Cristianesimo in Cina fino al 1949 e chiese cristiane indipendenti cinesi (XX secolo)

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Hong Xiuquan, capo della rivolta Tai Ping

Primi secoli del Cristianesimo in Cina

A parte la tradizione che attribuisce l’introduzione del Cristianesimo in Cina a San Tommaso e San Bartolomeo, è storicamente accertata, dopo il ritrovamento nel 1625 della pietra di Ch’ang-ngan (capitale della Cina durante la dinastia T’ang), l’attività missionaria del nestorianesimo, che dal V secolo, facendo base nel regno Sasanide della Persia, si espanse verso l’Asia centrale. Qui avvenne la conversione delle popolazioni degli Eftaliti o Unni Bianchi, dei Keraiti (il cui capo cristiano Wang Khan alimentò, ai tempi di Marco Polo (1254-1324), la leggenda del Prete Giovanni) e dei Turchi Onguti, e da qui che il nestorianesimo si diffuse in Cina nel VII secolo. Il primo cristiano ad entrare in Cina fu infatti il monaco nestoriano Alopen, che arrivò nel 635 a Ch’ang-ngan, e da qui si diffuse fino a poter contare su due arcivescovadi, uno a Pechino (Cambaluc), l’altro a Tanchet (Tangut).

Il Cattolicesimo Romano arrivò in Cina almeno 6 secoli più tardi, con una missione stabile a Cambaluc, il cui fondatore, il francescano salernitano Giovanni di Montecorvino (1247-1333), fu consacrato arcivescovo di Cambaluc stessa nel 1308. Tuttavia, poco dopo, le varie missioni cristiane scomparvero in seguito alla cacciata dei Mongoli e alla salita al potere della dinastia Ming nel 1368. A questo si aggiunse una difficoltà di collegamenti dovuta all’invasione dell’Asia centrale da parte di Tamerlano nel 1380 e all'espansione dell'islamismo, con la conversione della Persia.

I gesuiti e la controversia dei riti cinesi

Bisogna quindi attendere la missione del gesuita Matteo Ricci (1552-1610) del 1582-1583, per rivedere il Cattolicesimo in Cina, sebbene i gesuiti furono più che altro tollerati, grazie alle loro conoscenze tecnico-scientifiche (in tema di matematica, astronomia e geografia), dalla successiva dinastia Manciù (regnanti dal 1644 al 1911), ed in particolare dall’imperatore Kangxi (1661-1722), il cui maestro era stato il gesuita fiammingo Ferdinand Verbiest (1623-1688).

Tuttavia il successo, ottenuto dai gesuiti grazie al loro particolare stile d’insegnamento, che si adattava alle usanze locali (i cosiddetti riti cinesi) permettendo ai propri convertiti il culto degli antenati e di Confucio e l’uso del termine shangdi (Signore celeste) per indicare Dio, attirò le gelosie dei domenicani, i quali nel 1715 portarono la questione di fronte a Papa Clemente XI (1700-1721). Questi aveva già dimostrato una notevole intransigenza due anni prima con la bolla Unigenitus, di condanna del giansenismo diffuso in una Francia scossa da fremiti gallicane. Il risultato dell’appello dei domenicani contro i gesuiti fu quindi scontato: Clemente XI emanò la bolla Ex illa die, di condanna di qualsiasi forma di compromesso con la tradizione cinese.

L’imperatore Kangxi prese malissimo l’annuncio del decreto papale [confermato in seguito da Papa Benedetto XIV (1740-1758) con la bolla Ex quo singulari del 1742], presentatogli nel 1707 dal legato papale Charles-Thomas Maillard de Tournon (1668-1710), e proibì, a sua volta, tutte le attività delle missioni cattoliche nel 1721, divieto reiterato dai successori Yongzheng (1722-1735), Qianlong (1736-1796) e Jiaqing (1796-1820).

