Amaury (Amalrico) di Bène (o Bennes) (m. ca. 1207) e amalriciani

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Un manoscritto medioevale, che ritrae una predica di Amaury di Bène davanti ai suoi discepoli

 

La vita ed il movimento amalriciano

Amaury di Bène, filosofo e teologo francese, insegnò all'Università di Parigi alla fine del XII secolo. Si sa pochissimo della sua vita, se non che nel 1205, A. fu scomunicato da Papa Innocenzo III (1198-1216) e costretto ad una pubblica abiura per le sue idee eterodosse.

Tuttavia, solo dopo la morte (forse per avvelenamento) di A. nel 1207 ca., le idee dei suoi seguaci, detti amalriciani, vennero perseguitate più sistematicamente da parte della Chiesa. Alcuni autori tendono a far coincidere questo gruppo di eretici con un movimento di più vaste proporzioni, denominato Fratelli del Libero Spirito, fondato nella seconda metà del XII secolo e che prendeva ispirazione dagli scritti di Gioacchino da Fiore. Gli amalriciani e i Fratelli del Libero Spirito probabilmente influenzarono, a loro volta, il movimento dei Begardi e delle Beghine.

I fondatori del movimento amalriciano erano A. stesso e un certo Guglielmo Alifax. Quest'ultimo fu arrestato nel 1210 assieme a 13 altri prelati, in seguito alla denuncia di una spia, tale Mastro Rodolfo, mandata dal vescovo di Parigi, Odo Sully (noto, fra l'altro, per aver proibito il gioco degli scacchi al clero nel 1208). I sospettati furono processati durante un sinodo a Parigi, durante il quale 3 di essi abiurarono, mentre gli altri, compreso Guglielmo, furono bruciati sul rogo.

Stessa fine fecero gli scritti di A., mentre la sua salma fu riesumata e i resti vennero dispersi.

Nel 1215 al IV Concilio Lateranense, le teorie degli amalriciani furono definitivamente condannate come eretiche.

La dottrina

A., come Davide di Dinant, insegnava un credo di tipo panteistico e neoplatonico, che prendeva ispirazione direttamente da Giovanni Scoto Eriugena: in particolare essi credevano che Dio fosse compreso in tutte le cose: Egli era, cioè, l'essenza di tutto ciò che esisteva.

Nel 1225  al Concilio di Sens, convocato da Papa Onorio III (1216-1227), l'ennesima condanna degli amalriciani coinvolse gli scritti di Scoto Eriugena: in particolare il suo libro, il De divisione naturae fu bruciato e Scoto stesso condannato postumo, ben 300 anni dopo la sua morte.

Gli amalriciani mischiarono poi le teorie di Gioacchino da Fiore con quelle del loro caposcuola, proclamando che l'era dello Spirito Santo, profetizzata dal mistico calabrese, era già iniziata e che quindi, poiché Dio era compreso in ogni cosa, una volta raggiunta la conoscenza di Dio e diventati un tutt'uno con Lui, non era più possibile peccare.

Conseguentemente non era neanche necessario seguire precetti morali o ecclesiastici di qualsiasi tipo. Fu facile, quindi, ai loro avversari cattolici di accusare gli amalriciani di perversioni sessuali sfrenate e crimini di ogni genere, sicuri che esistesse più neppure il concetto di peccato.