Müller, Ludwig (1883-1945), vescovo del Reich, Cristiani Tedeschi e la Cristianità Positiva

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Ludwig Müller

Le chiese protestanti tedesche durante la Repubblica di Weimar

Dopo la sconfitta nella Prima Guerra Mondiale (1914-1918), la nazione tedesca fu devastata dalle durissime condizioni imposte dalle nazioni vincenti (totale perdita delle colonie e di parti del suolo tedesco, riduzione drastica delle forze armate, smilitarizzazione ed occupazione della Renania, pagamento di ingenti somme d’indennità), dalle fallite rivoluzioni bolsceviche e “spartachiste”, dal crollo del valore del marco (nel 1923 un dollaro valeva ben 4,2 miliardi di marchi!), da moti, congiure e rivolte. Il tutto durante quel difficilissimo periodo, noto come Repubblica di Weimar (1919-1933), il cui governo (un’alleanza di socialisti e cattolici) era malvisto dalle chiese protestanti tedesche, che lo accusavano di essere la causa della secolarizzazione e della scarsa moralità degli anni venti.

In realtà le chiese protestanti soffrivano di nostalgia di quella Germania forte e rispettata dei giorni del cancelliere Otto von Bismarck (1815-1898), caratterizzata da ordine, disciplina e da un ruolo di prevalenza delle chiese evangeliste. Ruolo che negli anni ’20 non c’era più, anzi le chiese avevano perfino dovuto strenuamente lottare per mantenere, almeno in parte, i finanziamenti statali per l’istruzione religiosa nelle scuole.
A questo si univa una paura incondizionata del comunismo e del socialismo e un mai sopito antisemitismo, propagato da autorevoli teologi evangelisti come Paul Althaus (1888-1966), Emmanuel Hirsch (1886-1972) (che, nell’ambito del Movimento di Rinascimento Luterano, ripubblicò alcuni scritti contro gli ebrei di Martin Lutero) e Gerhard Kittel (1888-1948).

La crescita del nazismo e la Cristianità Positiva

Tutti questi argomenti fecero sì che molti protestanti tedeschi vedessero in Adolf Hitler (1889-1945) un vero e proprio “uomo della provvidenza”: la lotta contro comunismo e socialismo, la restaurazione della grandezza della Germania, legge, ordine, disciplina, e maggiore moralità pubblica erano parole d’ordine del programma del partito nazionalsocialista che non potevano non fare presa su simili sentimenti degli evangelisti tedeschi.

Tuttavia, essi non sarebbero stati così tranquilli se avessero approfondito taluni concetti religiosi della cosiddetta Cristianità Positiva (Positives Christentum), tipica del nazismo. Questa ideologia prendeva spunto dal dibattito sulla demitizzazione, cioè sulla separazione tra le figure del Gesù storico e del Cristo divino, ma anche dalle ideologie di alcuni autori dichiaratamente antisemiti, come l’orientalista Emile-Louis Burnouf (1821-1907) che introdusse il concetto della svastica come simbolo ariano, il saggista inglese naturalizzato tedesco Houston Stewart Chamberlain (1855-1927) autore di Die Grundlagen des Neunzehnten Jahrhunderts (I fondamenti del 19° secolo) e l’orientalista franco-tedesco Paul Anton de Lagarde (cognome originale: Bötticher) (1827-1891) che ipotizzò una forma “nazionale” di Cristianità tedesca senza elementi semiti. Questi autori re-inventarono un Gesù eroe “ariano” (sic!) in lotta contro il giudaismo (alcuni ipotizzarono perfino che la popolazione della Galilea fosse di una razza diversa da quella della Giudea!), minimizzarono i miracoli e la resurrezione per rimarcare, come si diceva, l’enfasi “positiva” sul Cristo predicatore, organizzatore e combattente che si opponeva all’establishment ebreo del suo tempo.

Quest’impianto si denominò, per l’appunto, Cristianità Positiva, contraddistinta dalla negazione dei concetti di peccato e di depravazione totale a favore del carattere salvifico dello stato, ed ebbe un sostenitore in Alfred Rosenberg (1893-1946), che in Der Mythus des 20 Jahrhunderts (Il mito del ventesimo secolo) affermò che le chiese cattoliche e protestanti avevano distorto la Cristianità sottacendo gli aspetti eroici e “germanici” della vita di Gesù. Per l’ideologo nazista la Cristianità Positiva era solo la fase di transizione per l’affermazione di una religione pienamente ariana, ma, almeno nei primi anni del nazismo, Hitler fu alquanto tiepido nei confronti di queste idee di Rosenberg, perché necessitava, in quel periodo, che l’elettorato cristiano tedesco non ponesse ostacoli alla realizzazione dello stato nazista.

