Della Rovere, Giulio (Giulio da Milano) (1504-1581)

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La chiesa evangelista di Poschiavo, dove Giulio della Rovere fu pastore dal 1547 al 1581

Famoso predicatore agostiniano passato poi alla Riforma, Giulio (il vero nome di battesimo era Giuseppe: lo cambiò in Giulio quando entrò nell'ordine agostiniano) Della Rovere nacque nel 1504 a Milano da una stimata famiglia e studiò a Padova, dove conobbe Ambrogio Cavalli, che frequentò anche a Bologna.

Tra il 1520 ed il 1522 D. entrò nell'ordine degli agostiniani eremitani e a Bologna fece parte del convento agostiniano di San Giacomo Maggiore, dove poté approfondire i suoi studi del pensiero di Erasmo da Rotterdam, assieme ai concittadini milanesi Ortensio Lando e Ambrogio Cavalli, all'umanista abruzzese Giovanni Angelo Odoni e allo studente di diritto Fileno Lunardi (che alcuni identificano con Camillo Renato). In seguito, tra il 1533 ed il 1535, conobbe a Pavia Agostino Mainardi, un incontro decisivo per la scelta di fede in senso riformista, che si notò sempre di più nelle sue prediche. Nel 1538 fu messo sotto inchiesta e nel 1540, per contrasti con il padre generale dell'ordine, egli si dimise dagli incarichi ufficiali dell'ordine agostiniano assieme a Cavalli, priore del suo stesso convento.

Infine, in seguito alle sue prediche a Trieste e a Venezia, nella chiesa di San Cassan, per la Quaresima del 1541, venne arrestato a Venezia stessa. Quest'arresto portò inoltre alla perquisizione della biblioteca privata di D. e dell'amico Celio Secondo Curione (che viveva in casa di D.) e la confisca di scritti proibiti di Erasmo da Rotterdam e del riformatore svizzero Heinrich Bullinger.

Nonostante le vibrate proteste di Bernardino Ochino e la tentata intercessione di alcuni nobili della repubblica veneta (per citarne alcuni: Agostino Barbarigo, Girolamo Corner, Alessandro Gritti), egli venne accusato di mantenere rapporti con altri dissidenti religiosi in Italia e all'estero. D. poté quindi scampare all'esecuzione capitale solo mediante l'abiura, ma, in seguito, riuscì a fuggire dal carcere nel febbraio 1543, riparando in Svizzera, dove fu segnalato, il 23 aprile 1543, dal predicatore di Ulm, Martin Frecht (1494-1556) al sindaco di San Gallo, l'umanista Joachim von Watt, detto Vadiano (1484-1551).

Qui diventò pastore zwingliano nel 1546 a Vicosoprano e nel 1547 a Poschiavo, nel cantone Grigioni (il cui territorio comprendeva, dal 1512, anche la Valtellina), dove rimase fino alla sua morte e dove scrisse nel 1549 (pretendendo di averla pubblicata a Trento, un evidente simbolo contro il Concilio, che si tenne dal 1545 al 1563) la popolare Esortazione alli dispersi per l'Italia, titolo poi modificato in Esortazione al martirio (la seconda edizione del 1552 conteneva un'apologia della figura di Fanino Fanini), testo in cui spingeva i potenziali martiri della fede riformata ad affrontare la morte e in cui polemizzò violentemente con Giorgio Siculo (alias Giorgio Rioli) e con i suoi seguaci, da D. stesso definiti, per la prima volta, "georgiani". La polemica riguardò in particolare la propensione al nicodemismo di questo curioso e misterioso personaggio. Dal suo esilio ben organizzato nei Grigioni, D. poté propagandare i propri scritti evangelici e le proprie prediche attraverso i buoni uffici dello stampatore Dolfino Landolfi di Poschiavo, che si recava spesso in Italia per acquistare la carta da stampa.

Allacciò contatti epistolari con la duchessa di Ferrara Renata d'Este (alla quale fu dedicata un'Epistola contenuta nell'edizione del 1552 dell'Esortazione), nota protettrice di riformati e riuscì perfino a visitarla clandestinamente, durante la Quaresima del 1550, quando poté tenere una quindicina di predica al ristretto gruppo di protestanti, che gravitavano intorno alla duchessa.

Nel 1549 D. conobbe a Poschiavo Pier Paolo Vergerio, da cui fu fortemente influenzato e che accolse con entusiasmo, quando l'ex vescovo di Capodistria si recò in esilio in Svizzera, mentre nel 1554 scrisse a Bullinger per informarlo e metterlo in guardia contro le tendenze antitrinitariane di Lelio Sozzini.

Della Rovere morì nel 1581.