Barth, Karl (1886-1968)

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Karl Barth

I primi anni

Il famoso teologo svizzero tedesco Karl Barth nacque a Basilea il 10 maggio 1886 dal ministro riformato e professore di storia del Nuovo Testamento e dei primi anni della chiesa, Fritz Barth (1856-1912). Dopo un’infanzia spesa a Berna (dove iniziò a studiare teologia), B. si trasferì in Germania, e più precisamente a Berlino (dove frequentò il seminario tenuto dal noto teologo liberale Adolf von Harnack), a Tübingen e a Marburg. Dopo l’ordinazione, B. fu nominato aiuto pastore a Ginevra e, dal 1911 al 1921, pastore riformato nel villaggio di Safenwil (nel cantone di Argau). Qui conobbe e sposò Nelly Hoffmann (1893-1976), una violinista di talento, da cui ebbe cinque figli (quattro femmine e un maschio).

Il Commento all’Epistola ai Romani

Mentre esercitava la sua missione a Safenwil, dalla scarsità di fedeli nella sua chiesa B. si rese conto dell’effetto che l’evangelismo liberale del XIX secolo e la centralità dell’uomo, a scapito di quella di Dio, aveva avuto sulla società: una disaffezione della gente alle attività della chiesa, ed un forzato adattamento del Cristianesimo alla società moderna da parte dei teologi. Lui stesso, cresciuto alla scuola liberale di von Harnack ed altri, dovette ristudiare la Bibbia per elaborare il suo concetto teologico. 

Il risultato fu il famoso Commento all’Epistola ai Romani (Der Römerbrief) (edito nel 1919, ma completamente riscritto nel 1922), in cui egli contestò la tesi liberale che le Sacre Scritture fossero tutt’al più un racconto di esperienze religiose umane, sottolineando che, secondo San Paolo, Dio salva gli uomini che credono non in se stessi bensì solamente in Dio.
L’opera gli guadagnò una notevole fama e gli spalancò le porte all’insegnamento universitario, svolto a Göttingen (1921-1925), a Münster (1925-1930) e a Bonn (1930-1935) (dove ebbe come allievo Dietrich Bonhoeffer). Fu, inoltre, il testo di riferimento della cosiddetta “teologia della crisi” (o teologia dialettica), di cui fu portavoce la rivista Zwischen den Zeiten (Fra i tempi), fondata nel 1922 da B. assieme a Friedrich Gogarten, George Merz (1892-1959) e Eduard Thurneysen (1888-1977), e che diventò, tra il 1922 ed il 1933, la principale voce d’opposizione teologica al crescente nazismo.

L’opposizione al nazismo

Questo non fu l’unico momento d’opposizione di B. al nazismo. Infatti, durante la sua docenza a Bonn, B. sperimentò tutti i problemi derivati dalla salita al potere di Hitler nel 1933 e del conseguente attacco all’autonomia della chiesa evangelica tedesca, con l’introduzione delle ideologie anti-ebree (culminate nel famigerato “Paragrafo ariano”), portate avanti dalla formazione dei Cristiani tedeschi, un’organizzazione evangelica nazista, creata fra l’altro per procedere ad un più rigoroso controllo di dette chiese, riunendole in un’unica organizzazione coordinata da un vescovo generale.

B., assieme a Martin Niemöller e Bonhoeffer, si oppose strenuamente a queste interferenze naziste, contribuendo alla formazione del movimento d’opposizione dei cosiddetti Neoriformatori. Quest’ultimo gruppo, tuttavia, fu sciolto dopo gli eventi (per maggiori dettagli, vedi Martin Niemöller) che portarono, il 27 settembre 1933, all’elezione a vescovo del Reich dell’amico personale di Hitler, il cappellano militare Ludwig Müller, anche in seguito all’approvazione dell’odiosa mozione che proibiva la presenza di pastori, o di loro mogli, che avessero sangue ebreo.

I Neoriformatori si sciolsero dunque e, nello stesso mese di settembre, dopo aver mandato una lettera a tutti i pastori tedeschi, Niemöller fondò a Berlino la “Lega di emergenza dei pastori” (Pfarrernotbund), che aiutava i ministri di culto arrestati o minacciati e che, entro la fine del 1933, contava 7036 pastori tedeschi iscritti (quasi la metà del totale).

La Chiesa Confessante

In seguito, il 29 maggio 1934, al sinodo di Barmen, la Lega contribuì, assieme ad altri pastori protestanti, alla fondazione della Chiesa Confessante (Bekennende Kirche), in opposizione al processo di “nazificazione” delle chiese evangeliche tedesche. Parteciparono 87 tra teologi e pastori e 52 delegati delle chiese luterane, riformate ed evangeliche unite.

