Curione, Celio Secondo (1503-1569)

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Frontespizio del Pasquino in estasi di Curione, da S. Caponetto: La Riforma protestante nell'Italia del Cinquecento,

per gentile concessione della Claudiana editrice

I primi anni

L'umanista Celio Secondo Curione, nacque a Ciriè, nel Canavese vicino a Torino, il 1 maggio 1503 da un'importante ed agiata famiglia del luogo: il padre era il nobile Jacomino Troterio Curione e la madre si chiamava Carlotta Montrotier. C. era inoltre imparentato con un altro riformatore, Prospero Provana. C. studiò lettere e diritto a Torino, e qui, nel 1523, sotto l'influenza dell'agostiniano Girolamo Negri, riuscì a procurarsi per studio i principali testi dei riformatori d'oltralpe, come Zwingli, Lutero e Melantone, ma le sue idee religiose non piacquero al vescovo di Ivrea, cardinale Bonifacio Ferrero (m. 1543) che lo fece rinchiudere nell'abbazia di Fruttuaria, a San Benigno Canavese. Tuttavia C. riuscì ad evadere e venne ospitato per qualche tempo a Casale Monferrato, dal marchese Gian Giorgio Paleologo (1530-1533).

Alla morte del suo protettore, C. peregrinò per l'Italia settentrionale finché venne chiamato ad insegnare grammatica e retorica, sempre a Pavia, dal 1536 al 1539. dove strinse un'amicizia con Agostino Mainardi, da cui fu convertito. Tuttavia, sempre a causa delle sue idee riformatrici, fu successivamente posto sotto inchiesta da parte dell'Inquisizione e, per sfuggire all'arresto nel 1539, dovette scappare dapprima a Venezia, dove divenne amico di Giulio della Rovere, poi, dopo il processo a quest'ultimo, a Ferrara, dalla duchessa Renata d'Este, dove convertì Fulvio Pellegrino Morato e conobbe sua figlia, la poetessa Olimpia, di cui avrebbe pubblicato in seguito le opere in Svizzera.

C. a Lucca

La stessa duchessa Renata gli consigliò di recarsi a Lucca, scrivendo una lettera di presentazione per la famiglia lucchese Arnolfini. C. si trasferì quindi a Lucca nel 1541, dove divenne precettore della suddetta famiglia e conobbe e frequentò noti riformatori locali, come Pier Martire Vermigli, Celso Martinengo, Girolamo Zanchi, e ritrovò il maestro Agostino Mainardi. Ma il 22 luglio 1542 lo raggiunse un'ordinanza del cardinale Bartolomeo Guidiccioni (1469-1549, vescovo di Lucca dal 1546) di comparire davanti al Sant'Ufficio, seguita il 29 agosto da una simile delibera proveniente dal cardinale Alessandro Farnese (1520-1589), nipote del Papa Paolo III (1534-1549).

C. in Svizzera

C. allora decise di fuggire, assieme a Camillo Renato, a Losanna, in Svizzera, dove insegnò retorica fino al 1546. Probabilmente a Losanna, nel 1543 C. completò la prima edizione (la seconda è del 1546) del suo Pasquino in estasi (Pasquillus extaticus), una feroce satira anticlericale e antipapale di sapore riformatore ed erasminiano, che ebbe uno straordinario successo in Italia e nell'Europa protestante.

Nel 1546 C. fu chiamato a Basilea ad insegnare come professore universitario di retorica: in questo ruolo, egli raggiunse fama europea durante i suoi 23 anni d'insegnamento ad illustri allievi, come, ad esempio, il riformatore Basilio Amerbach (1533-1591), figlio di Bonifacio Amerbach (1495-1562), a sua volta erede, non solo spirituale, del grande Erasmo da Rotterdam (1466-1536). A Basilea, C. fu ospite, per qualche tempo, del pittore anabattista Jan Jorisz (o David Joris), sebbene a quel tempo, questi risedesse sotto lo pseudonimo di Jan van Brugge, e nulla si sapeva, in città, della sua adesione all'anabattismo. Inoltre C. conobbe e divenne amico dell'umanista antitrinitario Martin Borrhaus (nome umanistico: Cellarius) (1499-1564), dell'umanista cagliaritano Sigismondo Arquer e dell'antitrinitario senese Lelio Sozzini.

