Baldassarre Altieri d'Aquila, nato, per l'appunto, all'Aquila nel 1500 circa, ricoprì, negli anni '40 del XVI secolo, il ruolo di segretario dell'ambasciatore inglese a Venezia sir Edmond Harwel.
Dopo essersi convertito alla Riforma, il 26 novembre 1542 A. decise di scrivere una lettera a Martin Lutero, in nome dei fratelli di Venezia, Treviso e Vicenza per informare il riformatore tedesco sulla diffusione della Riforma in Italia e delle difficoltà organizzative dei primi gruppi evangelici, e per chiedere un intervento dei principi protestanti della Lega di Smalcalda presso il senato della Serenissima a favore dei prigionieri veneziani detenuti per motivi religiosi, soprattutto Baldo Lupetino.
Questa fu comunque solo la prima di una lunga serie di lettere inviate dall'attivo aquilano a famosi personaggi del mondo della Riforma, come Martin Butzer e Heinrich Bullinger, a favore dei confratelli perseguitati in Italia. Per esempio, poco dopo la lettera a Lutero, A. inviò una missiva di ringraziamento alle autorità di Ginevra per aver accolto gli esuli religiosi italiani.
Per quanto riguarda la sua corrispondenza con Lutero, nonostante una lettera di incoraggiamento di quest'ultimo, A. dovette sollecitarlo nuovamente a influenzare un intervento diplomatico a favore di Lupetino e degli altri reclusi. Questa volta Lutero gli rispose, comunicando di aver incaricato Mattia Flacio Illirico di tentare di salvare Lupetino, zio materno dello stesso Flacio.
Nell'estate 1543 Flacio si mosse da Wittenberg per venire in soccorso dello zio, munito di un appello alla clemenza (per Baldo Lupetino, uomo dotato di singolare pietà e dottrina), indirizzato al doge Pietro Lando (1539-1545), da parte del principe elettore di Sassonia, Giovanni Federico (1532-1547) e dei principi luterani della Lega Smalcaldica. Tuttavia gli sforzi di Flacio per liberare Lupetino furono inutili: nell'agosto 1543 il riformatore istriano fu multato di cinquecento ducati e condannato all'ergastolo e, dopo quasi 14 anni di detenzione, il 17 settembre 1556, fu condannato a morte per annegamento dal governo delle Serenissima.
Gli sforzi di A. furono comunque apprezzati da parte di Giovanni Federico di Sassonia e del langravio Filippo d'Assia (1504-1567), che lo presero al loro servizio, e nella dieta di Spira (febbraio 1544) egli fu ufficialmente nominato rappresentante dei principi protestanti.
Tuttavia, dopo la sconfitta dei protestanti della lega Smalcaldica nella battaglia di Muhlberg il 24 aprile 1547, A. ritenne saggio emigrare in Valtellina, dove conobbe il pastore Agostino Mainardi: questi gli diede una lettera di presentazione per il governo della città di Zurigo, dal quale governo A. nel 1548 tentò inutilmente di farsi nominare ambasciatore della città stessa presso la repubblica di Venezia.
Con un simile esito negativo fu il suo tentativo, attraverso l'intermediazione di Pietro Carnesecchi, di entrare al servizio di Cosimo I de Medici (duca di Firenze: 1537-1569 e granduca di Toscana: 1569-1574).
A. morì a Bergamo (o, secondo altri, a Ferrara) nel o dopo l'agosto del 1550, ma alcuni fonti affermano che egli finì i suoi giorni invece nelle carceri dell'Inquisizione nel 1548, fatto improbabile giacché una sua lettera a Bullinger del 3 agosto 1550 (nella quale, tra l'altro, definì Camillo Renato anabaptistarum patronus, vale a dire protettore degli anabattisti), sposta, come minimo, la data della sua morte dopo l'agosto 1550.