Il medico Marcello Squarcialupi, nato a Piombino nel 1538, prima della conversione alla dottrina riformista, divenne noto per un trattato, scritto nel 1565, sulla prevenzione dalla peste, dal titolo Difesa contra la Peste, che dedicò al capitano di ventura Camillo Castiglione (1520-1598).
Verso la fine degli anni '60, S. decise di emigrare nei Grigioni, a Piuro, per motivi religiosi, anche se la sua fede non è di facile collocazione: è stato bollato dagli studiosi come antitrinitario, tuttavia, secondo lo storico Delio Cantimori, pare più semplicemente un'anima irrequieta in cerca di fortuna. Comunque nei Grigioni, nel 1571, parteggiò per le fazioni più radicali (anabattisti e antitrinitari) e, nello stesso tempo, si mantenne in contatto con illustri personaggi dell'epoca, come il medico e studioso di Basilea, Theodore Zwinger (1533-1588) e con Rudolf Gwalther (1519-1586), successore di Heinrich Bullinger, come capo della Chiesa di Zurigo.
Dal 1573 S. intraprese un viaggio in Moravia, dove rimase fino al 1576 abitando a Trebitsch e a Paskov (ospite di Andrea Dudith-Sbardellati) ed esercitando la professione di medico. Qui egli tentò inutilmente di farsi accettare nella comunità dei Fratelli Boemi e a riguardo scrisse una professione di fede ortodossa in termini cristologici e trinitari, ma non riuscì mai a superare una notevole diffidenza nei suoi confronti.
Dopo un breve rientro in Valtellina nel 1577, si trasferì l'anno dopo in Polonia, a Breslavia, presso il medico imperiale Johannes Crato von Crafftheim (1519-1585), con cui (oltre che con Niccolò Buccella e con Giovanni Michele Bruto) era già in comunicazione epistolare dalla Moravia. Tuttavia, poco dopo, lo troviamo in Transilvania, come medico della corte del voivoda Istvàn (Stefano) I Báthory (1571-1586). Qui conobbe e divenne amico di Giorgio Biandrata, con il quale non condivise le dispute dottrinali, allineandosi comunque con il suo pensiero almeno una volta, cioè quando nel 1581 scrisse una lettera a Fausto Socini per richiamarlo ad abbassare i toni della polemica, che oltretutto danneggiava l'immagine degli esuli italiani.
S., d'altra parte, mantenne comunque buone relazioni con i gesuiti locali a tal punto che nel 1584 il rettore del collegio di Cluj fu perfino convinto di riuscire a riportarlo nell'ambito del Cattolicesimo.
Stanco e deluso dell'ambiente di Gyulafehérvár (Alba Julia), non più corte ufficiale di Stefano Bàthory, da quando, nel 1575, questi era stato nominato re di Polonia (re: 1576-1586), S. ottenne nel 1585 da Báthory stesso una piccola somma per portare la moglie malata indietro nei Grigioni, dove risedette, a Poschiavo, fino al 1586. In quell'anno si trasferì in Polonia, dove, a Cracovia, prese parte alle polemiche scaturite in seguito alla morte del re Stefano Bàthory. Infatti il medico Simone Simoni, astioso e invidioso del successo di Buccella, medico ufficiale di corte, non esitò a formulare la gravissima accusa della responsabilità di quest'ultimo nella morte del sovrano. La polemica tra i due coinvolse anche il S., amico di Buccella, che il toscano difese in un suo violento libello, accusando il Simoni di ateismo, epicureismo e religione della natura. S. morì poco dopo, probabilmente nel 1592, o, secondo altre fonti, nel 1599.
Dal punto di vista religioso, non è chiaro se S. possa essere considerato un vero antitrinitario, mentre, come scienziato e ammiratore di Marsilio Ficino (1433-1499), S. era favorevole allo studio della natura senza implicazioni aristoteliche, e in occasione del fenomeno celeste della cometa apparsa nel 1577, ingaggiò una lotta dialettica contro le interpretazioni soprannaturali dei teologi e le astuzie metafisiche degli astrologi.