Biandrata (o Blandrata), Giorgio (c. 1515-1588)

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Giorgio Biandrata

 

La gioventù e il primo periodo in Polonia e Transilvania

Il medico antitrinitario Giorgio Biandrata (o Blandrata), ultimogenito di Bernardino Biandrata, nacque nel 1515 ca. a Saluzzo dalla nobile e antica famiglia De Blandrate. Egli si laureò in arti liberali e in medicina a Montpellier nel 1533, e si specializzò nei disordini funzionali e nervosi nelle donne.

Nel periodo 1540-44 B. divenne medico di corte della regina di Polonia, Bona Sforza, moglie di Sigismondo II Iagellone, detto Augusto (1543-1572), e nel 1544 egli compì il suo primo viaggio in Transilvania, alla corte di Isabella, figlia di Bona e di Sigismondo, e recente vedova del voivoda di Transilvania e re della Ungheria (orientale) Giovanni I Zapolya (1529-1540).

A Giovanni I era succeduto il figlio minorenne Giovanni II Sigismondo Zapolya (1541-1571), ma nel 1551 Isabella (di cui B. era stato medico di corte e consigliere) e il giovanissimo figlio erano stati obbligati a rinunciare alla corona in cambio di un feudo in Slesia da parte di Ferdinando d'Asburgo (imperatore 1558-1564), l'altro pretendente al trono ungherese, salvo poi rientrare trionfalmente nel 1556 ad Alba Julia (Gyulafehèrvàr), spalleggiati dai loro sostenitori e dal tutore Péter Petrovics, che resse il trono, insieme alla regina-madre Isabella fino al 1559.

B. in Italia e Svizzera

Nel 1551 B. rientrò in Italia, a Pavia, e a quel periodo verosimilmente risale la sua adesione alla Riforma. Tuttavia, nel 1553, in seguito a questa conversione, B. decise di abbandonare l'Italia, assieme a Giovanni Paolo Alciati della Motta e a Camillo Renato, dapprima fuggendo nel Cantone Grigioni e poi stabilendosi nel 1557 a Ginevra, dove abitò per un anno, anche se il suo rapporto con Calvino fu alquanto difficile per la diffidenza che il riformatore ginevrino nutriva nei suoi confronti.

A Ginevra B. intervenne come medico per curare Jane Stafford, moglie inglese del conte Celso Massimiliano Martinengo, predicatore della Chiesa Italiana a Ginevra, e in questa chiesa ebbe la possibilità di esprimere in libertà le sue opinioni anti-trinitarie, tuttavia queste sue idee, potenzialmente disaggreganti per la Riforma calvinista, furono denunciate da Martinengo al proprio protettore, il riformatore di Zurigo Heinrich Bullinger, nonostante che il conte bergamasco avesse avuto delle iniziali simpatie per le idee anabattiste e antitrinitarie soprattutto durante il suo soggiorno in Valtellina.

Tuttavia l'episodio decisivo per la partenza di B. dalla Svizzera avvenne il 18 maggio 1558, quando Calvino chiese a tutti gli italiani esuli a Ginevra di firmare un atto di fede trinitaria. Il documento venne contestato da Giovanni Valentino Gentile, Alciati della Motta e B., che si rifiutarono di firmarla: in particolare, la decisione di Gentile e il B. era motivata dal fatto che essi avevano, nel frattempo, sposato la causa triteista, basata sulla separazione delle tre persone Divine: Padre, Figlio e Spirito Santo in tre Dei distinti dei quali, però, solo il Padre era veramente fonte di divinità, mentre gli altri due erano subordinati.

Nuovamente in Polonia

B. ritenne quindi più prudente trasferirsi, in Polonia, dove incontrò l'antitrinitario Lelio Sozzini: l'azione degli unitariani locali come Pietro Gonesio e Grzegorz Pawel fu rinforzata dall'arrivo di B., che aiutò a formare una comunità, soprattutto di esuli suoi connazionali, a Pinczòw vicino a Cracovia.

La corrente antitrinitaria polacca (denominata Ecclesia Minor, in contrapposizione all'Ecclesia Major calvinista) ritrovò quindi in B. un vero leader, che riuscì, nei sinodi di Pinczow nel 1558, di Wlodzislaw nel 1559 [convocato dal collaboratore di B., Francesco Lismanini (1504-1566)], e di Ksionz nel 1560 e 1562, a mettere d'accordo le opposte fazioni, grazie ad una confessione di fede ottenuta letteralmente dalle Sacre Scritture. Ciò, soprattutto dopo le polemiche suscitate dall'ebraista mantovano Francesco Stancaro, tacciato di modalismo, per la sua dottrina basata su Gesù Cristo mediatore con Dio Padre solamente nella sua natura umana, la quale eresia venne respinta dal sinodo di Wlodzislaw, dove le copie del suo libro vennero bruciate pubblicamente.

L'amicizia con Dàvid in Transilvania

Ma nel 1562 nuovo cambiamento di programma: lasciato il timone dell'antitrinitarismo polacco in mano all'amico Pawel e la propria biblioteca a Prospero Provana, B. decise di ritornare in Transilvania, a Gyulafehérvár (Alba Julia), dove divenne medico di corte del principe Giovanni II Sigismondo Zapolya e conobbe il vescovo della Chiesa Riformata di Transilvania Ferenc Dàvid, al quale B. fece leggere una copia della famosa Christianismi restitutio (La restaurazione del Cristianesimo) di Miguel Serveto, convertendolo all'antitrinitarianismo (o unitarianismo).

