Bembo, cardinale Pietro (1470-1547)

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Tiziano:Ritratto del cardinale Pietro Bembo

(National Gallery of Art, Washington DC, USA)

I primi anni

Pietro Bembo nacque a Venezia il 20 maggio 1470, primogenito del nobiluomo e senatore della Serenissima Repubblica Bernardo Bembo (1433-1519). Da piccolo egli viaggiò spesso con il padre, particolarmente a Firenze: l'amore dei due Bembo per la cultura toscana si estrinsecò nel monumento a Dante Alighieri, fatto erigere da Bernardo a Ravenna, e nell'uso scritto e parlato del toscano, preferito da Pietro in contrapposizione al dialetto veneziano.

Nel periodo 1492-94 B. studiò greco a Messina, presso la scuola del rinomato filologo Costantino Lascaris (1431-1501), e qui scrisse il dialogo in latino De Aetna, pubblicato a Venezia nel 1496 da Aldo Manunzio (1450-1515), presso il quale egli pubblicò nel 1501-02 anche un'edizione critica delle opere di Petrarca e di Dante. In seguito, completò i suoi studi a Padova, seguendo i corsi di filosofia di Pietro Pomponazzi.

Dal 1497 al 1499 e, successivamente, dal 1502 al 1506, egli abitò a Ferrara, dove iniziò la stesura della sua opera più famosa, il dialogo Gli Asolani, pubblicato nel 1505: il dialogo in tre libri, un inno all'amore spirituale e alla bellezza divina, è ambientato nella villa d'Asolo della famosa ex regina di Cipro, Caterina Cornaro (1454-1510).

A Ferrara, inoltre, egli conobbe Ludovico Ariosto (1474-1533), ma soprattutto ebbe una relazione amorosa (secondo alcuni autori, solo platonica) con la famosa Lucrezia Borgia (1480-1519), della quale conservò gelosamente un ricciolo dei suoi leggendari capelli biondi.

La carriera al servizio della Chiesa e il periodo a Padova

Nel 1506 B. si trasferì a Urbino alla corte di Guidobaldo I (1482-1508) e poi di Francesco Maria I della Rovere (1508-1516), ma nel 1512 lasciò la città marchigiana per accompagnare a Roma l'amico Giuliano de' Medici (1479-1516), dove l'anno successivo il fratello di questi, Giovanni de' Medici (1475-1521), fu eletto papa con il nome di Leone X (1513-1521). A sua volta, Giuliano fu creato Capitano Generale delle truppe pontificie, mentre B. divenne segretario (insieme a Jacopo Sadoleto) del papa, rimanendo così stabilmente a Roma fino al 1521.

In questo periodo B. s'innamorò di Ambrogina Faustina Della Torre, da lui soprannominata la Morosina, e da cui ebbe tre figli, Lucilio, Torquato ed Elena. L'influenza di Morosina sulle decisioni di B. fu elevata: infatti, dopo la morte di Leone X nel 1521, ella riuscì a convincere B. a ritirarsi dalla sua funzione pubblica a causa della sua salute malferma e a trasferirsi a Padova. Qui B. formò una ricca biblioteca nella propria villa di Treville e si circondò di un vivace circolo culturale, di cui fece parte anche Aonio Paleario ed il filosofo benedettino Vincenzo Maggi (1498-1564), poi convertito alla Riforma ed esule nel cantone Grigioni nel 1553.

Nel 1529 B. accettò il posto di storiografo ufficiale di Venezia e, l'anno dopo, di bibliotecario della Libreria Nicena (poi Marciana) di Venezia. A questo periodo risalgono le altre opere principali di B., come le Prose della volgar lingua (1525) e le Rime (1530).

Bembo tra gli ecclesiastici spirituali

Nel 1535 morì l'adorata Morosina, e fu da questo periodo che B. si dedicò sempre più alla carriera ecclesiastica, accostandosi in particolar modo all'evangelismo, alle dottrine di Erasmo e al circolo degli ecclesiastici spirituali, di coloro cioè che volevano una riforma dall'interno della Chiesa Cattolica, formato, tra gli altri, dai cardinali Gasparo Contarini, Giovanni Morone e Reginald Pole, dal generale dei cappuccini Bernardino Ochino, oltre che dall'umanista Marcantonio Flaminio e dalla marchesa Vittoria Colonna, con la quale B. ebbe una fitta corrispondenza.

Quattro anni dopo, nel 1539, il papa Paolo III (1534-1549) gli offrì il titolo di cardinale, e due anni dopo B. fu nominato vescovo di Gubbio e, nel 1544 di Bergamo: in quest'ultima diocesi, alla sua morte, gli subentrò Vittore Soranzo. Il suo impegno evangelico rimase comunque immutato: infatti, nel 1541 egli difese l'accordo di Contarini con Melantone sulla dottrina della giustificazione.

Infine morì a 77 anni, a Roma il 18 gennaio 1547.