L'umanista Sigismondo Arquer nacque a Cagliari nel 1530 da una famiglia borghese: il padre era il giureconsulto Giovanni Antonio Arquer, consigliere capo della città e braccio destro del viceré Antonio de Cardona (dal 1478 tutta la Sardegna era diventata una provincia spagnola), ed in continua lotta con le fazioni anti-spagnole della nobiltà sarda, che erano riuscite perfino a farlo imprigionare nel 1543.
Sigismondo si laureò in diritto a Pisa nel 1547 e in teologia a Siena l'anno dopo. Nel 1548 egli intraprese un viaggio per perorare la causa di suo padre alla corte di Bruxelles, ma si fermò per 5 mesi nel Cantone Grigioni, dove, nel 1549, conobbe gli esuli religiosi italiani Pier Paolo Vergerio, Giulio della Rovere e Camillo Renato.
In Svizzera A. venne accolto dal riformatore Conrad Pellican (Pellicanus) (1478-1556) a Zurigo e da Bonifacio Amerbach (1495-1562) a Basilea, dove fu inoltre ospite di Celio Secondo Curione e dove scrisse la Sardiniae brevis historia et descriptio, pubblicata a Basilea stessa nel 1550 come capitolo del celebre compendio di geografia dello cartografo tedesco ed ex francescano passato (nel 1529) al luteranesimo, Sebastian Münster (1488-1552), dal titolo Cosmographia universalis, opera comunque messa all'Indice per le polemiche, contenute nel testo, contro il clero cattolico e l'Inquisizione e per le convinzioni religiose dell'autore.
In seguito, dal 1551 al 1555, A. risedette in Spagna e, durante questo periodo, fu nominato avvocato fiscale della Sardegna da parte del re Filippo II (1556-1598), che lo ammirava per la sua profonda cultura come umanista e poeta, oltre che valente uomo di legge.
Tuttavia, rientrato nel 1555 a Cagliari, A. fu vittima, come suo padre qualche anno prima, di una congiura politica, ordita da un gruppo di nobili sardi, capeggiati da Salvatore Aymerich: dapprima i suoi nemici tentarono di avvelenarlo nel 1556, poi, nello stesso anno, lo fecero imprigionare e sottoporre ad un processo per motivi politici, ma A. riuscì a fuggire e a far trasferire il processo a Madrid, dove fu scagionato, anche per intervento diretto del re: rientrò in patria nel 1558.
A questo punto, pur di screditarlo, i suoi nemici non esitarono ad accusarlo di eresia religiosa, ma, ironia della sorte, nonostante i contatti avuti con diversi riformatori e con le loro idee, l'umanista sardo era rimasto profondamente cattolico. Purtroppo l'essere associati al nome dell'eresiarca Sebastian Münster gli costò l'accusa di luteranesimo, da cui, comunque, egli venne nuovamente prosciolto nel 1560 dall'arcivescovo e inquisitore in persona, Antonio Parragues de Castillejo.
Eppure, in seguito, A. si dovette trasferirsi in Spagna per sottrarsi a queste continue persecuzioni ed anche qui l'Inquisizione (e forse anche lo stesso Parragues) continuò a considerarlo una persona sospetta fino a farlo arrestare nel 1563 con una nuova accusa di luteranesimo sulla base di una serie di otto lettere scambiate con l'erasminiano spagnolo (ed ex alcade di Sassari) Gaspar de Centelles, in cui A., tra l'altro, esaltava la lettura e lo studio diretto delle Sacre Scritture contro le interpretazioni della Tradizione.
Egli subì quindi un processo lunghissimo (sette anni) e fu sottoposto a varie torture fino alla sentenza finale del 22 dicembre 1570, dove A. fu condannato ad essere arso vivo sul rogo. La condanna venne eseguita a Toledo solo sei mesi dopo, il 4 giugno 1571, e, sebbene fosse già lambito dalle fiamme, A. decise di proclamare pubblicamente la sua fede, e fu per questo colpito ripetutamente con l'alabarda da parte di un soldato per farlo tacere.