La rivolta dei Tai Ping (1850-1864)

Nel XIX secolo, la Cina, già scossa dalla Prima Guerra dell’Oppio del 1840-42, fu devastata dalla rivolta dei Tai Ping (1850-1864), un episodio sanguinosissimo della storia cinese e che lasciò sul campo, pare, circa 20 milioni di morti, il che lo porrebbe addirittura al secondo posto, dopo la Seconda Guerra Mondiale, tra le guerre che hanno mietuto le maggiori vittime.

Il tutto ebbe inizio da Hong Xiuquan (1814-1864), un cinese dell’etnia Hakka nato nella regione di Canton, più volte bocciato agli esami per diventare mandarino, e che ebbe una visione mistica a 24 anni, in cui era trasportato in Cielo dagli angeli e gli veniva ordinato da un uomo in un mantello nero (che poi lui identificò con Dio) di purificare la Cina dal male. In seguito, Hong elaborò una sua forma di Cristianesimo (per esempio seguiva i Dieci Comandamenti), rigettando il dogma della Trinità e dichiarando che solo il Padre era Dio e che lui (Hong) era il fratello minore di Gesù in terra.

Fondò quindi, con alcuni suoi primi seguaci, una setta iconoclastica – detta degli “Adoratori di Dio” – che attuava un sincretismo cristiano e confuciano (s’ispirava al Tao, o Grande Armonia dell’universo, del famoso pensatore). Decise poi di approfondire, nel 1847, i suoi studi dell’Antico Testamento presso il missionario battista americano Issachar Jacox Roberts (1802-1871) in Hong Kong.

Già nel 1850 il numero dei suoi seguaci (principalmente poveri contadini, minatori, battellieri, mendicanti, ma anche briganti e disertori), concentrati nelle province di Guangdong e Guangxi, raggiungeva una cifra tra 10.000 e 30.000, e le autorità imperiali, preoccupate per la crescita esponenziale del gruppo, mandò tra dicembre 1850 e gennaio 1851 l’esercito a disperdere il movimento [che si stava costituendo in un’organizzazione paramilitare composta da soldati con i capelli lunghi e sciolti (come sfida contro il codino dei manciù) e vestiti con casacca rossa e pantaloni blu], ma gli imperiali furono clamorosamente sconfitti.

Nello stesso 1851 Hong proclamò il “Regno Celeste della Grande Pace” (Tai Ping Tian Guo: dalle due prime parole derivò il nome del movimento), con lui capo assoluto del regno. Nel 1853, l’esercito Tai Ping conquistò Nanjing (Nanchino), ribattezzata Tianjing e nominata capitale del movimento. In pochi anni i Tai Ping presero il controllo di buona parte della Cina centro-meridionale (in particolare la valle dello Yangtze), ma il loro tentativo di conquistare Beijing (Pechino) fu respinto nel 1855.
Nel suo stato autonomo Hong applicò una forma di governo teocratico d’ispirazione cristiano-comunista, basato sui seguenti punti:

  • Organizzazione paramilitare della società in strutture di base auto-gestite e composte da 25 famiglie ciascuna.
  • Partecipazione obbligatoria alle funzioni religiose settimanali.
  • Abolizione della proprietà e del commercio privato.
  • Uso del calendario solare, e non lunare.
  • Divieto di fasciare i piedi alle bambine.
  • Abolizione di tutte le forme di divinazione.
  • Divieto di giochi d’azzardo, consumo di oppio, tabacco e alcool.
  • Abolizione della schiavitù, delle classi sociali e della differenza tra i sessi.
  • Abolizione del divorzio, dell’adulterio e della prostituzione.
  • Divieto della poligamia e del concubinaggio (anche se, per se stesso e per la sua corte, questo divieto non fu mai introdotto: si dice che Hong avesse 88 concubine!)
  • Iconoclastia (diversi templi antichissimi furono rasi al suolo).
  • Uso della Bibbia (e non dei testi confuciani) per gli esami per l’ammissione agli uffici pubblici: in sostanza, gli esami per diventare mandarini.

