Il famoso umanista francese Pierre de la Ramée (nome umanistico in latino: Petrus Ramus) nacque nel 1515 nel villaggio di Cuts, vicino a Noyon (dove era nato nel 1509 il suo conterraneo Giovanni Calvino), in Piccardia, da una famiglia nobile vallone, caduta in povertà dopo il saccheggio di Liegi nel 1468 da parte del Duca di Borgogna, Carlo il Temerario (1433-1477). Il padre, Jacques, e la madre, Jeanne Charpentier, erano contadini ed il giovane R. non poté compiere regolari studi fino all’età di dodici anni, quando gli fu dato l’occasione, da parte di un suo zio, di entrare al Collège de Navarre di Parigi. Qui, per mantenersi agli studi, R. non esitò di offrirsi come servo agli studenti più abbienti, per poi studiare di notte.
Nel 1536, in piena polemica anti-scolastica ed anti-aristotelica, egli si laureò con la tesi dal titolo Quaecumque ad Aristotele dicta essent, commentitia esse (Tutto ciò che Aristotele ha detto, è falso), anche se alcuni storici dubitano che egli si sia potuto laureare con una simile tesi molto provocatoria.
D’altra parte, è sicuramente accertato che R. fu un fiero oppositore delle idee aristoteliche, sia insegnando una sua versione riveduta della logica di Aristotele al Collége du Mans e al Collége de l’Ave Maria, sia pubblicando due polemici trattati, Dialecticae partitiones sive institutiones ed Aristotelicae animadversiones, che suscitarono vive polemiche, tant’è che, su denuncia del regio professore di medicina Jacques Charpentier (1521-1574) e del giurista Antoine de Govea (1505-1566), il re di Francia, Francesco I (1515-1547) interdisse R. dall’insegnamento della filosofia nel 1544. Interdetto che fu comunque di breve durata: infatti, nel 1547, l’arcivescovo di Reims, cardinale Charles de Lorraine (1524-1574) intercesse con successo presso il nuovo re di Francia, Enrico II (1547-1559) e quattro anni dopo, nel 1551, a R. fu assegnata la cattedra di filosofia ed eloquenza al Collége de Presles, dove le sue lezioni erano seguite da folle fino a 2.000 studenti alla volta.
Tuttavia, nel 1561, in piena guerra di religione [cinicamente alimentata dalla reggente al trono, Caterina de’ Medici (1519-1589)] fra cattolici e ugonotti, R. diede un ulteriore motivo all’odio dei suoi avversari, convertendosi al calvinismo, sebbene si dica che già dal 1552 egli avesse espresso contrarietà verso il culto delle immagini sacre.
Nel 1562 egli propose diverse riforme all’Università di Parigi (era, infatti, stato nominato commissario delle riforme per l’università da Enrico II nel 1557), come l’istituzione della cattedra di matematica, l’introduzione di materie come la fisica e le scienze, lo studio del Vecchio Testamento in ebraico e del Nuovo in greco alla facoltà di teologia, l’abolizione delle tasse studentesche. Nello stesso anno, quando il Duca di Guisa, Francesco II (1519-1563), dopo il massacro degli ugonotti a Vassy, entrò da trionfatore a Parigi, R., abbandonò momentaneamente i suoi propositi riformatori per fuggire a Fontainebleu, proprio presso Caterina de’ Medici.
Dopo l’uccisione del Duca di Guisa da parte di un fanatico protestante e della firma della pace di Amboise nel 1563, R. rientrò a Parigi per trovare che la sua biblioteca, nel Collége de Presle, era stata distrutta. Negli anni successivi egli mantenne quello che oggigiorno si direbbe un profilo basso, limitandosi a pubblicare dei commentari, come Scholae physicae, metaphysicae, mathematicae nel 1565, anche se il suo tentativo di farsi nominare Regio Professore di matematica a Strasburgo fallì.
Nel 1567, con l’aumentare delle tensioni mai sopite delle guerre religiose, R. fuggì nuovamente da Parigi, per mettersi sotto la protezione di Luigi di Borbone Navarra, principe di Condé (1530-1569). L’anno successivo, egli chiese ed ottenne il permesso dal re Carlo IX (1560-1574) di poter viaggiare, ed, in effetti, dal 1568 al 1570, egli visitò Germania e Svizzera.
Nel 1570, in seguito alla firma della fragile pace di Saint-Germain tra i cattolici della fazione dei Guisa e i protestanti, guidati dall'ammiraglio Gaspard de Coligny (1519-1572), R. si lasciò convincere di rientrare a Parigi dietro assicurazione di una protezione reale e di una rendita, sebbene gli fu proibito di insegnare. Purtroppo la situazione era esplosiva: Caterina de’ Medici e i Guisa avevano infatti deciso di organizzare un regolamento di conti con gli ugonotti in coincidenza del matrimonio tra Margherita di Valois, sorella del re Carlo IX, ed il protestante Enrico di Borbone e Navarra (il nipote del principe di Condé).
Tutta la nobiltà protestante venne a Parigi per le nozze, cadendo nell'atroce trappola, che scattò nella notte del 23 agosto 1572 (la notte di San Bartolomeo), dove i cattolici scatenarono una vera e propria caccia all'uomo, uccidendo de Coligny e massacrando più di tremila protestanti solo a Parigi, e, tre giorni dopo, il 26 agosto 1572 lo stesso R. fu sgozzato da due sicari prezzolati.
R. contrappose alla logica aristotelica il proprio metodo dialettico, basata sull’inventio (la ricerca degli argomenti da discutere o delle prove a supporto di una tesi) e sulla dispositio (che insegnava la loro disposizione naturale, in maniera che potessero essere facilmente recepiti ed insegnati). Da qui la sua proposta di riformare le sette arti liberali (le materie universitarie), mediante le seguenti tre leggi:
L’altro punto dell’opera di R. fu il suo interesse per la matematica
applicata (a riguardo egli scrisse commentari – le scholae - sull’aritmetica,
l’algebra e la geometria), in contrapposizione al pensiero platonico,
che tendeva a rifiutare ciò che esulava dalla pura matematica teoretica.
Egli viene considerato il precursore dell’empirismo di Francis Bacon (Francesco
Bacone) (1561-1626) e del razionalismo di René Descartes (Cartesio) (1596-1650).
I suoi seguaci, denominati ramisti, si diffusero in Germania, Scozia e Inghilterra,
dove influenzarono il pensiero del puritanesimo.
R. è uno dei “martiri del libero pensiero” (secondo le
intenzioni degli ideatori), i cui bassorilievi adornano il monumento a Giordano
Bruno in Campo de’ Fiori a Roma: gli altri sono Giulio
Cesare Vanini, Aonio Paleario, Miguel
Serveto, John Wycliffe, Jan
Hus, Tommaso Campanella e Fra Paolo Sarpi (1552-1625).