Fanini, Fanino (o Fannio, Camillo) (ca. 1520-1550)

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Cartello stradale della Via Fanino Fanini a Faenza

La vita

Fanino Fanini (o Camillo Fannio) nato a Faenza nel 1520 circa da un'agiata famiglia di fornai, era il primogenito dei tre figli di Melchiorre Fanini (m. 1546) e Chiara Brini. Nel 1542 F. sposò Barbara Baroncini, da cui ebbe due figli, Giovanni Battista e Giulia, ed intraprese il mestiere di famiglia, ma poco dopo iniziò ad interessarsi alle idee calviniste, probabilmente in seguito alla lettura del Beneficio di Christo di Benedetto Fontanini da Mantova e della Tragedia intitolata libero arbitrio di Francesco Negri da Bassano, e, dopo la conversione, si diede ad un'intensa attività di propaganda.

Fu arrestato nel 1547 e processato dall'inquisitore Alessandro da Lugo, ma fu liberato "per pietà" e bandito da Faenza e dallo Stato della Chiesa. Tuttavia F. rimase in Romagna e, associatosi agli evangelisti Barbone Morisi, Giovan Matteo Bulgarelli, Alessandro Bianchi e Nicola Passerino, fece una massiccia propaganda calvinista a Lugo, Imola e Bagnacavallo, dove gli evangelisti fecero proselitismo perfino nel convento femminile di Santa Chiara.

I punti principali delle prediche semplici, ma efficaci, di F. furono la negazione dei sacramenti dell'Eucaristia e dell'Ordinazione, della messa e dell'intercessione dei santi, della recita del rosario e della pratica del digiuno, ma a Bagnacavallo il 27 febbraio 1549 F. fu arrestato per la seconda volta e recluso nella rocca di Lugo per diciotto mesi, ed in seguito trasferito a Ferrara per il processo. Tuttavia immediatamente dopo l'arresto, il cardinale Alessandro Farnese (1520-1589), nipote del Papa Paolo III (1534-1549), chiese l'estradizione del prigioniero a Roma: era l'inizio di un lungo tira e molla tra il papato e il duca di Ferrara Ercole II d'Este (1543-1559), geloso della sua autonomia giudiziaria. Anche durante il processo, il duca riuscì infatti a far affiancare l'inquisitore di Ferrara Girolamo Papino da un domenicano, un francescano, ma soprattutto da tre giudici "laici" nominati dalla corte ducale.

Il processo, comunque, si concluse il 25 settembre 1549 con la condanna al rogo di F., eppure il duca fu notevolmente recalcitrante nel far eseguire la sentenza, anche per una inusitata corsa alla solidarietà con tentativi di far liberare il fornaio faentino da parte di illustri personaggi dell'epoca, come il famoso capitano di ventura Camillo Orsini (1491-1559), la nuora Lavinia Franciotti della Rovere Orsini e Olimpia Morato: le ultime due, probabilmente sollecitate dalla duchessa Renata, moglie di Ercole II, cercarono di intercedere presso il duca nella primavera 1550 e visitarono il prigioniero in carcere per portargli l'elemosina della duchessa.

Perfino Renata in persona cercò di intervenire presso il marito, tuttavia essendo già in odore di eresia calvinista (sarebbe stata poi relegata nel palazzo di San Francesco, denominata per questo Palazzo della Duchessa), il suo tentativo fu vano, se non ulteriormente compromettente per la sua posizione a corte.

Dopo l'elezione del nuovo papa, Giulio III (1550-1555) nel febbraio 1550, il duca fu fatto oggetto di pressioni e ricatti da parte del famigerato inquisitore cardinale Giovanni Pietro Carafa, poi Papa Paolo IV (1555-1559): Carafa alluse che se Ercole non avesse acconsentito all'esecuzione di F., l'Inquisitore Generale avrebbe aperto un procedimento contro la duchessa Renata d'Este. A questo punto, per scaricarsi la responsabilità, Ercole si fece mandare da Giulio III un breve di autorizzazione alla condanna a morte di F.: il povero fornaio, nonostante un tentativo della moglie e dei figli di convincerlo ad abiurare, fu giustiziato mediante impiccagione, seguita dal rogo, a Ferrara il 22 agosto 1550.

Le reazioni all'esecuzione

F. fu subito eletto ad esempio di martire protestante da parte di diversi riformatori, come Francesco Negri, che scrisse nel 1550 De Fanini faventini ac Dominici bassanensis morte (..) in merito all'esecuzione capitale del fornaio di Faenza e di Domenico Cabianca da Bassano, conterraneo di Negri. Il predicatore agostiniano, passato alla Riforma, Giulio Della Rovere esaltò la figura di F. nella seconda edizione della sua popolare Esortazione alli dispersi per l'Italia, titolo poi modificato in Esortazione al martirio, testo in cui spingeva i potenziali martiri della fede riformata ad affrontare la morte.

Anche all'estero, e più precisamente a Ginevra, la vita ed il martirio di F. furono descritti nel martirologio calvinista Actiones et monimenta martyrum e nelle Icones di Théodore de Bèze.