Il sinodo si concluse con la famosa Confessione di Barmen, redatta da B. stesso (come autorevole rappresentante della chiesa riformata) e dal teologo luterano Hans Asmussen (1898-1968), con sei tesi che ribadivano l’autonomia della Chiesa Evangelica Tedesca da:

  • Le false verità,
  • I “padroni” all’infuori di Gesù Cristo,
  • Le convinzioni ideologiche e politiche del momento,
  • I capi dispotici,
  • Il tentativo di farla diventare parte dello stato,
  • Il tentativo di porre la parola e l’opera del Signore al servizio di piani od obiettivi di terze parti.

Il ritorno in Svizzera e gli ultimi anni

Nel 1935 il rettore dell’università di Bonn fece pervenire ai propri docenti una disposizione, in cui si obbligava di terminare ogni lezione con il saluto nazista: il rifiuto di B. di aderire a tal ordine provocò la perdita della cattedra e la sua decisione di ritornare in Svizzera. B. sarebbe tornato a Bonn come conferenziere solo nel 1947. Comunque, l’università di Basilea fu ben felice di accogliere l’illustre concittadino tra i propri docenti, e qui B. rimase ad insegnare fino al 1962.

Dopo la guerra, B. divenne una voce autorevole nel movimento di pentimento per la collusione con il nazismo delle chiese evangeliche tedesche e della conseguente riconciliazione con le chiese protestanti all’estero. In particolare, nel 1947, egli stese, con il teologo Hans Joachim Iwand (1899-1960), il testo della Dichiarazione di Darmstadt, in cui, se da una parte si ammetteva la responsabilità delle chiese evangeliche tedesche di non essersi opposte più radicalmente al nazismo, dall’altra si giustificava quest’atteggiamento con la volontà di quelle chiese evangeliche degli anni ’20-‘30 di favorire le forze politiche del momento che contrastavano il comunismo ed il socialismo: non sorprende quindi che, in piena guerra fredda, la Dichiarazione di Darmstadt fosse stata pesantemente contestata dagli ambienti anti-comunisti occidentali.

Dopo il suo ritiro a vita privata nel 1962, B. fu chiamato in Stati Uniti, come conferenziere presso il Seminario Teologico di Princeton, l’Università di Chicago ed il Seminario Teologico di San Francisco. Fu anche invitato come uditore al Concilio Vaticano Secondo (1962-1965), ma non poté parteciparvi per motivi di salute, ed, infatti, pochi anni dopo, il 10 dicembre 1968, morì.

La teologia

B. non è un autore facile da leggere e l’Opera omnia delle sue opere in circa 40 volumi può intimorire (basterebbe comunque anche la sola, e monumentale, La Dogmatica Cristiana) anche il più volenteroso studioso. La sua teologia è centrata su Dio, e non sull’uomo come quella liberale. A questa si unisce un complesso sviluppo dialettico del proprio pensiero teologico, basato sul bilanciamento fra discontinuità (o alterità) tra Dio e il creato (concetto del “no”) e amore di Dio per il creato (concetto del “sì”).

Per B. Dio non è raggiungibile dall’uomo, è completamente diverso dall’uomo, la salvezza deriva solo da Dio e l’uomo non ha alcun diritto di pretendere alcunché da Dio: non è quindi possibile l’elevazione dell’uomo al divino. Da qui la nota frase di B.: “Noi non scegliamo Dio, ma Dio sceglie noi”.
Il male ed il peccato esistono solo relativamente, ed in maniera transitoria, poiché nulla può prevenire Dio dall’amare il creato e dall’accogliere l’umanità.

È, infatti, Dio che sceglie di rivelarsi a noi attraverso Gesù Cristo: il Salvatore è dunque l’unica Parola (il Verbo) che Dio rivela di se stesso. Gesù, che è l’ispiratore della Scrittura e della Chiesa ed è il modello per l’umanità, è la vera testimonianza della Parola di Dio. Ma poiché le Scritture e i proclami della Chiesa sono comunque opere dell’uomo, essi diventano Parola di Dio solo mediante la grazia ed il potere dello Spirito Santo. Gli uomini possono sempre analizzare le Scritture mediante la filosofia e l’esegesi critica, ma devono imparare a subordinare il testo ed il suo significato a Dio stesso, che è sempre diverso dalle parole che noi umani adoperiamo per esprimere il volere di Dio. B. diceva che nelle Scritture si trova “il pensiero divino sull’uomo, non i pensieri umani su Dio”.