Speciale (o Speziale), Pietro (1478-1554)

La figura di Pietro Speciale (o Speziale) si erge come un originale precursore dei concetti luterani, ante-litteram, di giustificazione per fede, attraverso la grazia di Dio. Questo umanista e grammatico veneto, nato a Cittadella (Padova) nel 1478, studiò infatti gli scritti di Sant'Agostino e di Erasmo da Rotterdam ed approfondì le tematiche del libero arbitrio e giustificazione sola fide già dal 1512, un anno prima, cioè, della nota "esperienza della torre" (Turmerlebnis) di Martin Lutero.

In quell'anno S. iniziò a comporre la sua grande opera, De Gratia Dei, che però finì e pubblicò solamente il 17 ottobre 1542, ben trent'anni dopo. Nel libro S. concordò con Lutero sulla giustificazione sola fide e nel rifiuto della transustanziazione, ma affermò energicamente la sua convinzione nel libero arbitrio e nella struttura della Chiesa ufficiale, pur censurando gli eventuali abusi. Durante questi trent'anni, nei quali, tra l'altro, fu maestro (dal 1536) e rettore della scuola di Cittadella, S. prese comunque parte attivamente al panorama protestante nella Repubblica di Venezia del primo `500.

Iniziò alle idee riformiste l'avvocato Francesco Spiera ed il nipote Girolamo Facio: Spiera sarebbe successivamente morto a soli 46 anni, schiacciato dal rimorso di aver accettato di abiurare dalla fede protestante. S. inoltre si aggiornò, leggendo gli scritti dei principali riformatori tedeschi, come Lutero, Bucero e Melantone e mantenne contatti con i dissidenti religiosi Baldo Lupetino e Francesco Negri e con il teologo e storico francescano Bernardino Scardeone (1482-1574), autore del saggio De Castitate Libri Septem (1542), la cui esaltazione della castità matrimoniale fu condivisa anche dallo stesso S.

Ma nel 1543 l'anziano umanista fu arrestato con l'accusa di eresia e tenuto per ben otto anni in prigione a Venezia, dove il grande delatore dell'anabattismo veneto, Pietro Manelfi si vantò di averlo convertito alla propria fede. Oramai stanco, malato e povero per il sequestro dei propri beni, S. si decise di abiurare il 14 luglio 1551, tuttavia, non contento dell'abiura, il tribunale dell'Inquisizione veneta stabilì che il vecchio ex rettore di Cittadella dovesse restare in carcere ancora sei anni. In seguito all'aggravamento dello stato di salute, gli fu poi permesso di lasciare la prigione e, ritornato a Cittadella, vi morì nel giugno 1554.