De Dominis, Marco Antonio, arcivescovo di Spalato (ca. 1560-1624)

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L'arcivescovo Marco Antonio De Dominis

 

D. scienziato

L'ecclesiastico e scienziato dalmata Marco Antonio De Dominis nacque nel 1560 circa (altre fonti citano il 1566) sull'isola di Arbe, in Dalmazia, da una nobile e agiata (il padre era un avvocato) famiglia veneziana.

Fu educato dai Gesuiti nel collegio illirico di Loreto e all'università di Padova, ma le fonti discordano sul fatto che fosse poi entrato successivamente nell'ordine: secondo alcuni ne fu dissuaso dal cardinale Ippolito Aldobrandini, il futuro Papa Clemente VIII (1592-1605). Dopo aver completato i suoi studi a Verona, D. divenne nel 1588 professore di matematica a Padova e nel 1590 professore di retorica, logica e filosofia a Brescia, ma fu soprattutto il periodo padovano a potargli notorietà per i suoi studi nel campo dell'ottica, sulla teoria del telescopio e sul fenomeno dell'arcobaleno. Il suo trattato in merito Tractatus de radiis visus et lucis in vitris, perspetives et iride, pubblicato nel 1611, fu citato, molti anni dopo, da Isacco Newton (1642-1727) nel suo lavoro Optics.

D. arcivescovo di Spalato

Nel 1596, grazie all'influenza dell'imperatore Rodolfo II (1578-1612), D. fu nominato vescovo di Segna (Zengg), e, nel 1600, di Modrus (ambedue in Dalmazia), ma soli due anni dopo, nel novembre 1602, fu trasferito a Spalato per diventare, dopo 200 anni di dominio veneziano, il primo arcivescovo di Spalato nato in Dalmazia, oltre che Primate della Dalmazia e Croazia.

Dopo un iniziale periodo positivo del suo mandato, D. entrò in conflitto con i suoi sottoposti, come il vescovo di Traù (Trogir), ma soprattutto si mise nei guai, prendendo le parti di Venezia nel 1606 durante la polemica in atto tra la Serenissima e il Papa Paolo V (1605-1621), che voleva anteporre la sua autorità alle leggi veneziane. Il conflitto era stato scatenato dal famoso fra' Paolo Sarpi (1552-1623), che aveva perfino meditato di far passare la città alla Riforma. Infatti, in seguito all'interdetto lanciato sulla città da parte del papa Paolo V il 17 luglio 1606, Sarpi aveva studiato questa clamorosa possibilità, tuttavia non se ne fece niente perché le vere motivazioni di Sarpi erano più politiche (contro lo strapotere del papato di Roma) che dottrinali (a favore della Riforma).

D. non solo, come si è già detto, prese le parti di Venezia, ma divenne amico ed ebbe una fitta corrispondenza con il Sarpi, e inoltre attraverso i propri studi di diritto canonico, storia della Chiesa e teologia dogmatica, si rese man mano conto, come lui stesso raccontò nel suo Consilium profectionis, che il sistema papale era ben lontano dall'ideale di una vera Chiesa Cattolica.

Esilio in Svizzera e Inghilterra

Da queste sue convinzioni derivò la decisione, dopo un'inutile visita a Roma per vedere il papa Paolo V, di rassegnare dal ruolo di arcivescovo di Spalato nel settembre 1616 e di riparare inizialmente in Svizzera, nonostante un perentorio invito a presentarsi a Roma per spiegare la propria posizione soprattutto dopo che iniziarono a girare le voci che D. stava scrivendo un testo fortemente antipapale. Questa spiegazione la fornì invece al governo veneziano in una lettera, in cui scrisse che voleva dire sì solo la verità, ma che temeva la rappresaglia dell'Inquisizione.

Quindi, dopo aver avuto assicurazioni da parte dell'ambasciatore inglese a Venezia, Sir Henry Wotton, su una sicura e positiva accoglienza in Inghilterra, D. decise dalla Svizzera di recarsi nel Regno Unito, passando da Heidelberg, dove scrisse il libello antipapale Scogli del naufragio Christiano, e da Rotterdam, e giungendo infine a Londra il 26 dicembre 1616. Qui, raggiunto nel frattempo dalla notizia di essere stato scomunicato dalla Chiesa Cattolica, egli venne accolto a braccia aperte dal re Giacomo I d'Inghilterra (precedentemente Giacomo VI di Scozia dal 1567) (1603-1625), che lo fece acquartierare presso l'arcivescovo abate di Canterbury, garantendogli la terza posizione ecclesiastica più importante dopo gli arcivescovi di Canterbury e York e obbligando gli altri vescovi a pagargli una pensione.

