Il predicatore, scrittore e traduttore Ortensio Lando nacque a Milano nel 1512 circa e, dopo essersi dedicato a studi letterari e umanistici, entrò nell'ordine agostiniano, cambiando il proprio nome in fra Geremia da Milano. Dal 1531 al 1533 L. fece parte del convento di San Giacomo Maggiore a Bologna, dove poté, assieme ai concittadini milanesi Giulio Della Rovere e Ambrogio Cavalli, all'umanista abruzzese Giovanni Angelo Odoni e allo studente di diritto Fileno Lunardi (che alcuni identificano con Camillo Renato), approfondire i suoi studi sul pensiero di Erasmo da Rotterdam.
Vero spirito inquieto, che per tutta la sua vita errò da un convento all'altro (Milano, Napoli, Bologna), nel maggio 1534 L. fu invitato a Lucca, nella villa di Forci, dall'influente mercante Vincenzo Buonvisi, conosciuto a Lione. A Forci il predicatore milanese conobbe (e descrisse nelle sue Forcianae Quaestiones del 1535) la crema dell'oligarchia lucchese, come gli Arnolfini, i Guidiccioni, i Guinigi, e ritrovò il confratello Giulio Della Rovere. Anche a Forci si discuteva entusiasticamente del pensiero di Erasmo, il cui trattato Ciceronianus era stato approfondito nel Cicero relegatus et Cicero revocatus, la prima opera di L., dove egli scrisse delle due anime, erasminiana e ciceroniana, che si dibattevano in lui.
In seguito, L. maturò la decisione di abbandonare la tonaca, in particolare dopo che aveva aderito intorno al 1550 alla dottrina luterana della giustificazione per fede. Dovette quindi riparare all'estero, per sfuggire alle persecuzioni, e qui condusse una vita irrequieta e vagabonda tra Francia, Germania, e Svizzera, rientrando ogni tanto in Italia, per esempio a Venezia.
Dopo il 1555 si perdono le sue tracce.
L., definito un "poligrafico", o più crudamente un grafomane, da Manfred Welti, fu in effetti uno scrittore molto prolifico: a parte i già citati Cicero relegatus et Cicero revocatus e Forcianae Quaestiones, egli pubblicò una trentina di testi, fra cui il dialogo In desiderii Erasmi funus, pungente attacco contro quei riformatori che avevano tradito lo spirito erasmiano, il Commentario delle più notabili e mostruose cose d'Italia, descrizione di un singolare viaggio intrapreso da un cittadino di Utopia attraverso la penisola, i trenta Paradossi pubblicate nel 1544 dove dissertò sulla povertà, l'ignoranza, la guerra, la prigionia e la morte ed infine altri testi contenenti aforismi di stile alquanto dissacrante.
Infine L. curò la prima traduzione italiana dell'Utopia del grande filosofo inglese Tommaso Moro (Thomas More) (1478-1535).