Ma oramai lo zenit era stato raggiunto nel 1853, sia perché i Tai Ping incontravano un’ostilità sempre più diffusa da parte dei proprietari terrieri e dei burocrati locali, sia perché Hong iniziò ad atteggiarsi ad imperatore, facendo costruire un grande palazzo a Nanjing, stabilendo la sua corte (diventata ben presto un nido di congiure ed invidie) costituita dai suoi fratelli, dalle concubine, dai cortigiani, ministri e generali: insomma, una copia bell’e buona della corte imperiale a Beijing.

Le potenze straniere, presenti in Cina, soprattutto inglesi e francesi, dopo il rischio nel 1862 di un’invasione dei Tai Ping di Shanghai (città dove si concentravano i principali magazzini del commercio europeo), misero a disposizione dell’imperatore Tongzhi (1861-1875) (o meglio della famosa imperatrice reggente Cixi) le loro truppe per aiutare nella repressione della rivolta. Nel 1864 Nanjing fu cinta d’assedio: cadde il 19 luglio e i suoi 100.000 difensori furono tutti massacrati. Hong non diede tuttavia agli assedianti la soddisfazione di catturarlo vivo: morì, infatti, il 1 giugno, secondo alcuni per malattia, ma secondo altri si tolse la vita, ingerendo delle lamine d’oro.

Per i successi sette anni, la repressione fu durissima: sacche di ribelli Tai Ping alimentarono rivolte in tutto il paese, e solo nell’agosto 1871, fu definitivamente sconfitto il generale Li Fuzhong, ultimo dei comandanti dell’esercito Tai Ping. Sicuramente la rivolta Tai Ping ebbe una negativa ricaduta sull’immagine del Cristianesimo in Cina, dovuta al collegamento, più o meno presunto, tra le dottrine di Hong Xiuquan e le missioni cristiane.

La rivolta dei boxer e il martirio dei cristiani cinesi

Ed, infatti, era destino che le missioni cristiane non avessero pace in Cina: verso la fine del secolo, l’interferenza delle grandi potenze straniere (Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti, Russia, Impero Austroungarico, Italia, Germania e Giappone) nell’oramai indebolito impero manciù al suo tramonto scatenò la reazione di molti cinesi. A questo si aggiungeva la convinzione che le missioni cristiane (cattoliche, protestanti o ortodosse, che fossero) facessero da “quinta colonna”, favorendo la penetrazione degli stranieri, oltre a convertire un sempre maggiore numero di cinesi ad una religione molto diversa dalla loro tradizione.

Il “casus belli” scoppiò in un piccolo villaggio della provincia di Shandong (Shantung), nel quale, a causa di una disputa su chi dovesse gestire un tempio locale tra cinesi cattolici e non cattolici, la decisione delle autorità di concedere l’usufrutto ai cattolici scatenò la reazione furiosa della popolazione locale, guidata dagli aderenti all’I Huo Chuan (Pugni della retta armonia), una setta segreta che professava dottrine buddiste, confuciane e taoiste e che praticava le arti marziali cinesi, soprattutto il Wu Shu, i cui esercizi ricordavano agli europei quelli di un pugile, boxer in inglese, da cui il nome dato a questi combattenti.

La rivolta dei boxer [favorita dall’imperatrice reggente Cixi (1835-1908)] raggiunse il suo apice nel biennio 1899-1900, causando, secondo alcune fonti, la morte di 230 missionari cristiani (48 cattolici e 182 protestanti) e 18.722 (altre fonti parlano di 30.000) cinesi cristiani (18.000 cattolici, 500 protestanti e 222 ortodossi), e si concluse il 7 settembre 1901 con il cosiddetto “Protocollo dei Boxer”, firmato tra la Cina e l’alleanza delle otto nazioni straniere presenti sul territorio.

