Fénelon, François-Marie de Salignac de La Mothe (1651-1715)

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Joseph Vivien: François-Marie de Salignac de La Mothe-Fénelon

(Pinacoteca di Monaco di Baviera)

La vita

Il vescovo e teologo francese François-Marie de Salignac de La Mothe-Fénelon nacque nel castello di Fénelon, nella regione francese del Périgord, il 6 agosto 1651 da un'antica e nobile famiglia: il padre era Pons de Salignac, conte de la Mothe-Fénelon, e la madre si chiamava Louise de La Cropte.

Il giovane F., di salute cagionevole, fu educato da un precettore privato fino all'età di 12 anni, quando egli fu iscritto dal padre alla vicina università di Cahors per studiare retorica e filosofia. Nel 1666 egli dichiarò il proprio interesse per una carriera ecclesiastica e quindi lo zio Antoine, marchese de Fénelon, amico di San Vincenzo de Paoli (1580-1660), s'impegnò a mandarlo a Parigi, al Collége du Plessis, i cui studenti frequentavano le lezioni di teologia alla Sorbona. Qui F. divenne amico del coetaneo Louis Antoine De Noailles (1651-1729), il futuro arcivescovo di Parigi che sarebbe stato il capo della contestazione dell'alto clero francese alla bolla Unigenitus del 1713, emessa da Papa Clemente XI (1700-1721) in piena polemica giansenista.

Nel 1669 egli entrò al prestigioso collegio di teologia di Saint Sulpice e nel 1675 fu ordinato sacerdote. La sua carriera pubblica iniziò nel 1678/9, quando fu incaricato dall'arcivescovo di Parigi, Harlay de Champvallon (1625-1695), di occuparsi della comunità Nouvelles Catholiques, riservata alle giovani donne, che avevano abiurato dalla religione protestante.

Nel 1685 il re francese Luigi XIV (1654-1715) revocò l'Editto di Nantes, voluto da Enrico IV (1589-1610) nel 1598, come atto di pacificazione con gli ugonotti. In seguito al suggerimento dell'amico Jacques Bénigne Bossuet (1627-1704), famoso predicatore e vescovo di Meaux, F. fu inviato nell'inverno 1686/7 a Saintonge, in piena zona ugonotta, per condurvi una campagna di riconversione al cattolicesimo, compito che in ogni caso assolse senza ricorrere alla violenza.

Incontro con Guyon

Ma nell'anno precedente (1685) erano successi due fatti che non avrebbero tardato ad avere un'influenza sul prelato francese: in maggio era stato arrestato a Roma Miguel de Molinos, fondatore della dottrina quietista, e a Grenoble Jeanne Guyon aveva pubblicato il suo libro più famoso Moyen court et facile de faire oraison (metodo breve e facile per pregare). Proprio la Guyon, rientrata a Parigi, fu arrestata nel 1688 con l'accusa di eresia, ma, liberata l'anno dopo grazie ad un'abiura delle sue idee e all'interessamento della sua protettrice, la Duchessa di Béthune-Charost, fu introdotta nei circoli religiosi che gravitavano intorno alla corte del re e che erano presieduti dalla moglie morganatica di Luigi XIV, Francoise d'Aubigne, Marchesa de Maintenon (1635-1719). Qui la Guyon conobbe F. e quest'ultimo rimase affascinato dalla spiritualità e pietà della mistica, di cui divenne il principale seguace, posizione che lo avrebbe, in seguito, rovinato.

Ma il momento della sua caduta in disgrazia era allora molto lontano e il brillante prelato si mise, nel frattempo, in luce nel campo pedagogico con la pubblicazione nel 1687 del Traité de l'education des filles (trattato sull'educazione delle ragazze), scritto su richiesta della Duchessa di Beauvilliers, madre di otto figlie e moglie del potente Duca (m. 1714), nominato nel 1689 governatore dei nipoti del re Luigi XIV. Il Duca apprezzò talmente il lavoro di F. che lo nominò tutore del Duca di Borgogna, allora potenziale erede al trono, ma poi morto prematuramente nel 1712.

F. prese a cuore il delicato incarico e scrisse diverse opere morali all'uopo, come Fables (favole), Dialogues des Morts (dialoghi dei morti), ma soprattutto il Télémaque (Telemaco), un lavoro (pubblicato solo nel 1699), che, prendendo spunto dalla ricerca di Telemaco del padre Ulisse, educava il giovane principe ai doveri del suo rango. Luigi XIV (che non aveva ancora letto il Télémaque) fu riconoscente per il lavoro svolto e diede a F. dapprima, nel 1694, il titolo di abate di Saint-Valéry con una rendita di 14.000 livree annuali, e successivamente, nel febbraio 1696, lo nominò arcivescovo di Cambrai.

