Incmaro, il più famoso degli arcivescovi di Reims, nacque nel 806 da una famiglia franca nobile. Fu educato nell'abbazia di Saint Denis, sotto la guida dell'abate Ilduino, la cui sorte seguì, nel bene e nel male, negli anni successivi: furono ambedue esiliati, nel 830, nell'abbazia di Corvey in Sassonia, per ordine del re Ludovico il Pio (814-840).
Nel 840 il nuovo re dei Franchi occidentali Carlo, detto il Calvo (imperatore 875-877) chiamò I. al suo servizio, facendolo elevare al rango di arcivescovo di Reims nel 845, ruolo che ricoprì per 37 anni. I., come tipico rappresentante del suo tempo, si contraddistinse sempre per un'azione, spesso piuttosto prevaricante, se non addirittura violenta, di repressione di qualsiasi tentativo di subordinazione dei suoi sottoposti:
I chierici nominati dal suo predecessore Ebbone, capeggiati da un tale Wulfado furono da I. deposti, nonostante i ripetuti appelli dei Papi San Leone IV (847-855), Benedetto III (855-858) e San Niccolò I Magno (858-867).
I. fece deporre anche il vescovo suffraganeo di Soissons, Rotado nel 862 e mantenne la sua decisione, nonostante una condanna da parte di Papa Niccolò I per aver preso una decisione, che era di competenza papale.
I. litigò con il suo nipote, Incmaro il Giovane, vescovo di Laon, e si raccontò che lo avesse fatto addirittura accecare per impossessarsi dei suoi beni.
Comunque l'episodio più famoso nel quale I. fu coinvolto fu la condanna di Gotescalco: questi era un monaco del monastero di Orbais nella diocesi di Soissons, nella Francia settentrionale, dove Gotescalco, riprendendo gli scritti di Sant'Agostino riferiti alla predestinazione, era convinto che alcuni uomini sarebbero destinati alla salvezza ed altri alla dannazione, non per i loro meriti o colpe, ma per volontà divina e che quindi Cristo fosse venuto sulla terra solo per annunciare che non tutti gli uomini erano destinati alla perdizione.
Nel 849, I. convocò il sinodo di Quiercy sur l'Oise per condannare le dottrine di Gotescalco, che furono ben presto contestate e confutate sia da Ratramno di Corbie che da Giovanni Scoto Eriugena (quest'ultimo stimolato dallo stesso I.), ma ambedue questi teologi caddero in eresie di tipo diverso:
Ratramno sviluppò la teoria della duplice predestinazione, in cui solo la salvezza dei buoni era predestinata da Dio, mentre la dannazione dei cattivi derivava dal fatto che Dio prevedeva i relativi peccati. Questa teoria fu poi ripresa con qualche variante da I.
Scoto Eriugena, invece nella sua opera De praedestinatione, fu ancora più radicale: poiché Dio era eterno, la predestinazione o la previsione erano la stessa cosa: Dio predestinava alla dannazione, perché prevedeva i peccati, e predestinava alla salvezza perché prevedeva i meriti.
Nel 853 I. convocò un secondo sinodo a Quiercy sur l'Oise ed espose la sua teoria, molto simile a quella di Ratramno: i buoni erano predestinati alla salvezza e i cattivi alla perdizione, ma il libero arbitrio permetteva a chi voleva di salvarsi. Tuttavia un concilio del 855 a Valence giudicò eretica questa dottrina.
Non si erano placati gli echi del concilio di Valence, che I. fu coinvolto un'altra discussione con Ratramno e Gotescalco sull'espressione latina, usata da tutti i preti nelle loro funzioni, di Trina deitas unaque (Dio uno e trino). I. vide in questa formula un sospetto di triteismo e la cambiò in Summa deitas (Sommo Dio): venne immediatamente accusato dai suoi avversari di modalismo sabelliano, da cui si difese in un Concilio da lui stesso convocato nel 860.
Infine l'attivissimo I. fu coinvolto per tutta la sua vita nella difesa dell'indipendenza del clero nei confronti delle ingerenze degli imperatori nelle faccende ecclesiastiche (il cosiddetto cesaropapismo).
Tuttavia durante il suo vescovado, nel periodo tra il 847 ed 852, e proprio nella stessa provincia di Reims, furono elaborati da un autore anonimo, con lo pseudonimo di Isidoro Mercatore, i Falsi Decretali o Pseudo-isidoriane, una serie di documenti, per la stragrande maggioranza fasulli, il cui scopo era la difesa dei diritti dei vescovi contro i loro arcivescovi metropolitani e l'affermazione di una supremazia papale risalente ai primi secoli del Cristianesimo. Basandosi sul primo degli scopi menzionati, alcuni autori pensano che i falsari fossero seguaci del predecessore di I., Ebbone, con l'intento di mettere in cattiva luce l'operato di I.: già ai tempi della destituzione, nel 862, del vescovo suffraganeo di Soissons, Rotado, i Falsi Decretali erano ampiamente conosciuti.
Durante il Rinascimento questi documenti furono smascherati come falsi, da vari autori, tra cui David Blondel, che scrisse il suo studio Pseudo-Isidorus et Turrianus vapulantes nel 1628. Stessa sorte seguì un altro famoso falso, più o meno dello stesso periodo, la Donatio Constatantini, il documento, elaborato tra il 750 ed il 850, in cui s'immaginò che l'imperatore Costantino il Grande avesse conferito privilegi e ricchi possedimenti al Papa e alla Chiesa Cattolica Romana.
Dopo la morte dell'imperatore Carlo il Calvo nel 877, I. si adoperò per prevenire la crisi del regno dei franchi occidentali, anche sotto il successore Ludovico il Balbo (877-879), ma in seguito ad una incursione di Normanni nel 882 dovette rifugiarsi ad Epernay, dove morì nello stesso anno.