De republica ecclesiastica contra Primatum Papae

A Londra D. pubblicò, in rapida successione, altri due violenti attacchi contro il potere papale, a parte il già citato Scogli del naufragio Christiano (1618), e cioè il Papatus Romanus (1617), ma soprattutto il suo lavoro principale, l'utopico De republica ecclesiastica contra Primatum Papae (1617-1620). Questo testo era stato influenzato dalle idee dello spiritualista e apologista Richard Hooker (1554-1600), autore del ponderoso Treatise on the laws of ecclesiastical polity (trattato sulle leggi del governo ecclesiastico) a difesa della scelta episcopale nella struttura della Chiesa d'Inghilterra.

Nel suo testo D. scrisse che la Chiesa Cattolica (repubblica e non più monarchia pontificia) sarebbe dovuto essere organizzata su una base federale e non più centralizzata, sebbene sempre con un papa come capo simbolico, o sovrintendente generale, di una Chiesa Universale. D. ipotizzò inoltre la composizione di questa Chiesa Universale, nel quale far convivere, assieme a quella cattolica, tante confessioni cristiane, come quelle anglicane, calviniste, luterane, zwingliane, greco-ortodosse e perfino la Chiesa d'Etiopia. Accettò la dottrina protestante dei soli due sacramenti, il Battesimo e l'Eucaristia, sebbene nella sua ipotetica Chiesa federale stava ai vescovi, ai patriarchi o ai primati la responsabilità di dare le disposizioni finali in materia dottrinale, quand'anche fosse stato di accettare tutti e sette i sacramenti.

Studi scientifici in Inghilterra

Nel 1617, anno della sua massima popolarità, D., che già svolgeva un'apprezzata attività di professore a Oxford e Cambridge, assistette alla consacrazione di George Montaigne come vescovo di Lincoln e fu nominato da Giacomo I Decano di Windsor. Inoltre i suoi studi sui fenomeni ottici, già iniziati a Padova, e sulla teoria delle maree (fu il primo ad ipotizzare una forza attrattiva tra la Terra e la Luna), lo resero molto popolare e i suoi scritti furono tradotti dal latino in varie lingue (inglese, francese, tedesco e polacco).

Nel 1618 fu nominato Maestro della Cappella di Savoy a Londra e infine nel 1619 egli pubblicò a Londra il manoscritto di Paolo Sarpi, Historia del Concilio Tridentino, con una introduzione antipapale di D. e una lettera dedicatoria a Giacomo I: tuttavia in quest'occasione rivelò uno dei suoi peggiori vizi, l'avarizia. Infatti si rifiutò di dare a Sarpi un solo soldo di quelli ricevuti dal re inglese come compenso per la pubblicazione del testo del frate veneziano!

Ritorno al cattolicesimo

Questo e altri suoi difetti fecero sì che, dopo cinque anni di permanenza in Inghilterra, i suoi rapporti con la Chiesa anglicana e con il re Giacomo I fossero notevolmente raffreddati. Dopo l'annuncio del possibile matrimonio del principe Carlo (poi re Carlo I: 1625-1649) con una principessa spagnola cattolica e l'elezione del suo parente Alessandro Ludovisi a Papa Gregorio XV (1621-1623) nel 1621, D. espresse il desiderio di ritornare in seno alla Chiesa Cattolica nel gennaio 1622. La reazione del re inglese fu giustamente irata per il clamoroso voltafaccia, ma alla fine, nonostante che fosse già stato imbastito un processo a carico dell'ex arcivescovo dalmata, solo grazie all'intervento dell'ambasciatore di Spagna gli fu permesso di partire, sebbene le casse con il suo denaro furono sequestrate e restituite solo dopo un penoso e pietoso appello personale al sovrano inglese. Una volta fuori dall'Inghilterra, i suoi attacchi contro la Chiesa anglicana furono altrettanto violenti come i precedenti contro la Chiesa Cattolica e nel lavoro Sui reditus ex Anglii consilium del 1623, egli si rimangiò tutto quello che aveva scritto nel Consilium profectionis, dichiarando di aver deliberatamente mentito nelle sua accusa contro il papato.

Dopo un soggiorno di sei mesi a Bruxelles, egli si recò a Roma, dove visse con una lauta pensione garantita dal papa. Tuttavia Gregorio XV morì inopinatamente nel luglio 1623, la pensione cessò durante la sede vacante e non fu più erogata sotto il successivo papa, Urbano VIII (1623-1644) e il noto attaccamento ai soldi di D. non gli fece tenere a freno la lingua. L'Inquisizione ne approfittò per riesumare il suo vecchio caso e farlo imprigionare a Castel Sant'Angelo con la gravissima accusa di essere un eretico relapso: avendo già abiurato, egli era in serio pericolo di essere giustiziato sul rogo.

Ma D, si ammalò gravemente in carcere e morì a Castel Sant'Angelo l'8 settembre 1624, mentre stava preparando la sua linea difensiva e prima che il processo finisse comunque con la sua condanna al rogo, a causa di compromettenti incartamenti trovati dopo la sua morte: i giudici dovettero accontentarsi di bruciare il suo cadavere e i suoi manoscritti il 21 dicembre dello stesso anno a Campo dei Fiori.