Gli articoli d'Issy

Tuttavia nel 1694 avvenne l'episodio degli articoli di Issy, che in seguito avrebbe stroncato la carriera dell'inarrestabile prelato: infatti il vescovo di Chartres, Paul de Godet des Marais (1647-1709) aveva sottoposto i lavori di Madame Guyon ad una commissione riunitasi ad Issy e di cui faceva parte Bossuet, de Noailles e lo stesso F., e che deplorò in quell'anno le idee della mistica francese con un documento contenente 34 articoli, detti, per l'appunto, Articoli di Issy.

Madame Guyon fu condannata nel 1696 a sette anni di carcere alla Bastiglia, ma Bossuet volle rincarare la dose, pubblicando successivamente un'ulteriore riprovazione, dettagliata da un suo approfondimento sugli Articoli di Issy. F. si rifiutò di firmarla, giustificando il suo gesto con la motivazione che il suo onore non gli permetteva di condannare una donna già punita, ed anzi alimentò la polemica, pubblicando nel 1697 la propria rilettura degli articoli in un libro denominato Explications de Maximes des Saints (spiegazioni delle massime dei santi).

Il libro suscitò le ire del re, che nominò una commissione, formata da Bossuet, de Noailles e de Godet des Marais, per esaminare e censurare il lavoro di F., ma l'arcivescovo di Cambrai giocò d'anticipo, mandando l'opera a Roma, per essere giudicata dalla Santa Sede: la polemica si trascinò avanti per due anni, durante i quali i due ex amici, Bossuet e F., si scannarono dialetticamente, ma, alla fine 23 proposizioni tratte dal libro vennero condannate, il 12 marzo 1699, da Papa Innocenzo XII (1691-1700).

L'esilio a Cambrai

F. accettò la sentenza e fece atto di sottomissione alla decisione papale e la Santa Sede non richiese altro, ma certamente più intransigente fu Luigi XIV, ulteriormente indispettito dalla pubblicazione nel 1699 del Telemaco, nel quale egli ravvisò una certa critica al suo operato. Il re punì quindi l'arcivescovo bandendolo dalla corte e ordinandogli di non lasciare mai più la sua diocesi di Cambrai. F. compì il suo dovere episcopale con gran dignità e disciplina e la sua opera non fu neppure interrotta dalla guerra di successione spagnola, che infuriò tremenda sul territorio della diocesi tra il 1700 ed il 1714.

In occasione della polemica sorta in seguito alla pubblicazione delle Réflexions morales (riflessioni morali) dello scrittore giansenista Pasquier Quesnel, F. si allineò nella difesa della bolla Unigenitus del 1713 di Papa Clemente XI, sebbene trattò sempre con cortesia i giansenisti, pur non condividendo le loro dottrine.

Infine F. intervenne, a più riprese, dal suo esilio di Cambrai, per criticare, quando fosse necessario, l'operato della monarchia francese mediante lettere, come l'Esame di coscienza sui doveri della monarchia, e memoriali, come il Memoriale sulle precauzioni da prendere dopo la morte del Duca di Borgogna, dai quali si evince che il prelato fosse fortemente contrario alla monarchia assoluta e favorevole ad una forma di governo controllato dall'aristocrazia e dai Stati Generali. F. intervenne, anche con una lettera (pubblicata postuma nel 1716) all'Accademia di Francia, per raccomandare maggiori attività letterarie e uno studio più approfondito della lingua francese.

F. morì a Cambrai il 7 gennaio 1715.

La dottrina

La dottrina di F., contenuta nelle sue Spiegazioni, secondo alcuni autori si può definire semi-quietista e, secondo altri, di cristianesimo neo-platonico (secondo i neo-platonici il fine ultimo dell'uomo è la contemplazione dell'Uno/Dio attraverso l'estasi).

Secondo F., nello stato quietista di contemplazione e abbandono in Dio (l'indifferenza sacra), l'anima ama Dio per quello che Lui è, non per guadagnare particolari meriti presso di Lui: essa esercita le virtù senza avvertire che queste sono proprio virtù. Tuttavia essa deve fedelmente collaborare con questo stato di grazia: infatti se continua a nutrire amore per se stessa, non ne può avere per il suo stesso Creatore. La perfezione dunque consiste nel liberarsi del proprio sé (concetto preso dalle idee della Guyon): il Cristo non è stato il redentore del singolo, ma di tutta la razza umana.