Pucci, Francesco (1543-1597)

La vita

Il pensatore utopistico Francesco Pucci nacque nel 1543 a Figline Valdarno rampollo di un ramo della famosa famiglia nobile fiorentina [pare fosse parente del cardinale Antonio Pucci (m. 1544)], anche se, per la verità, i parenti non lo vollero mai riconoscere come loro congiunto.

Nel 1570, mentre si trovava a Lione per fare pratica nel commercio, maturò una conversione che lo spinse ad abbandonare il mestiere e a dedicarsi "allo studio delle cose celesti ed eterne". Si recò quindi a Parigi per studiare teologia, ma avendo assistito alle stragi di ugonotti della notte di San Bartolomeo (23 agosto 1572), decise di riparare in Inghilterra, a Londra, dove entrò a far parte della comunità degli esiliati religiosi. In seguito P. s'iscrisse all'università di Oxford, e, in un ambiente dominato dalle idee platoniche, ottenne il titolo di Maestro in Arti Liberali nel 1574, tuttavia la sua vena inquieta e polemica gli fruttò un'espulsione dall'università nell'anno seguente.

Decise allora di ritornare a Londra, e qui cambiò la chiesa d'appartenenza, passando da quella italiana a quella francese, di credo calvinista, ma anche qui si fece coinvolgere da polemiche anti-calviniste. Lasciò allora l'Inghilterra nel 1577 alla volta di Basilea, per andare a trovare Fausto Sozzini, ed anche qua dopo poco il consiglio cittadino lo espulse. Ritornato in Inghilterra, fu ulteriormente perseguitato, finché per un certo periodo non emigrò in Olanda ospite di Justus Lipsius (1547-1606), nome umanistico dello studioso Josse Lips, accusato qualche anno dopo di essere un familista.

Dopo l'ennesimo rientro a Londra, P. scrisse nel 1581 la sua opera principale, la Forma d'una repubblica cattolica: ma, essendo stato pubblicata in forma anonima, tuttora alcuni studiosi ritardano un'attribuzione certa della paternità del lavoro al pensatore eterodosso di Figline Valdarno. Nella sua opera P. proponeva una repubblica segreta (organizzata in collegi o comunità: un vago riferimento ad un'organizzazione di tipo anabattista) di persone di buona volontà, per preparare un concilio universale, che potesse riunificare tutta la Cristianità, e perfino gli ebrei ed i mussulmani. La repubblica doveva rimanere comunque segreta, adeguandosi a seguire l'esteriorità della Chiesa ufficiale, un concetto nicodemitico, probabilmente preso in prestito dalla dottrina familista, trasmessogli da Justus Lipsius.

Nel 1582 P. si recò a Cracovia per discutere con Fausto Sozzini e gli altri dissidenti religiosi, residenti in Polonia, le sue idee, ma queste furono respinte in sostanza da tutte le confessioni presenti: calvinisti, luterani, anabattisti e sociniani non diedero molto peso alle sue teorie. In compenso, a Cracovia nel 1585 P. incontrò e fece amicizia con il mago e astrologo inglese John Dee, che stava viaggiando in Polonia in compagnia del medium e ciarlatano Edward Kelly (1555-1593): P. accompagnò i due nel loro viaggio a Praga per andare a visitare l'imperatore Rodolfo II (1578-1612). Qui il loquace e polemico P. abbandonò la compagnia dei due maghi (con sollievo di Dee, che lo considerava pericolosamente chiacchierone e utopico: aveva perfino cercato di convincere Dee ad andare a Roma per presentare al papa i suoi esperimenti di necromanzia!) e, deluso dell'accoglienza del variegato mondo protestante, decise di riconvertirsi al Cattolicesimo nell'estate dello stesso 1585, pare anche dopo un incontro a Praga con il cardinale Ippolito Aldobrandini, il futuro Papa Clemente VIII (1592-1605).

Trasferitosi in Olanda, P. lavorò sulla sua ultima opera, il trattato De Christi servatoris efficacitate in omnibus et singulis hominibus (L'efficacia salvifica del Cristo in tutti e in ogni uomo), pubblicato nel 1592 e dedicato proprio al neo-eletto Papa Clemente VIII. Qui P. arrivò all'apice della sua idea di Chiesa universale ed ecumenica: ogni uomo aveva il diritto di appartenere alla Chiesa di Cristo, e l'amore universale di Dio per l'intera umanità doveva aiutare ad abbattere le barriere che separavano le chiese.

Pubblicata quest'opera, P. ebbe la temerarietà di voler andare a Roma, probabilmente per presentarla ufficialmente al papa, ma fu catturato a Salisburgo nel maggio 1594 per ordine dell'Inquisizione e condotto nelle carceri romane, dove conobbe Giordano Bruno e Tommaso Campanella.

Condannato a morte per eresia, P. fu decapitato e poi bruciato sul rogo a Campo dei Fiori il 5 luglio 1597.

Il pensiero

Pensatore utopico, mistico platonizzante, ma anche antitrinitario razionalista, ammiratore di pensatori e riformatori come Girolamo Savonarola e Giorgio Siculo, come si è già detto, P. fu molto polemico contro le principali dottrine religiose dell'epoca.

Fondamentale per capire il suo pensiero religioso fu un manifesto, scritto nel 1578, ed una successiva lettera (sullo stesso tema) a Niccolò Balbani, sull'innocenza naturale dell'uomo e contro il peccato originale: secondo P., Cristo ha redento tutti, fino "nel ventre materno, quando per benefitio del creatore semo forniti d'anima all'immagine d'Iddio" e quindi l'uomo si danna solo quando, razionalmente, devia dalla legge divina. Il Battesimo dunque diventa inutile, poiché l'uomo, sempre con l'uso del suo raziocinio, si può salvare anche senza questo sacramento. Inoltre l'ira di Dio si rivolge solo contro i peccatori consapevoli, e non contro l'intera umanità considerata peccatrice secondo il noto concetto calvinista. Infine P. dava molta importanza al ruolo educativo che i padri potevano avere sui propri figli, per mantenere il più possibile questo stato di innocenza.