Arceo, Sergio Mendez (1907-1992)

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Sergio Mendez Arceo

Sergio Mendez Arceo nacque il 28 ottobre 1907 a Tlalpan, (nello stato messicano di Michoakàn) da una famiglia borghese. Da giovane, dopo un iniziale interesse per la matematica, decise di seguire la vocazione religiosa: partì dunque nell’ottobre 1927 per Roma, dove soggiornò presso il Collegio Pio Latino Americano e dove frequentò l’Università Gregoriana. A. fu ordinato sacerdote nella cappella del Colegio Inglés, a Roma, il 28 ottobre 1934.

Al rientro in patria, si dedicò all’insegnamento fino all’undici marzo 1952, quando fu consacrato vescovo di Cuernavaca (nello stato messicano di Morelos): all’inizio della carriera il suo pensiero teologico si poteva definire conservatore, ma in seguito si allineò su quelle posizioni progressiste, che anni dopo avrebbero caratterizzato la teologia della liberazione. Ed, in effetti, A. assistette e collaborò alla fondazione nel 1955 a Rio de Janeiro del CELAM (Conselho Episcopal Latino-Americano = Consiglio episcopale latino-americano), che richiamò, durante il Concilio Vaticano Secondo (1962-1965), ad una maggiore attenzione ai problemi sociali.
Inoltre il prelato messicano stupì molti con audaci aperture verso categorie di “non-cattolici” e forme di pensiero “eretico”, come testimoniano i seguenti episodi, risalenti agli anni ‘60:

  1. Nel 1962 fece distribuire alla diocesi 10.000 copie della bibbia e altre 30.000 del Nuovo Testamento. Poiché non c’erano sufficienti copie cattoliche, A. ottenne da Papa Giovanni XXIII (1958-1963) il permesso di poter usare una versione protestante, disponibile in un maggior numero di copie.
  2. Il suo ecumenismo era ben radicato anche prima del Concilio Vaticano Secondo: a maggior ragione, dopo la fine di quest’ultimo, egli prese a considerare tutti i cristiani come membri della stessa chiesa e decise, dal 1966 in avanti, di dedicare all’unità cristiana la penultima settimana di gennaio (è indicativo che precedentemente questa settimana fosse stata dedicata alla preghiera per il ritorno alla Chiesa cattolica degli altri cristiani). Nello stesso tempo si moltiplicarono i suoi appelli all’unità con i protestanti.
  3. Durante il Concilio Vaticano II, egli perorò la causa della riconciliazione con la massoneria, più volte condannata dalla Chiesa cattolica.

  4. Anche nei confronti della psicoanalisi, mostrò una notevole lungimiranza, permettendo al benedettino belga (emigrato in Messico) Grégoire (o Gregorio) Lemercier (1912-1988) di introdurre l’uso della psicoanalisi nel suo convento di Santa Maria della Resurrecciòn (a Cuernavaca, in Messico) nel 1961. Dopo la decisione del Vaticano di chiudere il convento nel settembre 1967, A. permise a Lemercier, che aveva nel frattempo abbandonato la tonaca, di utilizzare i locali dell’ex convento per fondare il suo Centro Psicoanalitico Emmaus.
  5. Sempre nel 1961, A. sponsorizzò la fondazione a Cuernavaca del Centro Intercultural de Documentaciòn (CIDOC) del sacerdote croato Ivan Illich, che esercitò un’influenza decisiva nei cambiamenti della chiesa latinoamericana.

Tutte queste iniziative di A. scandalizzarono l'episcopato messicano: il prelato fu invitato a comparire davanti al Sant'Uffizio a Roma, ma rifiutò di rispondere alle domande "indegne per un vescovo", ed in una successiva udienza con Paolo VI egli chiarì i malintesi con il Papa.
Tuttavia il suo impegno politico di sinistra negli anni ’70 gli valse il soprannome di “vescovo rosso”: a parte le prese di posizioni a favore dei poveri e nei conflitti operai e studenteschi, nel 1972 A. partecipò al 1° Incontro dei Cristiani per il Socialismo, a Santiago del Cile, ebbe rapporti d’amicizia con i vescovi cubani e, soprattutto, con Fidel Castro (che non dimenticava mai di fornirlo di sigari cubani!).

Un altro punto di critica da parte della gerarchia ecclesiastica fu un certo “lassismo” di A. nei confronti della crescente presenza del protestantesimo nella sua diocesi, soprattutto nelle aree rurali, meno seguite dal vescovo, più interessato ai problemi urbani di operai e studenti. Va però ribadito, come abbiamo già detto, che il vescovo era favorevole all’ecumenismo e, nei suoi discorsi, aveva sempre fatto capire che il protestantesimo era comunque un’opzione accettabile. Quando poi, nel 1977, egli decise di celebrare il 25° del suo episcopato, viaggiando e visitando ogni parte della diocesi di Cuernavaca, con l’intento di riconquistare settori della Chiesa, passati alla “concorrenza”, egli si rese conto della popolarità della teologia protestante, anche come forma di protesta contro lo scarso interesse mostrato da A. verso l’evangelizzazione nelle aree rurali.

Del resto si sa che, per A., la priorità non era battere la concorrenza del protestantesimo, ma la diffusione della teologia della liberazione, intesa in senso rivoluzionario, della quale egli stava diventando una delle figure chiave. A riguardo, il 12 febbraio 1978 egli lesse, durante la messa a Cuernavaca, una dichiarazione a favore della rivoluzione cubana, e in Nicaragua dichiarò il suo impegno di rivoluzionario. Come presidente del Tribunale dei Popoli, inoltre, scrisse ai vescovi degli Stati Uniti d'America, dopo l'invasione americana dell’isola di Granada, per criticare pesantemente l’accaduto.

Nel marzo 1980 egli assistette ai funerali dell’arcivescovo di San Salvador, Oscar Arnulfo Romero, assassinato da sicari aderenti ai famigerati squadroni della morte, Da quel momento, riferendosi al martire, lo chiamò sempre “santo".
L’anno successivo, il 17 aprile 1981, emise, primo fra tutti i prelati, un decreto di scomunica per coloro che praticassero atti di tortura.
Il 28 dicembre 1982, infine, A. lasciò la sede episcopale e si ritirò nella cittadina nahua di Ocotepec, dove, come un comune parroco, celebrò regolarmente la messa nella parrocchia e prese a cuore la condizione dei piccoli villaggi dei dintorni.
A. morì il 5 febbraio 1992.