La conversione di David alla nuova fede fu evidente nel 1566, quando egli fece rimuovere un professore della scuola di Kolozsvár per aver osato insegnare la dottrina della Trinità: quest'ultimo, assieme al calvinista Melius, chiese ed ottenne dal re la convocazione di un sinodo nazionale a Gyulafehérvár, che si svolse nello stesso 1566 per essere poi aggiornato in una nuova sede, a Torda (sempre in Transilvania), che risultò poi un trionfo per gli unitariani Dàvid e B.

Nel frattempo B. collaborò lungamente con Dàvid, facendo anche pubblicare il suo libro De vera et falsa unius Dei, Filii et Spiritus Sanctii cognitione (Della falsa e vera conoscenza dell'unità di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo), nel quale il riformatore transilvano ridicolizzava la dottrina della Trinità e perorava la causa della tolleranza religiosa per tutte le fedi. Questo discorso venne poi ripreso durante la Dieta di Torda nel gennaio 1568, dove  Giovanni II Sigismondo riconobbe la piena libertà a tutte le confessioni religiose: fu la prima dichiarazione, al mondo, di tolleranza religiosa mai pronunciata da un regnante.

In Transilvania B. fu sempre un riferimento per esuli religiosi italiani, come ad esempio i colleghi medici Niccolò Paruta, che nel 1573 si era trasferito in Transilvania, presso il Collegio unitariano di Kolozsvàr, e che morì (probabilmente nel 1581) nella casa di B. a Nagyenyed; e Niccolò Buccella, che fu poi, grazie alla sua fama di valente medico, assunto da Stefano Bàthory nel luglio 1574 allo stipendio di 600 talleri l'anno. Mantenne inoltre duraturi contatti epistolari con il diplomatico italo-ungherese Andrea Dudith Sbardellati.

Tuttavia, nel 1571 con la morte a soli 31 anni di Giovanni II Sigismondo e la salita al trono del cattolico Stefano I Báthory (1571-1586), divenuto in seguito anche re di Polonia dal 1576 al 1586, la situazione della fazione antitrinitaria di Dàvid si mise decisamente male, soprattutto dal 1578, quando quest'ultimo, in piena polemica tra adoranti e non-adoranti, cessò la collaborazione con B., il quale fece venire inutilmente da Basilea Fausto Sozzini per cercare inutilmente di convincere Dàvid a recedere dalle sue posizioni di non-adorante.

Secondo il pensiero di Sozzini, al quale aderì anche B., infatti, Gesù Cristo era un vero uomo crocefisso, il cui compito era di rivelare Dio agli uomini, che potevano così raggiungere la salvezza, seguendo il Suo esempio. Dàvid, invece, seguendo il pensiero dell'italo-greco Giacomo Paleologo, autore del trattato universalista De discrimine Veteris et Novi Testamenti, negava il ruolo di guida per i fedeli verso la salvezza del Cristo e rifiutava, conseguentemente, ogni forma di adorazione di Gesù Cristo.

Alcuni settori dell'unitarismo polacco accusarono violentemente B. di aver cambiato rotta su questa dottrina e di aver tradito l'amico Dàvid, consegnandolo ai suoi oppositori politici, i quali nel 1579 lo fecero arrestare e imprigionare nella fortezza di Déva, dove, a causa del clima rigido e del fisico debilitato, egli morì il 15 novembre dello stesso anno. Del resto la decisione di abbandonare Dàvid al suo destino pesò sul futuro di B., il quale venne isolato e disprezzato come un nuovo Giuda Iscariota dai sostenitori dello sfortunato transilvano.

Per la terza volta in Polonia e la morte

Lo stesso B. seguì Bathory in Polonia nel 1576, quando questi fu incoronato re di Polonia, pur mantenendo comunque buoni rapporti con Cristoforo Bathory, fratello e successore di Stefano in Transilvania, il quale aveva comunque permesso nel 1579 la diffusione dell'ordine dei Gesuiti in Transilvania.

Un altro amico (e un altro medico!) dell'epoca di B. fu Marcello Squarcialupi, che non condivise le dispute dottrinali del saluzzese, ma si allineò con il suo pensiero nel 1581, quando scrisse una lettera a Fausto Socini per richiamarlo ad abbassare i toni della polemica, che oltretutto danneggiava l'immagine degli esuli italiani.

Negli ultimi anni della sua vita, solitario ed isolato, come si è detto, a causa della sua posizione nella polemica con Dàvid, B. fu preso dalla nostalgia della sua patria, ma per potervi tornare con una certa sicurezza aveva aperto una trattativa segreta con i gesuiti, promettendo di non occuparsi più di problemi teologici, tuttavia poiché questi ultimi avevano preteso una totale abiura, B. non accettò. Comunque nella propaganda cattolica girò la voce che B. si fosse, alla fine, riconvertito alla religione cattolica.  

Similmente, sempre secondo fonti gesuiti, in particolare il religioso Jacob Wujek (1541-1597), si ipotizzò che la morte di B., avvenuta il 5 maggio 1588, fosse dovuta ad un fatto delittuoso: sarebbe stato infatti strangolato dal nipote Giorgio, figlio di suo fratello Alfonso, ma la notizia non viene confermata da altre fonti.