitore cardinale Giovanni Pietro Carafa. A causa della severità della repressione contro la Riforma in Italia, C. fu perfino tentato di rifugiarsi nuovamente in Francia e venne infatti inquisito per eresia nel 1559. In quest'ultima circostanza il C. fu anche condannato a morte in contumacia, ma si salvò restando a Venezia.

Alla morte di Paolo IV, durante il pontificato di Pio IV (1559-1565), un altro papa della famiglia dei Medici, come Clemente VII, egli fu assolto dalle precedenti accuse grazie all'intervento della regina madre di Francia, Caterina de' Medici, che non mancò di fornire il suo appoggio, intercedendo presso il Papa per un'assoluzione del C. Ma, alla morte di Pio IV (1565), successe sul trono pontificio un altro ex inquisitore e acerrimo nemico del C., il cardinale Michele Ghisleri con il titolo di Pio V (1566-1572).

Il processo e la morte

Nel frattempo il C. si era trasferito da Venezia a Firenze sperando nella protezione dei Medici, ma il decesso della fraterna amica di sempre Giulia Gonzaga il 16 aprile 1566 mise totalmente nei guai C.: infatti alla morte della contessa, gli inquisitori trovarono, tra i suoi documenti, un vasto carteggio fra C. e Giulia Gonzaga e altri riformatori, e questo permise a Pio V di richiedere, il 26 giugno 1566, a Cosimo de' Medici l'arresto dell'ex protonotario di Clemente VII.

C. fu quindi arrestato e consegnato all'Inquisizione: nulla poté la nuova intercessione di Caterina de' Medici. C. fu inutilmente torturato per ottenere notizie compromettenti sul cardinale Morone, mentre gli inquisitori riuscirono almeno a sapere da lui il nome dell'autore del Beneficio di Christo, cioè Benedetto Fontanini da Mantova. Infine l'ex protonotario subì un processo conclusosi il 21 settembre 1567, in seguito al quale fu prima decapitato e poi arso sul rogo a Ponte Sant'Angelo il primo ottobre dello stesso anno.

Curiosità

Del Carnesecchi, esistono due ritratti: uno eseguito dal noto pittore Sebastiano del Piombo nel 1530 (o 32), attualmente esposto alla Pinacoteca di Parma e uno del Puligo (Domenico Ubaldini) alla Galleria degli Uffizi a Firenze.