La nascita delle chiese cristiane indipendenti cinesi

In questo periodo nacquero le chiese cristiane (tutte protestanti) indipendenti cinesi, sorte per ovviare all’ambiente ostile verso i predicatori e ministri di culto occidentali ed alle obiettive difficoltà di comunicazione delle missioni con i paesi d’origine: questo però comportava una certa autonomia teologica e un adattamento alle usanze locali. Le prime due chiese, sorte nel XIX secolo, sono state la Chiesa di Minnan, nata nel 1862, e la Gospel of Grace Church (Chiesa del Vangelo di Grazia), fondata nel 1881 a Shandong da Sheng-Mo Xi.

In seguito le cinque denominazioni cristiane indipendenti, di maggiore influenza e consistenza, che si affermarono furono (vedi sotto per dettagli sui primi tre):

  • The True Jesus Church (La vera chiesa di Gesù)
  • The Jesus family (La famiglia di Gesù)
  • The Chinese Church in Christ (La chiesa cinese in Cristo) o Christian Tabernacle (Tabernacolo cristiano)
  • The Church Assembly Hall(Sala dell’assemblea della Chiesa), nota anche come Local Church (Chiesa locale) o Little Flock (Piccolo Gregge) e fondata da Nee Shu-Tsu (Watchman Nee).

  • House Church Movement (Movimento della chiesa in casa), il movimento clandestino di gruppi spontanei di cristiani cinesi (forte di 50 o forse anche 100 milioni di fedeli), classificabili come parte delle chiese neo-carismatiche, con teologia (spesso mista) pentecostale o carismatica. Tra i gruppi spontanei, si segnalano i seguenti - i più diffusi - con un seguito di milioni di fedeli ciascuno:

    • China for Christ (Fang Cheng Church) (Cina per Cristo, o Chiesa Fang Cheng)
    • China Gospel Fellowship (Corporazione cinese del Vangelo)
    • Yin Shang Church (Chiesa Yin Shang)
    • Li Xin Church (Chiesa Li Xin)
    • The Word of Life Church (Chiesa della Parola di Vita)

Il rapporto fra chiese protestanti cinesi ed il governo comunista dopo il 1949

Dopo la presa del potere da parte dei comunisti in Cina nel 1949, il nuovo governo, per regolamentare e, soprattutto, controllare le chiese protestanti, ha creato il Three-Self Patriotic Movement, TSPM (Movimento Patriottico delle tre autonomie), il comitato che ha fatto proprio il riferimento ai tre principi espressi dal missionario inglese Henry Venn (1725-1797) del self-governance, self-support, self-propagation (in altre parole: la gestione autonoma della propria struttura, del sostegno economico e della predicazione), interpretandoli però in senso antimperialista e patriottico a favore della Repubblica Popolare cinese e ponendo diversi limiti alla predicazione (per esempio nessun riferimento alla Seconda venuta di Cristo, e nessun’obbedienza assoluta a Cristo, soprattutto se questo significava essere in contrasto con la politica del governo cinese).

Dopo la bufera della Rivoluzione Culturale, all’inizio degli anni ’80 il TSPM è stato affiancato dal China Christian Council (CCC) (Concilio cristiano cinese), con una politica di maggiore apertura: alcune chiese hanno così potuto riprendere le loro attività e diversi predicatori e pastori sono stati rilasciati dalle carceri.

La situazione, invece, per la Chiesa Cattolica è ancora molto critica: alla chiesa ufficiale di Roma, infatti, il governo cinese ha contrapposto una Chinese Patriotic Catholic Association (CPCA) (Associazione patriottica cattolica cinese), non riconosciuta dal Vaticano (i nuovi vescovi del CPCA sono automaticamente scomunicati dalla Chiesa Cattolica ufficiale), mentre i cattolici cinesi fedeli al Papa sono al momento in clandestinità.

The True Jesus Church (La vera chiesa di Gesù)

Chiesa indipendente cinese, formatasi tra il 1917 ed il 1919 nel nord della Cina grazie all’attività dell’ex congregazionalista Paul Wei (1877-1919) (e continuata dal figlio Isaac dopo la sua morte) e da alcuni fedeli presbiteriani, come Barnabas Zhang, Peter Wang e altri.