In questo periodo circolò la voce che C. si fosse convertito all'anabattismo e che avesse partecipato, come molti altri famosi protestanti italiani, al Concilio anabattista di Venezia del 1550, ma la notizia, diffusa da Pier Paolo Vergerio, non fu presa sul serio più di tanto, a causa della forte antipatia reciproca tra i due: nello stesso periodo, C. accusò Vergerio di introdurre concetti luterani in zone svizzere di fede zwingliana.

In Svizzera C. svolse un'intensa attività di consulenza religiosa (fu consultato, sebbene in ritardo, per il testo del Consensus Tigurinus del 1549) e come letterato, pubblicando nel 1550 la Francisci Spierae (omissis) historia, dedicata a Francesco Spiera di Cittadella, luterano processato e indotto ad abiurare nel 1548 e morto poco dopo per la disperazione dell'atto compiuto.

Nello stesso anno (1550) C. pubblicò le Cento e dieci divine considerationii di Juan de Valdès, che tanta influenza hanno avuto sui dissidenti religiosi italiani, ma soprattutto la sua opera principale: De amplitudine beati regni Dei, Dialogi sive libri duo, [dedicata al re Sigismondo II Augusto di Polonia (1548-1572)] dove, in uno stile molto ampolloso, si immaginò un colloquio a Pavia tra se stesso giovane ed il vecchio Agostino Mainardi. Veniva qui definita la dottrina di C., fortemente individualista e basata sulla tolleranza verso tutti gli uomini, amplificata dalla grande misericordia di Dio, e mediata da un secondo avvento di Cristo sulla terra, intermedio tra il primo e quello della fine del mondo. Il titolo dell'opera fa riferimento all'ampiezza del Regno di Dio: sarebbe contro la natura di Dio limitare il numero degli uomini buoni. Quindi il detto evangelico Molti sono chiamati, ma pochi sono eletti, caro ai calvinisti, fu ovviamente rifiutato, in senso letterale, dal C., che propendeva più per un'interpretazione storica riferita agli ebrei del tempo di Cristo. Tuttavia questa linea di pensiero lo mise nei guai con le autorità di Basilea, soprattutto qualche anno dopo, nel 1557, in seguito alle denunce del solito Vergerio e del suo potente protettore, il duca Christoph von Württenberg (1550-1568), preoccupati della diffusione del De Amplitudine in Polonia, ma l'esame del testo di C. assolse lo studioso piemontese, anche dopo una sua dichiarazione di fede trinitaria, opportunamente firmata.

Nel 1553 C. divenne suocero di Girolamo Zanchi, che raccomandò come professore a Strasburgo, ma quell'anno fu soprattutto tristemente noto per l'esecuzione di Michele Serveto, ordinata da Calvino: come molti altri riformati italiani in Svizzera, anche C. protestò vivamente per l'accaduto. A riguardo egli corresse il manoscritto dell'Apologia pro Serveto, scritta da Matteo Gribaldi Mofa e fu citato diverse volte da Sébastian Castellion nel suo De haereticis an sint persequendi, scritto per l'occasione e sponsorizzato a distanza da Giovanni Bernardino Bonifacio, marchese d'Oria, che C. conobbe di persona nel 1557.

La presenza del C. a Basilea, durante gli anni della Controriforma, fu sempre un riferimento per tutti i protestanti italiani in fuga dalla patria. Fu così che mantenne, per esempio, contatti epistolari nel 1552 con Aonio Paleario, che visitò la figlia di C., Dorotea, avuta dal matrimonio con Margherita Bianca Isacchi e rimasta a Lucca, in casa Arnolfini, dopo la precipitosa fuga in Svizzera del padre. Nel 1557 C. conobbe Jacopo Aconcio e Francesco Betti, per i quali scrisse una lettera di presentazione per Heinrich Bullinger, il capo della Riforma di Zurigo, mentre nel 1563 conobbe Fausto Sozzini, nipote del suo amico Lelio.

L'ultima polemica pubblica che coinvolse C. fu il processo post-mortem nel 1559 contro l'anabattista David Joris, colui che aveva generosamente ospitato C. nel 1546. C. fu costretto a prendere le distanze, per iscritto, dalle posizioni teologiche dell'amico morto, almeno per salvare le apparenze.

C. morì a Basilea il 24 novembre 1569.