I Cristiani Tedeschi e Ludwig Müller

Le idee del Cristianesimo Positivo furono comunque fatte circolare dalle riviste del movimento nazista, come Der Stürmer e Völkischer Beobachter (di cui Rosenberg era l’editore), già dagli anni ’20 e contribuirono alla fondazione nel 1932 del movimento dei Cristiani Tedeschi, guidata dall’ex cappellano militare della marina imperiale Ludwig Müller. Costui, nato a Gütersloh (nella Prussia orientale) il 23 giugno 1883, era un nazista della prima ora e amico personale di Hitler, e diresse il movimento secondo le precise disposizioni antisemitiche del partito nazista, cercando di far approvare il famigerato “Paragrafo ariano” anche in ambito evangelico con le proposte di proibire la consacrazione a pastore a chiunque avesse antenati ebrei e di impedire la conversione degli ebrei al Cristianesimo, in nome di una “vera chiesa ariana”.

A questo progetto si opposero molti pastori evangelici, come Dietrich Bonhoeffer (che sarebbe stato ucciso in un campo di concentramento nel 1945) e lo svizzero Karl Barth (che fu espulso nel 1935), ma altri non si resero conto del pericolo nazista e pensavano di poter scendere a patti con Hitler. Perfino l’autorevole teologo Martin Niemöller (che avrebbe successivamente passato sette anni in campi di concentramento), ancora nel 1933, si pronunciava a favore del partito nazista come un “movimento di rinnovamento basato sulla fondazione morale Cristiana”, ma, poco dopo, iniziò lui stesso a protestare per le vicende legate all’elezione del vescovo generale delle chiese evangeliche tedesche, chiamato poi vescovo del Reich.

Le elezioni del vescovo del Reich

Infatti, per esercitare un maggiore controllo sulle chiese evangeliche tedesche, che ai tempi erano divise in 28 organizzazioni regionali, i Cristiani Tedeschi spinsero per la loro unificazione in un’unica Chiesa del Reich, coordinata da un solo vescovo generale. A questo progetto si opposero Niemöller e Bonhoeffer, i quali fondarono il movimento d’opposizione dei cosiddetti Neoriformatori.

Questo però non impedì che si arrivasse alle elezioni del vescovo: i moderati proposero la candidatura del popolare pastore della Westphalia, Friedrich von Bodelschwingh jr. (1877-1946), regolarmente eletto il 27 maggio 1933, ma che si dimise dopo un solo mese a causa delle pesanti intimidazioni e minacce della polizia del regime, portando a nuove elezioni farsa, le quali si conclusero con la scontata nomina di Müller, eletto il 27 settembre 1933 vescovo del Reich. Durante il sinodo d’investitura di Müller, 75 dei 229 delegati presenti abbandonarono la riunione, quando passò la mozione che proibiva la presenza di pastori, o di loro mogli, che avessero sangue ebreo.

I Neoriformatori si sciolsero e, nello stesso mese di settembre, dopo aver mandato una lettera a tutti i pastori tedeschi, Niemöller fondò a Berlino la “Lega di emergenza dei pastori” (Pfarrernotbund), per aiutare i ministri di culto arrestati o minacciati, e che, entro la fine del 1933, contava 7.036 pastori tedeschi iscritti (quasi la metà del totale). In seguito, il 29 maggio 1934, al sinodo di Barman (dove fu emanata la famosa Confessione omonima), egli contribuì, assieme a Bonhoeffer, Barth ed altri pastori protestanti alla fondazione della Chiesa Confessante (Bekennende Kirche), in opposizione all’inesorabile processo di “nazificazione” delle chiese evangeliche tedesche.

Declino dei Cristiani Tedeschi

Nel novembre 1933 la grande riunione dei Cristiani Tedeschi al Palasport di Berlino raccolse 20.000 partecipanti e avrebbe dovuto essere una trionfale kermesse, ma gli interventi, soprattutto quelli di Reinhold Krause (1893-1980), mostrarono tutto l’estremismo razzista del movimento: il Cristianesimo doveva essere purgato di tutti gli elementi ebrei, ed eliminato l’Antico Testamento, come anche le dottrine del “rabbino Paolo”, nessun giudeo o persona di colore poteva essere ammesso in chiesa.

Lo scandalo fu enorme: diversi partecipanti abbandonarono il movimento, le proteste fioccarono, quei pastori della Chiesa Evangelica Tedesca che ancora appoggiavano Müller si ritirarono indignati. Müller stesso fu costretto a sospendere Krause ed altri incauti relatori della riunione, mentre nel partito nazista ci si rese conto che i Cristiani Tedeschi creavano divisioni e polemiche nella Chiesa Evangelica Tedesca, al posto di tenerla compatta e compiacente al regime.

Entro il 1937 Hitler aveva già preso le distanze dai Cristiani Tedeschi, ponendo l’accento sulla separazione fra stato e chiesa, ed anche Müller lo aveva fatto, pur mantenendo le funzioni di vescovo del Reich. Privo dell’appoggio del Führer e del vescovo del Reich, il movimento rapidamente declinò, anche se alcuni suoi gruppi continuarono a sopravvivere.

Müller, a sua volta, continuò a distinguersi per decisioni scioccanti e contestate, come quella di far confluire i circa 700.000 aderenti delle organizzazioni giovanili evangeliste nella gioventù hitleriana (Hitler-Jugend) di Baldur Benedikt Von Shirach (1907-1947), un ateo dichiarato, oppure di permettere alla Gestapo di controllare quello che si andava predicando nelle chiese.
Alla caduta del nazismo, Müller si tolse la vita il 31 luglio 1945 a Berlino.