La sua teologia è sostanzialmente di tipo pentecostale oneness (dell’unità), la corrente modalista che battezza solamente nel nome di Gesù, e non nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, perché queste ultime sono manifestazioni, o modi di essere, di una sola persona, vale a dire Gesù Cristo. Tuttavia, i suoi seguaci, influenzati da ex Avventisti del Settimo Giorno come Thomas Guo e Silas Lin, praticano anche la santificazione del sabato come giorno prescelto per il riposo, e sono millenaristi.

Negli anni ’20-‘30 del XX secolo, la chiesa ha conosciuto una rapida espansione, ma anche uno scisma a Hong Kong da parte di Barnabas Zhang (che per questo fu scomunicato). Negli anni ’40 ha raggiunto i 100.000 membri e ha proseguito la propria attività da Taiwan, dopo lo scioglimento delle chiese cristiane da parte del governo comunista all’inizio degli anni ’50. Oggigiorno la Chiesa (sito ufficiale: www.tjc.org/), riammessa in Cina dal 1980, conta circa 2,4 milioni di fedeli ed una presenza costante in altri paesi dove vi sono comunità di cinesi, come gli Stati Uniti.

The Jesus Family(La famiglia di Gesù)

Questa chiesa fu fondata da Jing Dianying (1890-1957), nato in Mazhuang, nella provincia di Shandong (Shantung) e che aveva studiato alla scuola metodista di Cui Ying nel 1912. In seguito dalla sua fede buddista-confuciana si convertì alla religione cristiana e negli anni ’20, assieme alla moglie, fondò nelle zone rurali un network di comunità cristiane (che arrivarono a più di 100 con diverse migliaia di fedeli), imitando la chiesa dei primi apostoli (o, più modernamente, i kibbutz israeliani), vale a dire tutti i beni di proprietà, prima della conversione, e i provenenti del proprio lavoro, venivano spartiti in comune. Inoltre un decimo del raccolto era dato ai poveri.

Nel 1953 The Jesus Family, la cui teologia era di tipo pentecostale e millenarista, fu smantellata dal governo comunista cinese e Jing fu imprigionato per svariati anni, morendo nel 1957 a Xi’an. Dopo il 1980 il gruppo ha ripreso le sue attività, ma è sistematicamente perseguitato dalle autorità.

The Chinese Church in Christ (La chiesa cinese in Cristo) o Christian Tabernacle (Tabernacolo cristiano)

Chiesa fondata da Wang Ming-dao (1900-1991), nato a Beijing (Pechino) e convertito al cristianesimo evangelista, di cui divenne uno dei più autorevoli rappresentanti in Cina. Nel 1937 egli fondò questa chiesa senza alcun aiuto straniero, basandosi quindi sui principi espressi da Henry Venn del self-governance, self-support, self-propagation. Per circa vent’anni la chiesa prosperò grazie anche alla diffusione di una rivista, Spiritual Food Quarterly (Trimestrale di cibo per lo spirito).

Nel 1955, ironia della sorte, Wang fu arrestato dalle autorità comuniste cinesi per essersi rifiutato di aderire al Three-Self Patriotic Movement, TSPM (Movimento Patriottico delle tre autonomie), che, come si è detto, faceva proprio il riferimento, con un’interpretazione antimperialista e patriottica, ai tre auto-principi di Venn.

Wang, poco dopo il suo arresto, fu costretto a firmare una confessione e per questo fu liberato, ma, pentendosi di questo voltafaccia, si rimise a contestare apertamente il TSPM: fu quindi nuovamente arrestato nel 1958 e condannato a lavori forzati in un campo di lavoro, dove rimase per ben 22 anni. Liberato nel 1980, Wang, che viene familiarmente denominato il “decano delle chiese in casa”, è morto nel 1991.
Alcuni siti in inglese di gruppi legati al The Chinese Church in Christ sono http://www.ccic-sv.org/english/home.php e http://ccic.org/mv/about_ccic-mv.htm.