Paleologo, Giacomo (o Jacopo) (ca. 1520-1585)

Giacomo (o Jacopo) Paleologo, umanista d'origine greca, nacque sull'isola di Chio nel 1520 ca. da Teodoro Paleologo, un greco ortodosso, che aveva sposato un'italiana cattolica. Educato nella religione della madre, P. entrò nell'ordine dei domenicani sull'isola nativa, studiando successivamente teologia a Genova e a Bologna.

Nel 1553 egli fu mandato nel convento di Pera, vicino a Costantinopoli, e qui iniziò a sviluppare la sua idea universalista, basata sul principio che anche i fedeli di altre religioni, in particolare gli ebrei ed i mussulmani, potevano salvarsi. Per queste sue idee fu inquisito varie volte fino ad essere incarcerato a Roma, da dove riuscì a fuggire nel 1559, come Andrea Ghetti da Volterra, in seguito ai moti popolari scoppiati in seguito alla morte del Papa Paolo IV (1555-1559).

Si rifugiò dapprima in Francia e poi, nel 1562, in Moravia, ma in seguito, a causa delle sue idee eretiche, fu costretto a riparare in Transilvania, dove fu nominato preside del ginnasio di Kolozsvár, mentre il suo discepolo locale, János Sommer (1540-1574), ricoprì il ruolo di rettore nella stessa scuola. Infine si trasferì, dal 1576 [a parte alcuni brevi periodi a Hluk, in Moravia, presso Jetrich (1545-1582), signore di Kunovice e suo protettore], in Polonia, a Cracovia, dove scrisse il proprio trattato De discrimine Veteris et Novi Testamenti: riprendendo il suo concetto universalista, P. insistette sulla concordanza delle leggi mosaica e cristiana e per questo fu contestato da Grzegorz Pawel. In Polonia entrò in contatto ed influenzò vari studiosi umanisti riformati come Ferenc Dàvid, Niccolò Paruta, Szymon Budny, Giorgio Biandrata, Andrea Dudith-Sbardellati e l'ex-domenicano (successivamente pastore calvinista a Derfle, in Moravia) Bonifacio Benincasa, che divenne suo amico e stretto collaboratore.

P., intervenendo, spesso in tono polemico, sui più svariati argomenti teologici e storici, scrisse moltissimi trattati, di cui si possono citare, ad esempio, una Catechesis christiana, le Dissolutio de iusticia e Ad quaesita pro thesibus ad dissolutionem quaestionis pro iusticia contro la dottrina della giustificazione (sia quella protestante per fede, che quella cattolica per opere), la Disputatio scholastica, rivisitazione storica dell'antitrinitarismo nell'Est Europa, ed in particolare in Transilvania, il Commentarius in Apocalypsin, dove, prendendo spunto da un commento sull'Apocalisse, attaccò il papato, ed in particolare Papa Pio V (1566-1572), preso di mira anche nello scritto Adversus Pii V proscriptionem Elizabethae reginae Angliae, e le apologie in difesa di famosi antitrinitariani, come Giovanni Valentino Gentile (pro Valentino Gentile) Miguel Serveto (Pro Serveto in Ioannis Calvini librum de orthodoxa fide), Sébastien Castellion (Theodoro Bezae pro Castalione) e Ferenc Dàvid (Defensio Francisci Davidis).

Ma divennero popolari anche le accese polemiche con l'ecclesia minor polacca e con il famoso antitrinitariano, Fausto Sozzini, a riguardo della figura di Gesù Cristo, che, per il Sozzini, era un vero uomo crocefisso, il cui compito era di rivelare Dio agli uomini, che potevano così raggiungere la salvezza, seguendo il Suo esempio. Il P., invece, negava il ruolo di guida per i fedeli verso la salvezza del Cristo e rifiutava, conseguentemente, ogni forma di adorazione di Gesù Cristo. Per questo, il P. e i suoi seguaci furono denominati antitrinitariani non-adoranti in contrapposizione al pensiero sociniano. Inoltre un altro punto di frizione con il senese fu l'obbligo morale, secondo P., del cristiano nella difesa, anche prendendo le armi, del paese che offriva la sua ospitalità. Sozzini era in totale disaccordo con questa tesi: per l'antitrinitariano senese, il cristiano, secondo l'interpretazione del Nuovo Testamento, non poteva versare il sangue di altri cristiani. Questa polemica divenne molto viva soprattutto nel 1580, qualche anno dopo l'elezione di Istvàn (Stefano) Bàthory, ex voivoda della Transilvania, sul trono di Polonia (re: 1576-1586). Il P. polemizzò anche con gli anabattisti, sempre per la funzione centrale, che questa setta attribuiva alla figura del Cristo.

Nel frattempo, dopo l'ascesa al potere dell'imperatore cattolico Rodolfo II (1578-1612), le condizioni per gli eretici nei confini dell'impero divennero quanto mai insicure, soprattutto in Moravia.  Infatti, nel dicembre 1581, mentre il P. era ospite del suo protettore, il signore di Kunovice, in Moravia, egli fu arrestato dal vescovo d'Olomouc, Stanislav II Pavlovský (consacrato vescovo nel 1580), forte di un mandato imperiale e di una nutrita scorta armata.

Trasferito a Kromeriz, P. fu poi estradato a Vienna e successivamente inviato a Roma, per essere processato e condannato a morte per eresia nel 1583. Il 18 febbraio di quell'anno, secondo le annotazioni della Confraternita di San Giovanni Decollato (che aveva il compito di accompagnare all'estremo supplizio i condannati a morte), P. fu condotto a Campo dei Fiori per essere bruciato sul rogo, assieme a Prospero d'Imperatore d'Africa di Barberia e al portoghese Gabriel Enriquez, ma, mentre i due compagni di sventura furono effettivamente bruciati (il primo, essendosi pentito, fu impiccato e poi il corpo fu arso, mentre il secondo fu bruciato vivo), P. diede tali segni di pentimento e di conversione (leggendo in pubblico una dichiarazione scritta) che il Papa Gregorio XIII (1572-1585) dispose il suo trasferimento nel carcere di Tor di Nona. Evidentemente la conversione non aveva totalmente convinto gli inquisitori: infatti, dopo due anni di detenzione, P. fu infine decapitato (giustamente secondo il polemico Sozzini) nel suddetto carcere il 22 Marzo 1585 ed il corpo fu arso sul rogo, il giorno dopo, a Campo dei Fiori.

L'effetto della morte del P. gettò nello sconforto il gruppo degli antitrinitariani italiani e polacchi: entro pochi anni, sotto l'effetto della Controriforma, guidata dai re polacchi cattolici, Sigismondo III Vasa (1587-1632) e, soprattutto, Giovanni II Casimiro Vasa (1648-1668), essi furono espulsi dal paese, che tornò ad essere un baluardo cattolico.